Racconta di aver “provato a fermarlo“, ma non esserci riuscito. “Eravamo in quattro, così ho ricostruito anche dal video: una signora anziana, una ragazza, un uomo anch’egli d’età con il cane e io. Come avremmo potuto?”. Uno dei testimoni dell‘omicidio dell’ambulante di origine nigeriane Alika Ogorchukwu a Civitanova Marche, intervistato da Repubblica, spiega che dal suo punto di vista le accuse di indifferenza – arrivate anche dalla moglie della vittima – all’indirizzo di chi ha assistito all’aggressione o l’ha addirittura filmata senza intervenire sono ingiustificate. “Era impossibile dividerli, quel tipo era feroce“, dice. Ma “ho chiamato la polizia e l’ho fatto arrestare”.
Incontrato dal cronista del quotidiano romano davanti all’altare di fiori e fotografie che ricordano Ogorchukwu, l’uomo – impiegato all’ufficio Dogane della città – ricorda di aver “sentito le urla disumane di Alika” e aver “visto Ferlazzo che lo massacrava a colpi di stampella”. E’ lui che, come si sente nel video, gli grida “Basta, lo ammazzi“. Poi “mi sono avvicinato e con un calcio ho allontanato la stampella con cui stava colpendo Alika. Inutile, perché Ferlazzo lo stava finendo a mani nude. Per poi alzarsi e andare via”. A quel punto “ho temuto che non sarebbero arrivati in tempo per arrestarlo. Così, appena ho visto avvicinarsi la macchina, mi sono buttato in mezzo alla strada per fermarli. Ho indicato l’assassino agli agenti e l’hanno arrestato”.
Secondo il testimone l’aggressione e l’arresto sono durati in tutto “17 minuti”: “Ero alla fermata dell’autobus alle 14 e 2 minuti, e in quel momento alle mie spalle Ferlazzo aggrediva Alika. Ho chiamato la polizia pochissimi minuti dopo, e alle 14,20 sono riuscito a salire sul mio bus”. Ora “ho anche un po’ di paura: l’ho fatto arrestare, ma” – è il timore – “uscirà presto per infermità mentale. Vorrà vendicarsi?”.