“La tenevo a un amico”. Beccati a fumare, in giovane età, era la scusa più gettonata da offrire provando a buttarla in tribuna: col risultato però che a quella giustificazione non credeva nessuno, semplicemente perché non era vera. E infatti nessuno credette ad Amarildo quando 17enne e nelle giovanili del Flamengo fu beccato con una sigaretta in mano…nonostante in quell’occasione il ragazzo avesse ragione: quella sigaretta era di un compagno di squadra. Non gli credette Manuel Fleitas Solich, allenatore del Flamengo, che lasciò correre sul momento facendo tornare il ragazzo a casa per Natale inviandogli però un biglietto d’auguri con su scritto “Non tornare più”.

Erano altri tempi, il 1958, e allora Amarildo Tavares da Silveira, che non è un calciatore famoso ma solo un giovanotto di belle speranze, non può fare altro che rispondere alla chiamata della patria andando a fare il militare. Ma la sorte, intesa come versione portoghese di fortuna, è benevola con Amarildo: e se gli ha messo una sigaretta in mano casualmente al Gàvea gli mette in camerata Osvaldo Sampaio Junior detto Paulistinha, terzino del Botafogo. Venendo a conoscenza della situazione e conscio del sinistro con cui quel ragazzino si beve avversari come agua de coco, lo segnala ai vertici del Botafogo, che lo acquistano. E in una squadra che è una poesia di finte e virtuosismi, dove basterebbe citare solo Manè Garrincha per dar l’idea del talento che c’è (ma si aggiungono pure Didì, Paulinho Valentim, Quarentinha, Zagallo), arriva Amarildo e diventa “O’Garoto”. “Il ragazzino” o magari “Il monello”, più congeniale, vista la genialità di quel tipo mingherlino con un dribbling bruciante e un sinistro al velluto, ma anche un caratterino tutto pepe che non ha problemi a sfoderare contro arbitri e avversari.

Quel Botafogo ovviamente fa ciò che deve fare: vince 3 campionati regionali e due nazionali e O’Garoto si guadagna la chiamata in nazionale per i mondiali in Cile del 1962. Sa bene Amarildo che deve stare in panchina: il Brasile deve difendere il titolo di Campione del Mondo conquistato nel 1958, e deve farlo con Djalma Santos, Zòzimo, Mané, Vavà e ovviamente con O’Rey Pelè. Ma il cammino per i verdeoro di Aymorè Moreira è tutt’altro che la passerella trionfale che ci si aspettava: la prima contro il modesto Messico finisce 2 a 0, sbloccata solo nella ripresa da Zagallo. Contro la Cecoslovacchia Pelè si fa male, e tocca proprio ad Amarildo sostituirlo, con la sua benedizione. Nella gara decisiva contro la Spagna di Di Stefano è una doppietta di Amarildo a raddrizzare l’incontro, e toccherà ancora una volta a O’Garoto rimediare allo svantaggio contro la Cecoslovacchia in finale, pareggiando e aprendo alla vittoria verdeoro facendo anche l’assist per Zito che porta il Brasile in vantaggio prima del 3 a 1 finale di Vavà. I festeggiamenti sono tutti per O’Garoto: anche Pelè corre ad abbracciarlo.

A quel punto Amarildo diventa oggetto del desiderio di tutte le big europee: la Fiorentina va vicinissima a prenderlo, poi ci prova la Juventus che lo vorrebbe sì ma in coppia con Manè: il Botafogo accetta ma poi fa retromarcia e lo tiene un altro anno. E nella stagione successiva è il Milan di Viani a sorpresa ad accaparrarselo: 200 milioni al Botafogo e O’Garoto arriva in maglia rossonera in tempo per giocare l’Interconinentale proprio contro il Santos di O’Rey Pelè: all’andata finisce 4 a 2 per i rossoneri, Amarildo fa doppietta come Pelè. Stesso risultato a Rio, ma nello spareggio di due giorni dopo trionfa il Santos. Nel Milan gioca bene, ma vince solo una Coppa Italia e passa alla Fiorentina, dove vince lo storico scudetto del ’69. Poi va a Roma dove resta per due anni prima di chiudere la carriera in patria al Vasco Da Gama.

Lascerà l’immagine di un’ala sgusciante e a tratti imprendibile, ma anche irascibile: espulso per 10 volte in Serie A e con 32 giornate di squalifica accumulate, è il calciatore non difensivo con più cartellini rossi all’attivo e tra i più sanzionati. In Italia è tornato da allenatore: alla Rondinella, alla Turris, come vice di Lazaroni alla Fiorentina e poi al Pontedera senza mai spiccare il volo. Troppo poco diplomatico per quel ruolo. Tornato in Brasile a chi gli chiede chi sia il miglior calciatore della storia tra Pelè e Maradona risponde senza dubbi: entrambi, ma al secondo posto dopo Garrincha. Oggi compie 83 anni, superati come birilli come faceva con gli avversari…con qualche schiaffo qua e là per quelli più antipatici. Auguri Garoto.

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