Uno degli aspetti belli del vino, e dell’agricoltura tutta, è che è abbastanza facile rendersi conto quando parole (marketing) e fatti (pratica) non corrispondono. Non è così per altri lavori, o arti, dove è più semplice fingere o proteggersi. Per quanto mi riguarda, le visite più interessanti sono quasi sempre quelle a produttori che si interrogano quotidianamente sul proprio modo di lavorare, cercando di contestualizzarlo nel tutto: il lavoro come sostentamento ma sempre come parte di un tutto più ampio.

Marta Venica ha 28 anni e l’impressione è che di domande se ne sia fatte già molte, ma si sia anche messa subito a lavoro per cercare le risposte. Inizio da lei il mio viaggio, che da Trieste mi porterà a Taranto, tra cantine, treni, passaggi. “C’è solo la strada”, cantavano. E di questi tempi direi che non ci sia canzone più attuale.

Marta ha un cognome noto, quello della famiglia Venica&Venica, celebre produttore del Collio da 40 ettari e 300mila bottiglie all’anno. Ha avuto modo di studiare, viaggiare, sperimentare, e dal 2019 ha iniziato a lavorare su un suo progetto a Cormons (Gorizia). Divide il tempo tra l’azienda di famiglia, dove lavora occupandosi della parte agronomica, e tre vigneti gestiti insieme al fidanzato Mitja Sirk; un totale di 4 ettari.

Uno di questi è già condotto in biodinamica, con gli altri ci arriverà: “È quella la direzione – mi dice – ma i preparati biodinamici sono la ciliegina sulla torta”. Questi anni sono stati di sperimentazione continua, soprattutto sulla fertilità del suolo: “Determinanti sono stati alcuni corsi di agricoltura organica e rigenerativa. Abbiamo fatto fare delle cromatografie per capire l’interazione tra sostanza organica e inorganica nei suoli; sto sperimentando molto sui compost e biofertilizzanti autoprodotti”. Uno degli obiettivi, comune a tanti produttori, è ridurre al minimo rame e zolfo: “Sto provando con una preparazione a base di melassa. Rame ne uso circa 1/2 chili all’anno (il biologico in Europa ne permette fino a 4 kg/ettaro); per il clima che abbiamo, tra i più piovosi d’Italia, sono soddisfatta; ma vorrei calare ancora. Nell’altro vigneto sono arrivata a 0,3 kg per ettaro”.

Mi mostra il vigneto vicino al paese, poi saliamo sul monte, nel suo ‘vigneto-frutteto’ (vedere il video racconto sopra). Le chiedo se abbia avuto pressioni dalla famiglia, che in casi simili può essere un grande aiuto o un grande freno. “Mi hanno sempre lasciato libera. Nel momento in cui mi è diventato chiaro come volevo lavorare non ho più aspettato: temevo che aspettare mi avrebbe fatto perdere le energie che ho a questa età, e poi magari non sarei mai partita con un progetto mio”.

A darle la spinta, qualche incontro fatto nel tempo. Primo tra tutti, Piero Incisa della Rocchetta, il nipote del marchese Mario Incisa, ‘quello del Sassicaia’, che in Patagonia gestisce l’azienda Bodega Chacra. Quando parla dell’Argentina s’illumina ancora di più: è il paese che più l’ha influenzata, soprattutto per la natura potentissima e l’attaccamento di alcuni produttori hanno con la terra. In Italia, una delle aziende di riferimento è stata Foradori, “fondamentale per la gestione vigneto”.

Assaggiamo i vini nel ristorante del fidanzato Mitja Sirk. Il bianco di Mitja 2021 è preciso, fresco, tra fiori bianchi, pesca, con una bella struttura in bocca. Il suo “sogno” sarebbe fare diversi friulani da diversi vigneti ‘identitari’. Il bianco di Marta è invece un blend tra friulano, ribolla e malvasia, affinato in acciaio, anche se in futuro vorrebbe usare il cemento per tutti i vini. Mi dice che deve ancora provare alcune cose che ha in testa, e renderlo ancora più ‘il suo vino’. Il rosso è un merlot con tanto frutto ed energia, come in Argentina, “un vino succoso, come piacciono a me! Del rosso sono già abbastanza soddisfatta”.

Il suo progetto di chiama Martissima, e dopo questa breve conoscenza posso capire perché. Ha un’energia e un entusiasmo bellissimi e penso debba essere d’ispirazione vedere come è riuscita, o almeno stia provando, a concretizzare tutti gli studi fatti, i viaggi, le sue idee. Non è automatico. Penso che sarà molto interessante vedere cosa le due aziende _ Venica&Venica e Martissima_ saranno tra qualche anno; se sarà lei, in futuro, a cambiare approccio, o, al contrario, se sarà la storica azienda di famiglia ad essere influenzata.

“Ogni tanto cerco di dare qualche input e portare parte della mia filosofia”, sorride. “Mio padre è una persona molto aperta, ma vuole vedere risultati tangibili. Anche lui è rimasto incredulo quando ha visto che la differenza di temperatura del suolo tra filari con inerbimento e senza ha toccato i 15 gradi. Prima era scettico, quest’anno mi ha detto di far coprire tutto”.

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