L’ex Red Bull, 40 anni, si racconta a ilfattoquotidiano.it. Parlando della battaglia tra il suo vecchio team e Maranello, ma ricordando anche un aneddoto sull’ex compagno in Toro Rosso, Sebastian Vettel: "Alla prima festa da pilota della squadra, aveva i tappi alle orecchie perché era infastidito dai rumori”
“La Ferrari creda ancora nel titolo, le critiche di qualche fan verso Charles Leclerc (per l’errore in curva 11 nel GP di Francia, ndr) le ho trovate ridicole. Però sarà durissima, e nel caso vada male Maranello impari dagli errori per la prossima stagione”. L’ex Red Bull, Vitantonio Liuzzi, 40 anni, si racconta a ilfattoquotidiano.it. Parlando della battaglia tra il suo vecchio team e la Ferrari, per ricordare anche un aneddoto sull’ex compagno in Toro Rosso, Sebastian Vettel, che giovedì ha ufficializzato l’addio all’Aston Martin e alla F1 a fine stagione: “Ricordo quando Seb si presentò alla prima festa da pilota della squadra, aveva i tappi alle orecchie perché era infastidito dai rumori”.
Domanda secca: dopo la Francia, per Leclerc e la Ferrari il Mondiale è ormai compromesso?
Ci sono ancora delle speranze, ma diciamo la verità: è veramente difficile. Verstappen è maturato tantissimo, non commette errori, e la Red Bull è sempre competitiva, anche se ultimamente non al livello della Ferrari. La F1-75 della Rossa è una macchina molto veloce, ma porta meno punti a casa di quanto dovrebbe. Forse dovuti al fatto che Maranello ha perso un po’ d’esperienza, non lottando per il titolo da quattro anni. Sarà dura battere quest’anno il team anglo-austriaco.
Dando le percentuali, quanto è la colpa del pilota e della squadra?
Per me è un 50-50. Vero che Leclerc ha fatto due errori madornali (nei GP di Imola e in Francia, ndr), ma quando si è al limite, con macchine completamente diverse da quelle passate dove si perde più grip, allora si può sbagliare. Il team deve migliorare le sue strategie, errori visti già in diverse gare questa stagione. La Red Bull ne fa di meno, dato che è maturata dopo la vittoria del Mondiale 2021.
Per la Ferrari c’è anche il tema affidabilità da risolvere.
La macchina è veloce e nelle ultime gare si è dimostrata affidabile, da adesso a fine campionato il team credo possa stare per lo più tranquillo. Budapest poi è una pista pro-Ferrari, tutte curve, e stressa poco il motore. Poi ci saranno altri tracciati, rimanenti in calendario, che sorridono per caratteristiche alla Rossa. Penso che sia giusto che si continui a sperare. Se la Ferrari non vincerà, questa stagione sarà importante per fare tesoro degli errori in vista della prossima.
Dopo la Francia, sui social sono spuntate delle critiche da parte di qualche tifoso contro Leclerc. Non le trova un po’ ingiuste, dato che alla fine due errori sono pochi?
Da quando ci sono i social, si dà troppo fiato alle trombe. In maniera stupida, cattiva, non ne sono meravigliato. Charles è un grande talento, un gioiello giovane dalla velocità incredibile che sta lottando contro un animale della pista come Verstappen. Max ha qualche anno in più d’esperienza e non è facile da battere, gli haters purtroppo ci sono sempre stati, ma mi fanno solo ridere.
A proposito di Verstappen, il Mondiale sembra averlo maturato definitivamente. Chi gli ricorda come stile di guida?
La vittoria lo ha rasserenato definitivamente, quando ai primi anni di carriera (ha esordito in F1 nel 2015, ndr) è apparso a tutti come troppo irruento. Guidare senza la pressione e l’ansia di dover vincere un titolo, fa tanto. Come stile non lo paragonerei a qualcuno dei miei tempi, lo vedo più come un Gilles Villeneuve per la sua aggressività e per i colpi magici che tirava fuori all’improvviso dal cilindro.
In carriera è stato pilota-Red Bull nel 2005, primo anno di vita del team. Allora i tempi erano diversi rispetto a quelli attuali, lei è rimasto solo una stagione prima di approdare in Toro Rosso. Se avesse avuto più tempo, sarebbe stata una carriera diversa?
Penso di essere stato uno dei piloti di F1 al posto giusto, ma nel momento sbagliato. In Red Bull era il primo anno, se avessi avuto protezione politica o la fortuna di rimanere qualche stagione in più, sarebbe stato diverso. Il progetto di Milton Keynes era quello, portarmi avanti per qualche anno, seppur alcune situazioni mi abbiano portato a lasciare la squadra. La Red Bull la sento come una mia famiglia, comunque, perché con loro ho lavorato quasi 10 anni. Seppur resti neutrale, nella sfida al titolo che loro stanno facendo quest’anno contro la Ferrari.
Sainz ha finalmente trovato il suo adattamento alla F1-75 e si è avvicinato nuovamente a Leclerc in classifica Piloti, teme nuovi duelli interni dato finora il mancato ordine di scuderia tra i due?
Fossi nella Ferrari, mi concentrerei solo su Leclerc. Ai miei tempi si aspettava un po’ per dare gli ordini, poi si chiariva come non disturbarsi per il bene del team. Sainz è fuori dalla lotta al titolo, credo che quest’anno non lo sia mai stato, Leclerc no. Sarebbe sciocco che la Rossa lasci competere i due piloti di casa.
Andando indietro nel tempo e riprendendo l’uscita di Leclerc in Francia, ricorda una gara che aveva in controllo, prima dell’errore o di un guasto che le è costato i punti?
A Monza nel 2009 con la Force India, quando ruppi un pezzo del cambio che mi fece perdere un probabile secondo posto. O in Canada tre anni prima, dove ebbi un problema alle sospensioni, arrivando troppo duro sul cordolo alla “Chicane dei campioni”. Lì ero terzo con la Toro Rosso e avevo il risultato in tasca. Ricordo le imprecazioni a radio chiusa e dopo aver staccato il volante, quante ne ho lanciate…
Un ex Ferrari nonché suo vecchio compagno in Toro Rosso, Sebastian Vettel, ha detto addio alla F1 giovedì, prima del GP d’Ungheria. Che cosa le viene in mente se deve ricordarlo?
Un tipo molto particolare, sicuramente l’opposto dell’immagine lanciata dalla Red Bull. Ricordo nel 2007, alla prima festa da pilota della Toro Rosso, si presentò nel locale con dei tappi alle orecchie, infastidito probabilmente dai rumori del locale.
In carriera ha corso contro Hamilton, che dal Canada a oggi è finito sempre a podio dopo avvio difficile. E pensare che all’inizio della stagione sembrava demotivato, per lei cosa è cambiato in Lewis?
Quando non hai l’auto da titolo, a 37 anni, ci sta perdere motivazioni, soprattutto mentali. Hamilton ha sofferto moltissimo in questo inizio di Mondiale, mentre Russell aveva fame di dimostrare il suo valore all’esordio in Mercedes. Ora Lewis si è reso conto che se vuole l’ottava corona nel 2023, deve motivare il suo team e proseguire nello sviluppo della monoposto, per battersela così alla pari con Ferrari e Red Bull.
In pista lei era molto rispettato da Michael Schumacher, un vecchio grande amico. Che immagini le vengono se deve ricordarlo?
Molto spesso lo penso, o mi capita di parlare di lui. In F1 è stato un eroe dei miei tempi. Ad Abu Dhabi (nel 2010) gli sono finito quasi sulla testa con la ruota della mia Force India, con lui che, dopo essermi scusato, mi rispose chiedendomi una cosa: “Andiamo a fare paracadute, mercoledì prossimo?”. Ricordo quando si incarogniva contro di me nelle gare di kart: si portava quattro-cinque meccanici, tre motoristi, era un competitivo e voleva battermi. Mi rispettava molto.
Il figlio di Schumi, Mick, sembra essersi sbloccato sulla Haas dopo Silverstone, anche se è a rischio per i troppi danni provocati alla sua Haas. Giusto rimanga a fine stagione?
I danni che ha fatto nella prima parte di campionato sono importanti, ed è normale che Mick sia sotto esame. Forse si è sbloccato un po’ tardi rispetto al previsto, ma se le prossime cinque-sei gare le concluderà in maniera costruttiva, e non distruttiva, giusto rimanga in F1.