Diclofenac, ibuprofene e paracetamolo sono i principi attivi tra i farmaci di automedicazione più comprati dagli italiani, mentre per i medicinali a carico del cittadino con ricetta le categorie a maggiore spesa si confermano benzodiazepine, contraccettivi e farmaci utilizzati nella disfunzione erettile. È uno dei dettagli che emerge dal corposo Rapporto OsMed 2021 “L’Uso dei Farmaci in Italia” dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa). “La spesa farmaceutica pubblica e privata, nel 2021 è stata quasi 32 miliardi di euro, in aumento del 3,5% rispetto al 2020. La spesa pubblica ha avuto invece un valore di 22 miliardi, con un aumento del 2,6%. Quindi la spesa out of pocket per i farmaci nel 2021″, ovvero pagata di tasca propria dai cittadini, “supera i 9 miliardi”. “Andrebbe a mio avviso ridotta la spesa privata, in quanto fonte spesso di spesa impropria o addirittura inutile, in alcuni casi” dice il direttore generale dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) Nicola Magrini. Nel 2021 poco più di 6 cittadini su 10 hanno ricevuto almeno una prescrizione di farmaci e c’è una crescita della spesa pro capite e dei consumi con l’aumentare dell’età. In particolare, la popolazione con più di 64 anni ha assorbito il 70% della spesa e delle dosi. Mentre il 35% della popolazione pediatrica ha ricevuto nel 2021 almeno una prescrizione di farmaci (il 53,8% dei bambini nella fascia di età prescolare).

Rispetto al 2020, si registra un incremento delle confezioni pro capite, concentrato nei bambini nei primi 5 anni di vita, mentre si riducono i consumi nei bambini in età scolare e negli adolescenti. I farmaci più prescritti restano gli antinfettivi per uso sistemico e quelli per l’apparato respiratorio; mentre i primi continuano a registrare una riduzione dei consumi, i farmaci dell’apparato respiratorio registrano una ripresa. Nella popolazione anziana la spesa media per utilizzatore è stata di 558 euro (599 negli uomini e 525 nelle donne) e quasi l’intera popolazione in questa fascia di età, ovvero il 97%, ha ricevuto nel corso dell’anno almeno una prescrizione. Nel 2021 la spesa per farmaci e vaccini per il Covid è stata di 2,3 miliardi di euro. Cala del 67% la spesa per azitromicina e è “trascurabile quella per idrossiclorochina”, in seguito alle indicazioni emerse dalle evidenze scientifiche, mentre aumenta quella per l’antivirale ad azione specifica remdesivir e le eparine rappresentano quasi la metà dei consumi per il trattamento della malattia.

Nel 2021 aumenta del 9,4%, rispetto al 2020, la spesa per farmaci orfani, ovvero utilizzati per il trattamento delle malattie rare. E, spinta da nuove terapie man mano sviluppate e immesse sul mercato, continua a crescere la spesa per i farmaci innovativi, passata da circa 5.371 milioni nel 2014 a circa 8.291 milioni nel 2021. Mentre resta ancora bassa incidenza della spesa per i farmaci equivalenti rispetto agli altri Paesi europei. Per quanto riguarda i farmaci innovativi o ‘nuove entità terapeutiche , tra le molecole a maggior spesa ci sono un farmaco per il trattamento della fibrosi cistica, due terapie geniche, una indicata per l’atrofia muscolare spinale e l’altra per la perdita della vista causata da distrofia retinica ereditaria, e un inibitore di FLT3 per pazienti con leucemia mieloide acuta: per queste terapie, la spesa nel 2021 è stata, rispettivamente, di 50,7 milioni, 12,7 milioni, 12,2 milioni e 11,3 milioni.
I farmaci equivalenti, o a ‘brevetto scadutò, precisa il rapporto, rappresentano il 21% della spesa e il 29,6% dei consumi. Nel confronto internazionale “si evidenzia ancora una bassa incidenza della spesa per i farmaci equivalenti rispetto agli altri Paesi europei”. Mentre l’Italia è al secondo e primo posto nell’incidenza, rispettivamente, della spesa e del consumo di farmaci biosimilari, ovvero dei farmaci biologici a brevetto scaduto. Nel confronto sui prezzi emerge come il nostro paese, nel complesso, abbia prezzi dei farmaci, sia territoriali che ospedalieri, superiori solo alla Francia, al Portogallo e alla Polonia. Per quanto riguarda i farmaci orfani, nel 2021 la spesa si attesta a 1,53 miliardi, pari al 6,4% della spesa farmaceutica a carico del Servizio sanitario nazionale. L’Italia, con 31,2 euro pro capite, risulta al sesto posto per la spesa in questo settore, dopo Austria (43 euro), Germania (41 euro), Francia (40 euro), Spagna (37 euro) e Gran Bretagna (34 euro).

Nuovo giro di vite all’orizzonte sugli integratori a base di vitamina D. Sulla base di un maxi studio pubblicato ieri sul The New England Journal of Medicine, da cui risulta che “su tutti i parametri considerati” la vitamina D – ha riassunto Magrini – sarebbe “priva di effetti utili”, il Dg ritiene “probabile a breve una revisione della Nota 96 che aveva già determinato un utilizzo più mirato di questo farmaco”, producendo “un risparmio di diverse decine di milioni l’anno”. Magrini auspica inoltre una “campagna di sensibilizzazione” e “nuovo un lavoro più stretto con le Regioni sull’ambito dell’appropriatezza” prescrittiva, “uno dei più importanti”.

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