A pochi giorni dal Ddl Concorrenza, Legambiente fa il punto sulla situazione italiana. Nel Bel Paese è sempre più difficile trovare una spiaggia libera dove prendere il sole: in diverse località oltre il 90% delle spiagge è in gestito da privato e rimangono liberi solo pochi metri spesso in prossimità degli scoli di torrenti in aree degradate
A pochi giorni dall’approvazione del Ddl concorrenza che, spaccando il centrodestra, ha posto fine alla proroga infinita alle concessioni balneari fissando l’obbligo di messa a gara dal primo gennaio 2024, così come deciso dalla sentenza del Consiglio di Stato, restano i nodi da sciogliere nel Paese dove è sempre più difficile trovare una spiaggia libera dove prendere il sole. Perché in questi anni si è arrivati a oltre 12mila concessioni balneari, l’aumento dell’erosione costiera riguarda ormai circa il 46% delle coste sabbiose, con i tratti di litorale soggetti ad erosione triplicati dal 1970, e il problema dell’inquinamento delle acque riguarda, invece, il 7,2% della costa sabbiosa interdetto alla balneazione per ragioni di inquinamento. A fare il punto della situazione e dei cambiamenti in corso lungo le aree costiere è il nuovo rapporto di Legambiente ‘Spiagge 2022’, che racconta quali siano i problemi da risolvere in via prioritaria, come quello della scarsa trasparenza sulle concessioni balneari, i canoni per buona parte ancora irrisori, la non completezza dei dati sulle aree demaniali e soprattutto l’assenza di un regolare e affidabile censimento delle concessioni balneari e, in generale, di quelle sul Demanio marittimo. “In Italia, non esiste una norma nazionale che stabilisca una percentuale massima di spiagge che si possono dare in concessione. Un’anomalia tutta italiana – spiega Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – a cui occorre porre rimedio. L’errore della discussione politica di questi anni sta nel fatto che si è concentrata tutta l’attenzione intorno alla Direttiva Bolkestein, senza distinguere tra bravi imprenditori e non, e senza guardare a come innovare e riqualificare”.
Oltre 12mila concessioni e canoni irrisori
L’Italia è a quota 12.166 concessioni per stabilimenti balneari, secondo i dati del monitoraggio del Sistema informativo demanio marittimo, effettuato a maggio 2021. In alcune Regioni si registrano record a livello europeo, come in Liguria, Emilia-Romagna e Campania, dove quasi il 70% delle spiagge è occupato da stabilimenti balneari. Nel Comune di Gatteo, in Provincia di Forlì e Cesena, tutte le spiagge sono in concessione, ma anche a Pietrasanta e Camaiore (Lucca), Montignoso (Massa Carrara), Laigueglia (Savona) e Diano Marina (Imperia) siamo sopra il 90% e rimangono liberi solo pochi metri spesso in prossimità degli scoli di torrenti in aree degradate. Se tra i nervi scoperti ci sono anche la scarsa trasparenza dei canoni pagati per le concessioni e la non completezza dei dati sulle aree che appartengono al demanio dello Stato, grazie alla relazione della Corte dei Conti ‘La gestione delle entrate derivanti dai beni demaniali marittimi’ si scoprono alcune cifre importanti. Per il 2020 le previsioni definitive sull’ammontare dei canoni parlano di 104,8 milioni di euro in totale in Italia, ma di una cifra accertata di 94,8 milioni (92,5 riscossi). Si tratta di un decremento del 12% rispetto al 2019 in parte dovuto “alla situazione straordinaria generatasi dall’emergenza Covid-19 e dai conseguenti numerosi provvedimenti normativi emanati per fronteggiarla”. I dati della media 2016-2020 parlano di entrate accertate per 103,9 milioni di euro annui, con 97,5 milioni riscossi.
Le priorità su cui lavorare
“A vedere questi numeri senza confronto rispetto al giro d’affari del settore – commenta Legambiente – sembra quasi che allo Stato non interessino i canoni delle spiagge”. L’associazione lancia oggi un pacchetto di proposte affinché nella prossima legislatura si arrivi ad avere finalmente una legge nazionale per garantire il diritto alla libera e gratuita fruizione delle spiagge. Cinque le priorità: garantire il diritto alla libera e gratuita fruizione delle spiagge, premiare la qualità dell’offerta nelle spiagge in concessione, ristabilire la legalità e fermare il cemento sulle spiagge, definire una strategia nazionale contro erosione e inquinamento e un’altra per l’adattamento dei litorali al cambiamento climatico. Si aspettano, poi i decreti attuativi del Ddl Concorrenza”.
Buone pratiche e stabilimenti green
Anche quest’anno nel report si segnalano le buone pratiche contro l’erosione costiera per la gestione dei litorali e poi alcune storie di stabilimenti che puntano su un’offerta green e di qualità. Si va dalla Sardegna con il riforestamento della Posidonia nel Golfo degli Aranci al Piano Comunale delle Coste di Lecce che prevede tra i vari aspetti il monitoraggio permanente dell’erosione costiera, la protezione e ricostruzione dei cordoni dunali, la trasformazione degli edifici degradati in strutture leggere in armonia con il paesaggio. Da Rimini, invece, arriva l’esempio del progetto ‘Parco del Mare’ per rigenerare i 16 chilometri costieri creando un corridoio ambientale e funzionale, dedicato al fitness, alla qualità della vita, alla alimentazione sana. In Veneto l’Associazione Unionmare Veneto ha avviato da tempo percorsi virtuosi che interessano le spiagge di Bibione, Jesolo, Caorle, Venezia, Eraclea, Sottomarina e Rosolina. I progetti sono i più vari, dalla prima spiaggia smoke-free (quella di Bibione) alla Spiaggia di Nemo, un riferimento per tutti coloro che lavorano sui temi dell’accessibilità.