La Lombardia è pronta per una indigestione di strutture cargo aeree. Con l’approvazione dei piani di sviluppo di ben tre scali, Malpensa, Bergamo e Brescia, si è deciso di far diventare la regione una enorme area cargo merci, utilizzando tutti gli scali lombardi escluso il City Airport di Linate. Si tratta di nuovi maxi ampliamenti delle attività cargo che riguardano sia l’interno che l’esterno degli scali.

A Malpensa è stata recentemente varata una nuova Cargo city di 44 ettari di superficie, che si aggiunge a quella attuale, in piena Brughiera del Parco del Ticino. Tutto ciò nonostante da due anni sia chiuso l’obsoleto Terminal 2 questa potrebbe essere l’area da utilizzare in caso di aumento della domanda merci e Sea evitandone l’inutile riapertura che era prevista al 2026 un costosissimo restyling e e di mantenere sottoutilizzato il T1.

A Montichiari (BS) dopo il fallimento del traffico passeggeri (a 21 anni dall’apertura dello scalo il terminal passeggeri costato 36 milioni di euro (è stato chiuso per far spazio ad un magazzino merci), unico esempio al mondo, la Regione e la provincia di Brescia hanno approvato un piano di sviluppo Cargo le cui opere principali sono l’allungamento della pista di 460 metri (così da arrivare a 3,5 km), la realizzazione di 4 nuovi magazzini, l’ampliamento del piazzale aeromobili e il miglioramento dell’accessibilità stradale. Il provvedimento sbloccherebbe sia l’interno che l’esterno del sedime aeroportuale per quasi 50 ettari, sia per la logistica aerea che per la grande distribuzione.

Infine, il piano di sviluppo aeroportuale di Orio al Serio prevede a nord nuovi 47 ettari di aree da cementificare dello scalo una nuova area Cargo da aggiungere a quella attuale a nord dello scalo. Al nuovo piano ha aderito Amazon, che già dispone di spazi ed è attivo anche a Malpensa. Nella bassa bergamasca e bresciana, proprio Amazon ha invaso il territorio di capannoni per la distribuzione di merci, con uno sviluppo caotico e non regolato dell’ e-commerce che si è aggiunto a quello della grande distribuzione. Senza alcuna regola urbanistica e di rispetto ambientale lo sprawl logistico e il consumo di suolo agricolo la fanno da padrone. Per non parlare degli immobiliaristi (spesso fondi internazionali) che senza peli sullo stomaco comprano terreni e autorizzazioni a buon mercato senza avere vincoli.

Sarà vero che in Lombardia serve l’ampliamento infrastrutturale per il Cargo di tutti e tre gli scali regionali? Già oggi i voli Cargo, che sono prevalentemente notturni, non fanno dormire gli abitanti di Bergamo e quelli della zona di Malpensa. Domani saranno in questa situazione anche gli abitanti della già disastrata zona del monclarense, piena di cave, discariche, siti inquinati e di un’agricoltura che fa largo uso di liquami chimici.

Nessuno studio è stato fatto per verificare le effettive esigenze della domanda di traffico, le disponibilità strutturali residue dei vari scali (capannoni ed aree già esistenti), ma soprattutto non è stato spiegato perché tutti e tre gli scali devono avere maxi ampliamenti delle aree Cargo.

Non solo: si vuol far partire i lavori senza alcuna garanzia ambientale, senza un minimo di norme regionali per limitare il consumo di suolo dovuto all’espansione incontrollata della logistica, e senza regole per evitare situazioni di sfruttamento del lavoro che, purtroppo, sono all’ordine del giorno. La logistica è uno dei settori in cui le condizioni contrattuali e le garanzie di sicurezza sul lavoro risultano in molti casi alquanto carenti, all’insegna di lavoro precario e dequalificato.

Pur in condizioni finanziarie traballanti, i tre gestori aeroportuali si sono detti favorevoli a questi investimenti. Sea ha chiuso il bilancio con un indebitamento finanziario netto di 654,8 milioni (+ 28,1 milioni nel 2021). Sacbo oltre far fronte alla crescita del proprio indebitamento è anche alle prese con la crisi della sua società di handling BGY International. Save, che controlla Montichiari, è nelle stesse condizioni di crisi e di conflitto tra gli azionisti pubblici veronesi e quelli pubblici veneziani. Fortemente indebitate, le concessionarie aeroportuali non rinunciano però a staccare lauti dividendi per gli azionisti pubblici e per quelli privati. Anziché pensare alla transizione ecologica alla digitalizzazione si pensa solo ad investimenti hard modello anni 80 e a progetti che prevedono uno sviluppo sovrastimato del traffico merci.

Neppure si tiene conto che il comparto aereo nel suo insieme a livello globale dovrà prendere la strada dello sviluppo sostenibile, visto che è un settore tra i più inquinanti e con maggior impatto ambientale.

La fase di crisi economica, l’incertezza politica e sanitaria globale, il congestionamento dei maggiori aeroporti e il pessimo trattamento normativo e salariale degli addetti operativi sconsiglierebbero grandi investimenti, e suggerirebbero invece una digitalizzazione degli scali, la razionalizzazione degli spazi dei vari sedimi aeroportuali e stipendi e rapporti di lavoro più elevati per gli addetti.

Anziché puntare su una attenta analisi dell’uso degli spazi disponibili a partire dalla valorizzazione e dal riutilizzo delle zone dismesse o attualmente inutilizzate per avere meno costi (di espropri di urbanizzazione, meno consumo di suolo agricolo o di parchi), la Lombardia apparecchia tre maxi piani concentrati nel raggio di 200 km: una sovraofferta incredibile, se si pensa che nel 1998 gli analisti prevedevano per la sola Malpensa un milione di tonnellate di merci trasportate mentre nel 2019, prima della pandemia, lo scalo movimentava solo 516 mila tonnellate di merci, Bergamo 51 mila tonnellate e Montichiari 39 mila: in tutto, meno di 600 mila. E nonostante il fatto che, con l’enorme capacità residua, i tre aeroporti esprimano una capacità che va ben oltre il milione di tonnellate/anno, ha senso quindi uno sviluppo sulle avio merci così importante e poco pianificata?

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