Le parole hanno un peso. Da qualche tempo a questa parte più che mai. Non stupisce allora il fatto che persino Beyoncé sia stata redarguita per l’uso che del linguaggio ha fatto nell’ultimo album Reniassance. A finire sotto la lente d’ingrandimento, più precisamente, è Heated, undicesima traccia del disco pubblicato lo scorso 29 luglio e già campione di riproduzioni su Spotify. Nella traccia, scritta insieme a Drake, appare la parola “spaz”, che in italiano può essere resa anche con “spastico”. Il termine non è passato inosservato ai gruppi per i diritti dei disabili, che l’hanno giudicato offensivo per chi soffre di paralisi cerebrale, condizione che colpisce la capacità di coordinare i movimenti.
Beyoncé corre ai ripari – Negli Stati Uniti tale vocabolo può significare semplicemente “fuori di testa”, ma in Gran Bretagna l’accezione è del tutto negativa. Per questo motivo l’addetto stampa della popstar ha spiegato alla Bbc che la parola in questione “non è stata usata intenzionalmente in modo dannoso” e “sarà sostituita nei testi”. Qualcosa di simile era già accaduto poche settimane fa, quando Hannah Diviney, giornalista che si occupa di diritti e disabilità, aveva rimproverato Lizzo per l’uso dello stesso insulto abilista in una sua canzone. La cantante si era scusata e aveva prontamente modificato il testo del brano.
Renaissance, il tributo di Beyoncé alla cultura black – La polemica puramente linguistica però non scalfisce il successo dell’album di Beyoncé. Un ritorno atteso dai fan per ben 6 anni. Era infatti il 2016, quando in Lemonade la star decideva di raccontare in musica la crisi coniugale con il marito Jay-Z. Questa volta l’artista torna sulle scene nelle vesti di un’amazzone in sella a un cavallo, citando Lady Godiva e l’ingresso di Bianca Jagger allo Studio 54. Lo storico locale di New York non è un riferimento casuale: con Renaissance Beyoncé fa un tributo alla cultura black attingendo a tutti quegli stili che hanno plasmato la musica dance. Suoni e ritmi che prima di venire alla luce e conquistare le masse avevano scandito le notti nei ghetti emarginati d’America e nelle ballroom di Harlem, le stesse che in tempi recenti sono state raccontate, ad esempio, nella serie di Netflix Pose.