“Alle prossime elezioni politiche non troverete, tra i candidati del M5s, chi ha già svolto due mandati. Non cambia, quindi, la regola che il Movimento si è imposto dalla prima ora come forma di garanzia affinché gli eletti possano dedicarsi al bene del Paese, senza lasciarsi distrarre dai propri destini personali”. Giuseppe Conte sceglie la via di un post su Facebook per annunciare la decisione definitiva su un tema che da anni tormenta il dibattito interno al suo partito, e nelle ultime settimane, causa elezioni, si è imposto nell’agenda interna come non più rinviabile. Il nuovo nodo su cui il leader ha sfiorato lo scontro aperto col fondatore Beppe Grillo – granitico, diversamente da lui, sul no a qualunque ipotesi di deroga – è stato sciolto probabilmente giovedì sera, con il verdetto comunicato venerdì mattina ai veterani che non potranno ripresentarsi e dopo qualche ora, alle 15:49, al pubblico attraverso i social. Tramonta, quindi, anche l’ipotesi di tre o quattro deroghe “mirate” e riservate ai nomi più pesanti e riconoscibili delle scorse legislature, una strada che Conte avrebbe voluto percorrere ma su cui Grillo ha imposto il proprio niet, minacciando addirittura – secondo un retroscena smentito dall’ex premier – di lasciare la sua creatura se il principio fosse stato messo da parte in qualsiasi modo.
“Per fare politica non serve una poltrona” – Conte rende omaggio agli eletti che usciranno dalle istituzioni tra poche settimane: “Il mio pensiero è oggi rivolto a tutti coloro che nel corso dei due mandati hanno lottato contro tutto e tutti per vincere le battaglie del M5s. Sono partiti dai banchetti nelle loro città per chiedere giustizia sociale, legalità, tutela ambientale. Hanno sopportato sacrifici e subito attacchi e offese di ogni tipo per portare a termine gli impegni assunti con i cittadini: il reddito di cittadinanza, la legge anticorruzione, il decreto dignità, il superbonus che abbatte l’inquinamento e rilancia l’economia, il taglio dei parlamentari e dei privilegi della politica. E tante altre misure”, scrive. “Lasciando il seggio non potranno più fregiarsi del titolo formale di “onorevoli”. Ma per noi, per la parte sana del Paese, saranno più che “onorevoli”. Stanno compiendo una rivoluzione che nessuna forza politica ha mai avuto il coraggio neppure di pensare. Stanno dicendo che per fare politica non serve necessariamente una poltrona. Stanno dicendo che la politica è dappertutto. Ovunque ci siano le urgenze e i bisogni dei cittadini, soprattutto di quelli che non hanno privilegi, che non sono affiliati alle cordate politiche e ai potentati economici”.
Chi resta fuori, da Fico a Bonafede –
La scelta esclude dal prossimo Parlamento “big” del M5s come l’ex ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, l’ex capo politico reggente Vito Crimi, la vicepresidente del Senato Paola Taverna, il presidente della Camera Roberto Fico. Politici ormai esperti, a cui molti attivisti – e molti tra gli stessi parlamentari – chiedevano di non rinunciare. In questo senso Conte rassicura: “Il patrimonio di competenze ed esperienze con loro maturate
non andrà disperso. Continueranno a portare avanti, insieme a noi, le battaglie del Movimento. Abbiamo bisogno della loro esperienza, della loro competenza, della loro
inguaribile passione“. E dà la carica ai suoi: “Ora avanti, tutti insieme: ci aspetta una campagna elettorale molto dura. Ci hanno
spinto fuori dal Palazzo. E lo hanno fatto con astuzia, tentando pure di attribuircene la colpa. Avanti tutti insieme per continuare a cambiare l’Italia. I cittadini onesti, i cittadini invisibili
hanno ancora bisogno di noi“.
Chi può ricandidarsi: da Appendino a Di Battista (e forse Raggi) – I nomi “popolari” spendibili alle elezioni, ora, si contano sulle dita di una mano: accanto a Conte ci sono il ministro dell’Agricoltura Stefano Patuanelli e l’ex sindaca di Torino Chiara Appendino, che può beneficiare del primo “mandato zero” da consigliere comunale. E non tramonta la suggestione di un ritorno in campo di Alessandro Di Battista. Poi c’è il caso particolare di Virginia Raggi, l’ex prima cittadina di Roma, che in teoria è al secondo mandato escluso il mandato zero (è stata rieletta consigliera comunale dopo l’esperienza da sindaca) ma potrebbe sperare in un’interpretazione favorevole basata sul cosiddetto “lodo Cancelleri”, cioè la deroga concessa nel 2019 dall’allora capo politico Luigi Di Maio a Giancarlo Cancelleri, consigliere regionale siciliano, per “trasferirsi” a Roma in corso di mandato come sottosegretario alle Infrastrutture nel Governo Conte II. Secondo l’avvocato Lorenzo Borrè (il legale degli attivisti “ribelli” che hanno fatto annullare lo Statuto lo scorso febbraio) il precedente non farebbe però giurisprudenza: Cancelleri, spiega infatti, “ha lasciato per un mandato non elettivo, è stato nominato”, mentre Raggi dovrebbe in ipotesi candidarsi per un’altra carica elettiva.
Le reazioni – Tra le migliaia di commenti al post di Conte, molti sono di parlamentari. E tutti, compresi quelli che non si potranno ricandidare, dicono di approvare la scelta: “Non si molla un millimetro! Siamo già al lavoro, come sempre, ma stavolta fuori dai palazzi“, scrive il senatore al secondo mandato Gianluca Castaldi. “È bello ricevere un riconoscimento, una parola di ringraziamento per aver dedicato gli ultimi 15 anni della nostra vita a questo progetto, per aver contribuito a crearlo e difenderlo con le unghie e con i denti”, le parole di Giancarlo Corbetta, anche lui al secondo giro. “Nessun problema per me passare da On. a Off.orevole! Presente sempre e avanti con coerenza”, assicura Tiziana Ciprini. Mentre Angelo Tofalo anticipa: “Tornerò a fare l’ingegnere, svilupperò tecnologia sovrana made in Italy. Sono davvero soddisfatto e felice della scelta del presidente Conte e del garante Grillo di mantenere assolutamente intatto il principio fondante, ovvero di non creare una classe politica di professionisti“. Più scettici, invece, gli attivisti: “Questa regola non mi piace per niente. Secondo me bisogna valutare volta per volta l’operato delle persone e far andare avanti chi se lo merita davvero. Si chiama meritocrazia”, scrive Daniela. E Anna Maria: “Per me è un errore. Non disporre più di persone che hanno competenza ed esperienza indebolisce la vostra azione. Questa è una regola che avrei volentieri cambiato. Alle volte ci si impunta su cose che hanno veramente un importanza relativa rispetto a tutto il resto”.