I media afghani, già la stessa mattina del 31 luglio, riferiscono della notizia di un “missile” caduto su un palazzo a Kabul, nel quartiere di Sharpur. “Nessuna vittima o feriti”, recitano le agenzie locali, battute pochi minuti dopo le 9.30. Ma almeno una vittima c’è: Ayman al Zawahiri, 71 anni, leader di Al Qaeda sin dalla morte di Osama bin Laden nel 2011, è stato ucciso da un drone americano in Afghanistan: un paese dove peraltro, secondo gli accordi di Doha sottoscritti dal regime dei Talebani e Washington, non avrebbe dovuto trovarsi. Gli americani avevano provato ad eliminarlo già 16 anni fa, durante un raid condotto sul confine tra Pakistan e Afghanistan, al quale era sfuggito. Al Zawahiri viveva da anni in clandestinità, condizione in cui ha passato una notevole parte della sua vita. Nato a Maadi, un quartiere borghese del Cairo che oggi ospita gran parte delle ambasciate straniere, Al Zawahiri incarnava il prototipo – per alcuni versi atipico – del jihadista ricco e istruito: figlio di un Imam di Al Azhar, nipote del primo segretario della Lega Araba, fratello di una stimata professoressa di oncologia all’Istituto Nazionale per la cura del Cancro, Al Zawahiri passa una infanzia ed una prima adolescenza tranquille, distinguendosi come un ragazzo timido e studioso, che “odia gli sport violenti” ed ama la poesia, oltre ad essere portato per le lingue (parlava inglese, arabo e francese). Influenzato dallo zio Mahfouz Azzam, si avvicina blandamente all’attivismo giovanile nell’Egitto di Nasser prima e Sadat poi, finché, attorno ai 14 anni, non entra a far parte dei giovani Fratelli Musulmani. Lo fa in un anno particolare, perché nel 1966, meno di un anno dopo il suo ingresso nell’organizzazione, l’ideologo Sayyid Qutb viene giustiziato dalle autorità egiziane. Un vero turning point, per Al Zawahiri, che abbandona un certo quietismo che fin lì lo aveva caratterizzato e fonda, insieme a Mohammad Abd al Salam Faraj, la Jihad Islamica, il cui obiettivo è quello di rovesciare il governo egiziano e “materializzare la visione di Qutb”. Nel frattempo, laureatosi in medicina, esercita la professione di chirurgo – anche nell’Esercito egiziano – almeno fino alla fine degli anni 70. Nel 1981, finisce arrestato nell’ambito di una retata, conseguente all’assassinio del presidente Anwar Sadat. Durante la detenzione sarà torturato, una circostanza che secondo diverse fonti lo spinge a rivelare alle autorità i nomi di alcuni leader della Jihad, come Issam al Qamari. Nello stesso anno viene rilasciato e vola nelle regioni tribali del Pakistan, dove presta servizio come medico della Mezzaluna rossa.
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Ayman al-Zawahiri, dalla Jihad Islamica egiziana alla guida di al-Qaeda: storia dell’ideologo che ispirò bin Laden
Influenzato dallo zio Mahfouz Azzam, si avvicina blandamente all'attivismo giovanile nell'Egitto di Nasser prima e Sadat poi, finché, attorno ai 14 anni, non entra a far parte dei giovani Fratelli Musulmani. Negli anni ottanta in Arabia Saudita l'incontro con lo 'sceicco del terrore'
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