Da un lato punta il dito contro il Pd che con quel “colpo di pistola che ha scatenato la crisi“, dall’altro però Giuseppe Conte non chiude definitivamente la porta (per il futuro) al partito di Enrico Letta: “Un dialogo col Pd non lo escludiamo”, dice il presidente del Movimento 5 stelle in un’intervista rilasciata a Tpi, sottolineando che “ci saranno le premesse solo se il Pd vorrà schierarsi a favore dei più deboli, del lavoro, dei più giovani, delle donne”. Questo però non significa che “riapre alla possibilità di una alleanza col Pd in questa campagna elettorale“, precisano dal Movimento subito dopo la pubblicazione dell’intervista: “Conte ha voluto semplicemente chiarire – spiegano – che in prospettiva futura ci potranno essere le premesse per un dialogo solo se il Pd abbandonerà l’agenda Draghi e sposerà un’agenda autenticamente sociale ed ecologica.”
Conte precisa comunque, senza mezzi termini, l’impossibilità di allearsi “con personalità litigiose che non riescono a mettersi d’accordo su nulla” e cita Calenda, Brunetta, Renzi e Di Maio: “Non pare possibile realizzare alcun tipo di programma” con loro, afferma. “Non si possono conciliare le nostre battaglie per i lavoratori precari, per i lavoratori con stipendi da fame e per le persone che sono vulnerabili con l’agenda di Calenda“, incalza. E sulla regola dei due mandati assicura che “entro questa settimana chiariremo questo passaggio che rischia di distrarre l’attenzione dalle misure e dai programmi che proponiamo”.
Ritornando alle ultime settimane del governo Draghi il leader M5s ribadisce di non essere stato lui “a provocare questa situazione”. “Mi assumo però tutte le responsabilità del fatto che l’agenda che noi dobbiamo portare avanti deve essere un’agenda sociale ed ecologica“. Ma su questo non solo Conte dice di non avere “ricevuto risposte” ma anche di avere “riscontrato un’indifferenza persino del Pd”. Partito democratico che “non si è dimostrato, almeno in alcuni suoi componenti, convinto di poter difendere quel percorso e quelle misure”, dice Conte che ai dem contesta di avere “sparato il colpo di pistola che ha dato avvio alla crisi, cioè l’inceneritore di Roma“.
E su Mario Draghi: “Ho sempre rispettato il prestigio del premier, ma ho anche ritenuto che per risolvere i problemi del Paese il prestigio di una singola persona non sia sufficiente”, risponde il presidente 5 Stelle: “Ha fatto alcune cose buone, ma ci ha lasciato delusi su molti fronti“. Un governo che con l’inizio della guerra in Ucraina e la crisi energetica andava avanti “senza voler condividere un’agenda di lavoro con le forze di maggioranza e senza mostrarsi disponibile a un confronto con il Parlamento” accusa Giuseppe Conte. Così “la prassi” dell’Esecutivo aveva trasformato i ministri in “passacarte, che ricevevano testi normativi in Consiglio dei ministri e li approvavano, addirittura, qualche volta, anche con delle norme in bianco”.
Sul futuro, Conte nell’intervista a Tpi torna sull’argomento del “voto utile”: “Il voto a questo punto è a tre, la sfida non è più a due. Perciò non fatevi ingannare, non vi fate prendere per i fondelli con questa storia del voto utile. È una mistificazione. Un inganno”. Così il M5s si prepara a una campagna elettorale in solitaria con un campo “aperto a chi ha a cuore i principi costituzionali e non è disponibile a barattarli con il prestigio di una singola persona”. Sui temi, “le politiche di destra vanno contrastate con politiche più efficaci e adeguate”, aggiunge. Infine interviene anche sul possibile ritorno di Alessandro Di Battista: “Ha dato un forte contributo alla storia del Movimento, poi si è allontanato. Se ritorna – afferma Conte – troverà un nuovo corso. Non sarà più come all’inizio, senza una struttura. Dovrà accettare nuove regole statutarie”.