L’Inps, l’Istituto nazionale della previdenza sociale, fra marzo e giugno ha versato 4,8 miliardi di euro per l’assegno unico e universale destinato a 5,3 milioni di famiglie per 8,5 milioni di figli. Lo si legge nell’Osservatorio sull’assegno unico. I beneficiari sono molti meno rispetto agli aventi diritto, oltre 7 milioni di nuclei. L’importo medio mensile per richiedente è risultato pari a 232 euro ed è stato pagato in media per 1,6 figli per ciascun richiedente. L’importo per ciascun figlio è risultato, in media, di 145 euro. Circa il 46% degli assegni pagati per figlio si riferisce a beneficiari appartenenti a nuclei con Isee inferiore ai 15mila euro: viene perciò erogato il massimo del contributo. Più del 20% dei figli appartiene invece a nuclei familiari che non hanno presentato Isee e quindi hanno avuto l’importo minimo (50 euro al mese a figlio). Mancano i dati relativi alla stessa misura erogata ai nuclei beneficiari di Reddito di Cittadinanza che saranno ricompresi nell’Osservatorio una volta completata l’integrazione statistica delle fonti.
Con riferimento ai pagamenti svolti nel mese di giugno, l’importo medio per figlio va da 50 euro per chi non presenta Isee o supera i 40mila euro, a 194 euro per le classi di Isee fino a 15mila euro. A giugno, la concentrazione di importi più elevati si ha al Sud (il valore massimo pari a 166 euro per ciascun figlio si registra in Calabria) mentre gli importi meno consistenti si registrano al Centro e al Nord (il valore minimo si registra nella Provincia autonoma di Bolzano dove per ciascun figlio si ha in media un importo mensile per figlio pari a 131 euro).
Il contributo è stato pensato per sostituire tutte le altre misure di aiuto alle famiglie, come ad esempio i bonus. Viene erogato dall’Inps sul conto corrente e riguarda sia i lavoratori autonomi sia i dipendenti, che potranno impiegarlo per accompagnare i figli dal settimo mese di gravidanza fino ai 21 anni. Era destinato a una platea di sette milioni di famiglie. Non tutti gli aventi diritto, perciò, hanno scelto di richiederlo: per questo motivo è prevista una riduzione di 630 milioni alla dote per il 2022. Lo prevede l’ultima bozza del decreto aiuti bis, ancora soggetta a modifiche. La sforbiciata arriva, appunto, in seguito al “monitoraggio al 30 giugno” della spesa che l’Inps effettua ogni mese, come previsto dalle norme che hanno istituito l’assegno, “anche in via prospettica sulla base delle domande pervenute e accolte”.
La misura è stata a lungo discussa. Un’analisi della Fondazione studi consulenti del lavoro aveva per esempio messo in luce le problematiche derivanti dalla scelta di adottare l’Isee come parametro di riferimento. Il rischio, si leggeva nel testo, è che l’assegno vada “a vantaggio delle fasce più alte di reddito” e veniva invece sottolineata l’importanza di correttivi che “tengano in maggiore considerazione la conformazione delle famiglie italiane, per le quali l’abitazione di proprietà e i piccoli risparmi non sono sintomo di lusso e di ricchezza, ma solo di grandi sacrifici personali”.