Comuni, regioni e agenda Draghi non prevedono politiche abitative, solo spreco di risorse pubbliche e una emergenza abitativa senza soluzione di continuità.
Le politiche abitative dei Comuni sono basate su sperpero di risorse pubbliche e sulla perenne emergenza abitativa. Succede che i Comuni con i loro atti concreti di fatto siano essi stessi a dare vita e ad ampliare una “emergenza” abitativa che si autoalimenta. Alcuni esempi. Attenzione gli esempi che cito non sono una rarità nel panorama nazionale, ma la normalità. Con questi esempi si può capire l’approccio e la distanza siderale che passa tra una seria politica abitativa e il mantenimento dello status quo di un disagio abitativo emergenziale tenuto in vita e ingrassato da risorse pubbliche.
A Pisa, secondo un accesso agli atti del gruppo comunale “Una Città in Comune” nel 2019 sono stati spesi circa 65.000 euro per mantenere in alberghi o b&b famiglie di sfrattati, nel 2020 spesi 306.545, nel 2021 560.000 euro, nel 2022 siamo ad una spesa di oltre 50.000 euro al mese. Nel 2020 sono state 40 le famiglie alloggiate in alberghi o b&b; nel 2021 le famiglie alloggiate sono state 50. Gran parte di queste famiglie vengono da sfratti per morosità per le quali il Comune non è stato in grado di trovare altra sistemazione se non presso albergatori privati.
Nel 2022, a Pisa, sono programmate 140 esecuzioni di sfratto. A Pisa contestualmente ci sono 171 case popolari inutilizzate perché bisognose di manutenzioni, con un costo medio di 15.000 euro, ci vorrebbero circa 2,5 milioni di euro, ma negli ultimi anni il comune, l’Apes e società della salute, hanno preferito spendere oltre un milione di euro per albergare le famiglie sfrattate mantenendole in uno stato di precarietà abitativa, senza soluzione di continuità.
Quindi si è preferito sprecare un milione di euro piuttosto che spendere queste risorse per riadattare almeno una ottantina di case popolari. E’ evidente che l’amministrazione di Pisa, ma non solo lei in Italia, non ha alcuna volontà di procedere al recupero di 171 appartamenti di case popolari che sarebbero una vera boccata di ossigeno per famiglie in grave disagio abitativo.
I progetti del Pinqua di Pisa, presentati e finanziati per 65 milioni di euro, riguardano la riqualificazione e rigenerazione degli edifici Erp. Certo cose importanti ma davvero non era possibile in tale ambito prevedere anche il recupero di 171 case popolari, tenuto conto che in poco più di due anni si sono già spesi 1 milione di euro per alloggiare sfrattati in strutture ricettive private, e si continua così? Davvero su un totale di 65 milioni di euro non si è trovato il tempo di prevedere il recupero di 171 case popolari, per una spesa di circa 2,5 milioni di euro, cosa che avrebbe permesso di non spendere centinaia di migliaia di euro all’anno per far restare famiglie in strutture ricettive in attesa di cosa non si sa?
A Padova l’Ater vende 500 alloggi, di questi, 122 sfitti, entro il 2027, sottraendoli al bisogno attuale degli sfrattati e senza casa, lo denuncia un comunicato dell’unione inquilini Padova, dello sportello sociale–gap, dello sportello sociale catai, piano di vendita di alloggi di edilizia residenziale pubblica pubblicato nel Bur regionale. E’ uno schiaffo all’emergenza abitativa, alle 1.347 che hanno fatto domanda di casa popolare, alle centinaia di famiglie sotto sfratto per morosità incolpevole. Leggendo il piano di vendita si scopre che il ricavo presunto di 30 milioni di euro è sovrastimato, perché molti alloggi saranno venduti ai prezzi definiti dalla legge 560/1993, mentre almeno la metà dei ricavi saranno bloccati fino al 2026 in attesa dei fondi Pnrr e complementari.
Come si evince da questi esempi per i Comuni la questione casa, gli sfrattati, le famiglie nelle graduatorie, sono temi derubricati a questione di assistenza sociale che costa tanto, oppure come a Padova si preferisce vendere 122 alloggi sfitti invece che riutilizzarli per famiglie in graduatoria o sfrattate.
Vorrei chiedere ai Comuni, alla silenziosa Anci e alle Regioni, sulla questione abitativa, non ritenete che voi, che siete gli enti di prossimità dei cittadini, dovreste rivedere l’approccio, che da trenta anni avete e ricominciare a pensare che le politiche abitative pubbliche sono un investimento non una spesa, che le politiche abitative pubbliche sono una infrastruttura sociale strategica sulle quali investire. Ma il tema non riguarda solo Comuni e Regioni, anche nella prossima campagna elettorale uno dei temi desaparecidos sarà proprio quello delle politiche abitative, del resto non ne fa menzione neanche l’agenda Draghi.