Se n’è andato a 103 anni James Lovelock, lo scienziato che sarà ricordato per aver proposto il nome di “Gaia” per l’ecosistema terrestre. Ci sono tanti tipi di scienziati: alcuni sono collezionisti che raccolgono fatti come se fossero francobolli. Altri sono teorici, che passano la vita a costruire castelli in aria che non toccano mai il mondo reale. Ce ne sono altri che passano la vita a criticare, e tanti che vedono la scienza come una competizione per dimostrare di essere più in gamba degli altri. Lovelock era in un’altra categoria: non ha mai scritto un’equazione, non si è mai preoccupato delle risse da quattro soldi fra scienziati, non è mai stato nemmeno dipendente di un’università o di un istituto di ricerche. Era un creativo, uno che non si spaventava a costruire strumenti anche da solo, una caratteristica dei creativi che spesso mettono insieme l’abilità manuale e quella mentale. Lovelock era parte della tradizione dei grandi scienziati creativi del passato: Charles Darwin con la teoria dell’evoluzione, Alfred Wegener con la deriva dei continenti, Lynn Margulis con il concetto di “olobionte,” e pochi altri.

Va detto che, per uno scienziato, essere un creativo è rischioso. Il creativo cerca la miscela perfetta fra dati e intuizione, e non sempre ci riesce. Un’intuizione senza dati è una sciocchezza, mentre i dati senza intuizione sono un elenco telefonico. Ma Lovelock è riuscito ad azzeccare la miscela giusta con l’idea di Gaia. Come tutti i creativi, da Newton in poi, Lovelock si è issato sulle spalle di giganti, prendendo da loro quello che gli serviva per la sua sintesi. Lynn Margulis e William Golding sono altrettanto responsabili dell’idea di “Gaia” nel senso di ecosistema terrestre. Ma è stato Lovelock che ha fatto da ariete, lanciando l’idea già nel 1972, dopo aver studiato i dati che arrivavano dalle prime sonde che erano atterrate su Marte. All’inizio, l’idea di Lovelock era solo parzialmente corretta, ma la sua intuizione di base, che l’ossigeno è la “firma” dell’esistenza della vita biologica, era giusta.

Come sempre succede, nella scienza le idee originali e innovative tendono a essere attaccate con una veemenza che va oltre la necessità di una corretta verifica. L’idea di Lovelock aveva un sottofondo di misticismo, di “New age”, di hippies che fumano erba, quel tipo di cose. E, oltre tutto, andava direttamente contro il paradigma dominante del tempo, quello del “neodarwinismo,” che vedeva l’ecosistema come il risultato della selezione naturale strettamente al solo livello di competizione fra singoli organismi. Vi potete immaginare la polemica che è venuta fuori. E, ancora oggi, ufficialmente bisogna usare il termine “Ipotesi Gaia”, pena essere maltrattati dai difensori dell’ortodossia. Eppure, forse inaspettatamente, l’idea di Lovelock “Gaia” non è mai stata completamente affossata, nonostante il fuoco incrociato dei critici.

E’ perché l’idea di Gaia è fondamentale per capire come sia possibile che una cosa così fragile come la vita biologica sia esistita sulla terra per almeno tre miliardi di anni. Non è stato per caso, ma per le capacità di autoregolazione del sistema che gli hanno permesso di sopravvivere le varie catastrofi che hanno colpito la terra in questo lungo periodo. “Gaia” rimane un’idea fondamentale per la scienza di oggi, ancora fonte di nuove idee, nuove intuizioni, e nuove scoperte. La dea Gaia è stata gentile con James Lovelock, che se ne va oggi dopo una lunga vita, ricca di opere e di soddisfazioni. Riposi in pace fra le braccia della terra.

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