La data cade ben 156 giorni prima della fine dell'anno. Solo nel 2018 avevamo superato la soglia di sfruttamento così presto. Emissioni di gas serra, sfruttamento e scarsa tutela dei territori sono tutti fattori che aggravano irrimediabilmente il deficit ecologico dell’umanità. L'Italia aveva superato il suo Overshoot day nazionale già lo scorso 15 maggio
Una siccità durissima, il distacco di ghiacciai perenni, ondate di caldo anomale e un’insicurezza alimentare sempre più diffuse. Le condizioni dei nostri ecosistemi sono critiche. A questi segnali di allarme si aggiunge anche quello dei dati: oggi è l’Earth Overshoot Day 2022, il giorno, calcolato ogni anno dal Global Footprint Network, in cui la popolazione globale esaurisce virtualmente tutte le risorse che la Terra riesce a rigenerare. Da più di 50 anni questa data continua a essere anticipata. Emissioni di gas serra, sfruttamento e scarsa tutela dei territori sono tutti fattori che aggravano irrimediabilmente il deficit ecologico dell’umanità. Quello del 2022, secondo gli esperti, è il peggiore dagli anni Settanta.
Il 2020, dominato dalla pandemia di Covid-19, aveva fatto ben sperare per quanto riguarda il consumo delle risorse. L’Overshoot day era stato infatti il 22 agosto, con un notevole ritardo rispetto alla media degli ultimi decenni. Lo stesso non si può dire del 2022: la data di quest’anno è la peggiore, insieme a quella del 2018 (sempre il 28 luglio). Cade ben 156 giorni prima della fine dell’anno. Da quando è iniziata la tradizione del calcolo, solo quattro anni fa avevamo superato la soglia di sfruttamento così presto. La popolazione mondiale utilizza il 74% in più di quanto gli ecosistemi riescono a rigenerare. Ciò significa che, per soddisfare tutti, avremmo bisogno di 1,75 Terre.
I National Footprint & Biocapacity Accounts (NFA) – i modelli elaborati dalla Footprint Data Foundation (FoDaFo) e dall’Università di York (Canada), con i dati delle Nazioni Unite – tengono conto delle differenze tra i diversi Stati e tra la loro impronta ecologica. Quella globale ammonta a 2,7 Gha (ettari globali) a persona. Si tratta del sistema più efficace per calcolare la disparità tra le richieste delle persone di aree biologicamente produttive (biocapacità) e la capacità della terra di rigenerarle. Comprende quindi la domanda per cibo, legname, materiale per le infrastrutture ma anche per attività che comportano emissioni di CO2. Proprio queste costituiscono il 60% della global footprint. Molti Paesi, come Stati Uniti, Canada, Australia e Russia, erano in debito ecologico già dall’inizio dell’anno. Altri avevano avuto il loro Overshoot day nazionale più avanti, come l’Italia, il 15 maggio. A permetterci di non arrivare, fino ad oggi, al punto di rottura, sono state alcune popolazioni virtuose, con una bassa impronta ecologica. Alcune non raggiungeranno mai la soglia di superamento delle risorse nazionali. Ma, a fronte di consumi degli Stati più ricchi, questo non basta.
Circa 3 miliardi di persone – secondo il Global Footprint Network – vivono in Stati che mangiano più cibo di quello che riescono a produrre. Alcuni come Italia, Svizzera e Regno Unito hanno un reddito sufficiente per importarlo. Altri, per esempio il Nepal – in grado di coltivare e allevare solo il 78% del suo cibo – fatica ad accedere alle risorse alimentari sul mercato. Il suo reddito pro capite infatti è pari solo al 9% della media mondiale. Sono a rischio, per le stesse ragioni, anche molte popolazioni dell’Asia e dell’Africa. Soprattutto dopo che la guerra in Ucraina ha rivelato le fragilità della nostra catena di distribuzione del grano. Anche Cina e India sono al limite. Se si includono altri beni, oltre al cibo, sono 5,8 miliardi le persone che utilizzano più di quanto il loro territorio può rigenerare. Almeno 8 miliardi poi (il 72% degli abitanti della Terra) vivono in Paesi che hanno già superato l’Overshoot day nazionale, cioè che sono in deficit di risorse.
In base a queste stime, con i debiti ecologici accumulati dagli Anni Settanta, avremmo bisogno di 19 anni senza consumi per rigenerare il pianeta. L’alternativa è un intervento più graduale, ma altrettanto deciso. Il Global Footprint Network sta raccogliendo, nella piattaforma The Power of possibilities, una serie di azioni utili per limitare l’esaurimento delle risorse. Solo dimezzare gli sprechi alimentari permetterebbe di spostare la data di 13 giorni più avanti. La mobilità sostenibile, con un utilizzo della bicicletta pari a quello che viene fatto nei Paesi Bassi, di 10 giorni. Mentre l’utilizzo di energia eolica, al livello attuale di Danimarca e Germania, di altri 9 giorni. Secondo gli esperti, se riuscissimo a ritardare la soglia di superamento di almeno 6 giorni all’anno fino al 2050, per soddisfare i consumi globali tornerà a essere sufficiente ciò che la terra riesce a rigenerare.