Il 32enne aveva subito un ricovero in Tso con la diagnosi di tossicodipendente aggressivo con disturbo di personalità, una sindrome bipolare, comportamenti psicotici. Per questo sua madre Ursula era amministratrice di sostegno
È stato convalidato l’arresto di Filippo Claudio Giuseppe Ferlazzo, l’operaio di 32 anni che venerdì scorso ha pestato a morte l’ambulante nigeriano Alika Ogorchukwu in strada, a Civitanova Marche (Macerata). Davanti al giudice per le indagini preliminari di Macerata, Claudio Bonifazi, nell’udienza di convalida che si è tenuta nel carcere anconetano di Montacuto, l’uomo, assistito dall’avvocata Roberta Bizzarri, ha “collaborato, ha chiesto scusa e ha chiarito che non c’è stata alcuna motivazione di tipo razziale”. Come riporta La Repubblica Ferlazzo aveva subito un ricovero in Tso con la diagnosi di tossicodipendente aggressivo con disturbo di personalità, una sindrome bipolare, comportamenti psicotici. Per questo sua madre Ursula era amministratrice di sostegno. Non si può escludere al momento che i magistrati possano decidere di ascoltare la madre dell’uomo ed effettuare verifiche.
La Procura di Macerata, comunque, non ha contestato alcuna aggravante di tipo razziale. Ferlazzo, secondo quanto riferito dalla legale, ha spiegato al giudice che “a prescindere dal colore della pelle avrebbe comunque commesso quel gesto ‘bruttissimo’. Anche la Procura concorda in questo e non ha contestato alcuna aggravante di questo tipo”. All’udienza di convalida davanti al gip Bonifazi era presente anche il pm e procuratore di Macerata facente funzione Claudio Rastrelli, che subito dopo l’omicidio era arrivato sul posto. Secondo la ricostruzione Alika Ogorchukwu è stato seguito dall’aggressore che poi lo ha colpito prima con la sua stampella – la vittima era claudicante a seguito di un incidente stradale – facendolo cadere a terra e “poi a mani nude” per tre o quattro minuti, fino alla morte. Dopo averlo tramortito “gli ha sottratto il telefono cellulare”. Ferlazzo si è giustificato sostenendo che Ogorchukwu aveva chiesto con insistenza l’elemosina alla sua fidanzata e l’aveva “tenuta per un braccio”. Martedì l’autopsia sul corpo della vittima stabilirà se sono stati quei colpi duri e ripetuti o il soffocamento a interrompere il battito cuore dell’ambulante 39enne, schiacciato dal peso e dalla furia di Ferlazza.
Il giudice ha disposto che l’uomo rimanga in cella, considerati i gravi indizi di colpevolezza e ritenuta la sua “indole incline alla violenza”, “l’elevata pericolosità sociale” e il “pericolo di reiterazione del reato”. Nell’ordinanza, il gip accenna a un “disturbo bipolare” e la procura eseguirà approfondimenti sullo stato di salute mentale del 32enne, oltre a valutare la posizione dell’amministratrice di sostegno, la madre Ursula Loprete, sul perché si trovasse a così tanta distanza dal giovane, sempre tenendo presente quali fossero gli effettivi compiti del suo ruolo. Ferlazzo al giudice, secondo quanto riporta l’Ansa, ha detto: “Volevo fargli capire che non ci si comporta così. Non credevo che le mie azioni potessero portare a conseguenze di questo tipo. Non volevo ucciderlo”. Il 32enne è apparso “stanco, distrutto dal dolore e sconcertato” e “ha capito la gravità dei fatti”: non è in isolamento. La madre andrà presto a trovarlo.
Il pm Claudio Rastrelli contesta i reati di omicidio volontario aggravato dai futili motivi e rapina. Su quest’ultima accusa, il 32enne ha raccontato al giudice che, ancora prima di fornire le proprie generalità alla polizia, aveva subito consegnato il telefonino di Alika: ha spiegato di averlo raccolto a terra, insieme al proprio orologio che l’altro gli avrebbe strappato nella colluttazione, convinto che fosse il suo e che invece era della persona che aveva appena “picchiato”.
Molti interrogativi ruotano attorno allo stato psicofisico dell’arrestato: fino al 2016 aveva un’invalidità civile riconosciuta dall’Inps dell’80%; da un anno e mezzo era diventata al 100% per un disturbo bipolare di soggetto con personalità borderline. Nel 2021 aveva concluso un progetto terapeutico durato un anno e otto mesi in una comunità ‘doppia diagnosi’ a Lecce. Ad aprile per due volte si era recato spontaneamente al pronto soccorso di Civitanova Marche perché si sentiva male: secondo una consulenza psichiatrica chiesta dall’ospedale ed eseguita in due tempi (inizialmente se ne era andato e poi era stato rintracciato dalle forze dell’ordine), allo stato non sussistevano estremi per un Tso ma solo per un percorso di cura farmacologica. Era stato concordato che Ferlazzo avrebbe dovuto prendere un appuntamento con il centro di salute mentale (poi mai preso) per la “presa in carico” e l’inizio di un percorso terapeutico. Il 32enne era rientrato a Salerno per poi tornare a Civitanova dove conviveva con la compagna e dove, da circa un mese, aveva trovato lavoro. La madre era amministratrice di sostegno di Filippo dal 2018 ma “non è interdetto – chiarisce l’avvocato Bizzarri -: conserva la capacità d’intendere e di volere con la possibilità di spostarsi liberamente”. La madre, secondo la difesa, doveva vigilare e controllare l’aspetto patrimoniale tra cui la gestione della pensione d’invalidità. L’avvocato Bizzarri non ha ancora presentato richiesta di una perizia psichiatrica ma consegnerà la documentazione medica dell’arrestato alla procura affinché sia nelle condizioni di richiedere una perizia con incidente probatorio.