“Fontina. Non è della Valle d’Aosta, è la Valle d’Aosta” recita lo slogan del celebre formaggio, sancendo la totale sovrapposizione tra luogo e prodotto. Ma chi produce realmente questo formaggio così “identitario” della Vallée? Sono ancora i vecchi montanari che, come vuole l’iconografia del marketing, scendono dalle grotte di stagionatura con la forma di fontina sulle spalle, le guance rosse piene di salute accanto alla ragazza dal seno prorompente (quasi fosse lei una collega delle regine d’alpeggio)?
“Una tradizione che da sempre si tramanda di padre in figlio” rafforza un altro motto del consorzio di tutela della Fontina. Tradizione, tipicità, identità… Vai poi a guardare di chi realmente sono le mani che producono la fontina (dunque, per traslato, che produrrebbero anche la Valle d’Aosta) e scopri che nei circa duecento alpeggi monticati con vacche da latte della Valle d’Aosta, circa l’ottanta per cento dei lavoratori è straniero (Fonte Crea, Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, in Dislivelli). Sono per lo più marocchini e rumeni.
Stare in alpeggio per i cento giorni della monticatura estiva è un lavoro estenuante, al quale ormai quasi nessun valdostano ambisce. Sveglia alle quattro del mattino, due mungiture al giorno (prevalentemente a mano), solitudine, lunghe marce. Chi è il valdostano disposto a tali sacrifici? Molti sono disposti a fare i modelli, come il bell’André che impersonifica l’“alpigiano tipico”, un Peter amico di Heidi cresciutello con barba e baffi, mentre nella pubblicità sorride mostrando una forma da dodici chili.
Se fosse realistico, il video dovrebbe mostrare marocchini e rumeni: è grazie a loro se la Valle d’Aosta ha ancora la fontina e può organizzare nella “elegante cornice” del Castello di Sarre l’annuale premio Modon d’Or Fontina DOP. Oltre il tavolo d’ingresso con bionde hostess pronte a verificare il nome sul foglio degli accrediti, si entra nella sala gremita di pubblico, giornalisti, televisioni, luci. La giuria, che lavora su oltre cinquanta forme, ha vantato nel recente passato prestigiosissimi componenti come Miss Italia, che notoriamente di formaggi grassi dovrebbe essere un’intenditrice.
Gli stereotipi del marketing continuano a impacchettarci una montagna sempre uguale, sempre immobile in una dimensione senza tempo. È ancora la montagna di Heidi e di Peter. E alla fine, chi vive nel paese di montagna è chiamato – più ancora di altri perché con la quota gli stereotipi si rafforzano – a far parte della teatralizzazione del suo spazio. Nel rapporto montagna-città non c’è simmetria, perché il cliente cittadino con il suo immaginario costruito “ha sempre ragione”.