Nel film Sliding Doors, la vita di Helen Quilley-Gwyneth Paltrow si divide in due dimensioni parallele a seconda che lei prenda la metropolitana – Helen torna a casa, trova il fidanzato Gerry a letto con l’ex Lydia, si rifà una vita con James e alla fine muore investita da una macchina – o la perda – Helen rientra a casa più tardi, Lydia è già andata via, ma alla fine la storia con Gerry finisce lo stesso e lei incontra James in un altro contesto. Il film, girato da Peter Howitt, nasce dallo spunto del regista polacco Krzysztof Kieślowski, ossessionato dal tema del destino e del libero arbitrio.

Dopo l’uscita nelle sale nel 1998, Sliding Doors si è rapidamente cementificato nell’immaginario collettivo per la sua capacità di mostrare come un piccolo contrattempo quotidiano possa generare ripercussioni inimmaginabili sulla vita di ciascuno di noi, innescando una spirale di eventi a catena, talvolta positiva, altre disastrosa.

Ho sempre pensato che i vertici di Trenitalia avessero un debole per Sliding Doors tanto da decidere di replicarlo su larga scala coinvolgendo gli ignari italiani, che ogni giorno vedono aprirsi e chiudersi davanti ai loro occhi innumerabili porte scorrevoli a causa dei ritardi dei treni. Un esperimento sociale a tutti gli effetti, con quale obiettivo non si sa, forse solo fare incazzare le persone, forse, servendosi di un sistema di telecamere nascoste, realizzare migliaia di ore di girato sulle tratte più critiche per selezionare i clienti più agguerriti e poi vendere i loro nomi a Putin o magari a Netflix. “Stranger Trains”, tanta roba.

Tra le decine, cosa dico, centinaia di potenziali eventi avversi che Trenitalia genera ogni anno, c’è anche quello provocato dal ritardo del regionale che sabato scorso doveva portarmi da Bologna a Modena.

Per farla breve: stazione di Bologna, caldo costaricense e tabellone delle partenze che sembra un flipper, con ritardi fino a tre ore su molte linee. Nell’alveo digitale in cui dovrebbe esserci scritto il binario del mio treno c’è però solo un puntino beffardo. Gli assistenti non sono d’aiuto, quindi l’unico supporto resta l’app di Ferrovie che dà il regionale al binario 3 ovest, poi al 4 ovest, dove però c’è un treno fermo senza indicazioni; la gente ci entra, si siede, attende fiduciosa, prima dell’annuncio – dato da una voce stanca, afflitta – che quella vettura non effettua servizio passeggeri.

Nessuno sa cosa fare, da orario il treno dovrebbe già essere partito, anche se non si sa da dove, poi una signora urla che forse quello giusto è il binario 11, allora tutti all’altro capo della stazione, ma al binario 11 c’è un convoglio per Rovigo che resta lì per dieci minuti, poi va via, ed eccolo, il regionale che ferma a Modena. Finalmente si parte, anche se per i quindici minuti successivi sull’app il treno risulta essere fermo al binario 4 ovest.

Tra soste inspiegabili e precedenze da dare alle Frecce, il treno arriva a Modena con mezzora suonata di ritardo. Mezzora, come se fosse mezzo minuto. Mezzora, accumulata con incuranza terrificante. Come se la gente non avesse coincidenze e appuntamenti. Non una scusa, non un euro di rimborso, perché sotto i 60 minuti per Trenitalia TPER, l’azienda che si occupa del trasporto regionale in Emilia-Romagna, non si può parlare di ritardo, ma di ordinaria amministrazione. Trenitalia TPER però non sa che per colpa di questo disservizio io ho dovuto aspettare altri 20 minuti per un taxi, discutere con l’autista perché dopo che gli ho chiesto di pagare con la carta mi ha aggiunto 50 centesimi alla corsa, entrare affannato nel luogo del mio aperitivo di lavoro e, una volta dentro, non trovare più il mio potenziale cliente che poi mi ha scritto grazie, sono dovuto andare, ci rivediamo a settembre.

Trenitalia TPER non è consapevole – anzi, lo è, fa finta di nulla – di quanto gli odiosi ritardi dei suoi treni siano in grado di generare circostanze infauste per i suoi viaggiatori, con tanto di danni materiali e immateriali. Ecco perché chiederò a Trenitalia TPER il rimborso del taxi, un rimborso per perdite materiali pari a mille euro, il valore della proposta di collaborazione per il mese di agosto, più una parte di danni intangibili che quantificherò rivolgendomi a un esperto. Una provocazione, direte. Sì, una provocazione. Che arriva quando la misura è ormai colma.

Questo post vuole anche essere un appello a chi ha competenze, tempo e volontà per smuovere qualcosa. Esiste un’autorità garante che possa intervenire? Una class action è attivabile? Un’azienda che genera complicazioni, imprevisti e perdite ai suoi clienti, senza pagarne il prezzo, è un’azienda che non ha ragione di stare sul mercato così com’è.

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