La famiglia aveva chiesto il permesso di appellarsi al Consiglio dell’Onu per i Diritti Umani, già negato appunto dai magistrati di secondo grado. Che però aveva invece concesso a papà Paul e a mamma Hollie solo la possibilità di rivolgersi fuori dai confini nazionali entro oggi alla Corte Europea di Strasburgo dei Diritti dell’Uomo
Tre giorni fa la corte d’appello aveva respinto la richiesta dei genitori e aveva dato il via libera a interrompere i supporti vitali per Archie Battersbee, il 12enne in coma, le cui speranze di ripresa sono considerate nulle dai medici del London Royal Hospital. Oggi la Corte suprema inglese ha infatti ritenuto irricevibile l’istanza della famiglia di ottenere il permesso di appellarsi al Consiglio dell’Onu per i Diritti Umani, già negato appunto dai magistrati di secondo grado. La quale aveva invece concesso a papà Paul – colpito qualche giorno fa da un sospetto attacco cardiaco, stando all’avvocato di famiglia – e a mamma Hollie solo la possibilità di rivolgersi fuori dai confini nazionali entro oggi alla Corte Europea di Strasburgo dei Diritti dell’Uomo: organismo che in passato aveva detto no a ricorsi frutto di analoghe drammatiche contese legali nel Regno. A questo punto, salvo sorprese da Strasburgo, il via libera a ‘staccare la spina’ potrebbe essere eseguito nei prossimi giorni o comunque a breve.
Il ragazzino è stato trovato privo di conoscenza in casa il 7 aprile scorso. in casa a Southend, nell’Essex. In coma profondo, come sostiene l’equipe che si occupa di lui, stando alla quale una diagnosi irreversibile di morte delle cellule cerebrali una sua ripresa appare “altamente probabile” da maggio; ancora presente in qualche modo, nella convinzione incrollabile di papà Paul e di mamma Hollie, separati da tempo, ma uniti più che mai in questa battaglia. La madre, mossa da convinzioni religiose e non solo, continua del resto a contestare con foga le argomentazioni di toghe e camici bianchi, richiamandosi ai piccoli “segnali” di progresso citati in aula dal suo stesso legale. Mentre – col sostegno di associazioni pro-life e gruppi di persone comuni – si aggrappa adesso all’ultima, labile chance di Strasburgo. “Non mi basta una diagnosi di morte probabile”, le sue parole, ripetute come un mantra: “Sono devastata e disgustata dall’atteggiamento dei giudici e dei medici”, visto che “il cuore di Archie batte ancora” e che lui “mi ha stretto la mano”.