Nel colloquio telefonico con Xi Jinping, Joe Biden ha "ribadito che la posizione degli Stati Uniti sulla politica di 'una sola Cina rimane la stessa e non cambia"
“Considerare la Cina un competitor strategico e definirlo un rivale strategico è un errore di calcolo sulle relazioni tra Cina e Stati Uniti e un’incomprensione a proposito dello sviluppo della Cina, che ingannerà il popolo dei due Paesi e la comunità internazionale”, ha detto il presidente cinese Xi Jinping nel colloquio telefonico con il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden. Due ore e 17 minuti. Così tanto è durato l’incontro virtuale fra Biden e Xi. Alle 8.30, ora di Washington, dopo quattro mesi di silenzio, i due leader sono tornati a parlarsi. “I due capi di Stato hanno avuto comunicazioni e scambi approfonditi di vedute sulle relazioni Cina-Usa e su questioni di reciproco interesse”, hanno affermato i media cinesi subito dopo la fine dell’incontro virtuale. Espressioni generiche, queste, per indicare un colloquio che può essere stato comprensibilmente teso vista la situazione attuale, con la guerra in Ucraina che pone le due superpotenze su fronti contrapposti, e le tante questioni da affrontare sul piano economico e commerciale.
Il nodo Taiwan – Per non parlare dello scontro a distanza che si è consumato ieri per la visita a Taiwan della Speaker della Camera, Nancy Pelosi che sarebbe attesa nelle prossime settimane. Quando la notizia è stata diffusa, Pechino ha dichiarato apertamente che manderà i suoi caccia sull’isola. Una reazione quella di Pechino che è stata definita da alcuni esagerata e che potrebbe trovare spiegazione solo in un tentativo da parte di Pechino di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica cinese da quelli che sono i problemi reali del Paese. Uno fra tutti il covid e la gestione discutibile dell’emergenza. E’ quello che i politologi chiamerebbero “polarizzazione all’esterno”: trovare un nemico fuori dai confini per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dai problemi interni e consolidare, così, la leadership. E’ una strategia politica vecchia come il mondo, e Xi intende metterla in atto come si deve. Il Pentagono, dal canto suo, ha dichiarato che nel caso in cui Pelosi andasse a Taiwan, allerterebbe le sue forze nell’indopacifico per garantire un’adeguata copertura all’aereo della presidente. Proprio il dossier Taiwan ha tenuto banco nel “franco scambio di vedute” fra Xi e Biden. La questione di Taiwan “è chiara” dato che “entrambi i lati dello Stretto di Taiwan appartengono a un’unica Cina“, ha affermato Pechino. Il presidente cinese, inoltre, ha espresso “ferma opposizione al separatismo” dell’isola e “all’interferenza di forze esterne”. “Non lasceremo mai spazio alle forze indipendentiste”, ha affermato Xi, secondo quanto riportato dai media cinesi. La posizione del governo e del popolo cinesi, ha aggiunto, “è coerente ed è la ferma volontà di oltre 1,4 miliardi di cinesi di salvaguardare sovranità nazionale e integrità territoriale“, avvisando che “chi gioca con il fuoco, si brucia“. Gli Stati Uniti, invece, non cambiano la propria politica su Taiwan, anche se, come ha dichiarato Biden, “si oppongono con forza agli sforzi unilaterali per modificare lo status quo o per minare la pace e la stabilità nello Stretto di Taiwan”.
Il punto di incontro – Nonostante lo scontro su Taipei, le ragioni dell’economia sembrano prevalere. Stati Uniti e Cina “devono mantenere la comunicazione e fare un buon uso dei canali esistenti per promuovere la cooperazione bilaterale e mantenere la comunicazione su questioni così importanti come coordinare le politiche macroeconomiche, mantenere stabili le catene industriali e di approvvigionamento globali e proteggere l’energia globale e la sicurezza alimentare”. A scriverlo in un tweet è la portavoce del ministero degli Esteri cinese, Hua Chunying. “I tentativi di disaccoppiare o interrompere le catene di approvvigionamento – prosegue Chunying – non aiuterebbero a rilanciare l’economia statunitense, renderebbero solo l’economia mondiale più vulnerabile“. Capitolo a parte è riservato alla guerra in Ucraina e alle minacce alla sicurezza internazionale. “Sulla crisi ucraina il presidente cinese ha ribadito la posizione di principio” di Pechino, si legge nel resoconto del colloquio diffuso dal ministero degli Esteri di Pechino. Una “posizione di principio” che, dunque, continua ad essere ambigua dal momento che la Cina ha dichiarato il pieno sostegno all’integrità territoriale dell’Ucraina, senza però condannare apertamente l’invasione da parte di Mosca e senza aderire alle sanzioni. “Di fronte a un mondo di cambiamenti e disordini – si legge nel resoconto del colloquio diffuso dal ministero degli Esteri di Pechino – la comunità internazionale e i popoli di tutto il mondo si aspettano che la Cina e gli Stati Uniti assumano un ruolo guida nel sostenere la pace e la sicurezza mondiale e nel promuovere lo sviluppo e la prosperità globali. Questa è la responsabilità della Cina e degli Stati Uniti in quanto grandi Paesi”.