L'organizzazione sindacale in una nota: "Negli ultimi anni 800mila ettari di terreni fertili sono stati abbandonati in molti casi proprio a causa della proliferazione della fauna selvatica che danneggia le coltivazioni e la redditività degli agricoltori, terreni che oggi oltre a non essere più produttivi sono esposti all’erosione e al dissesto idrogeologico"
Un cinghiale che nuota in Darsena, a Milano. È successo la mattina del 4 agosto. Per cercare di recuperare l’animale – che si è infilato in un cunicolo – sono state impiegate quattro squadre dei vigili del fuoco: l’operazione è iniziata intorno alle 7. In seguito sono stati impiegati sommozzatori e alcuni uomini del soccorso alpino. Non è, come risaputo, un caso isolato. Coldiretti spiega che il caldo eccessivo di queste settimane spinge 2,3 milioni di cinghiali nelle città in cerca di cibo nelle strade e di refrigerio nei corsi d’acqua metropolitani.
L’organizzazione sindacale scrive in una nota che si tratta di casi sempre più frequenti “che mettono a rischio la sicurezza delle persone in città e campagne, portano malattie, razzolano fra i rifiuti, causano incidenti, spaventano le famiglie tanto che oltre otto italiani su 10 (81%), secondo l’indagine Coldiretti/Ixè, pensano che vada affrontata con il ricorso agli abbattimenti, soprattutto incaricando personale specializzato per ridurne il numero anche perché un italiano adulto su quattro (26%) si è trovato faccia a faccia con questi animali. I branchi – sottolinea Coldiretti – sono diventati anche il principale vettore della peste suina con gli allevatori dal Piemonte alla Liguria fino al Lazio che sono stati costretti ad abbattere migliaia di capi, mettendo a rischio la norcineria nazionale, un settore di punta dell’agroalimentare made in Italy grazie al lavoro di circa centomila persone tra allevamento, trasformazione, trasporto e distribuzione con un fatturato che vale 20 miliardi”. E prosegue con le parole del presidente della Coldiretti Ettore Prandini: “Negli ultimi anni 800mila ettari di terreni fertili sono stati abbandonati in molti casi proprio a causa della proliferazione della fauna selvatica che danneggia le coltivazioni e la redditività degli agricoltori, terreni che oggi oltre a non essere più produttivi sono esposti all’erosione e al dissesto idrogeologico”. I cinghiali, prosegue Coldiretti, “causano incidenti con morti e feriti e sono un flagello per i campi e per le tavole con la siccità che ha ulteriormente aggravato il deficit alimentare dell’Italia che produce appena il 36% del grano tenero che le serve, il 53% del mais, il 51% della carne bovina, il 56% del grano duro per la pasta, il 73% dell’orzo, il 63% della carne di maiale e i salumi, il 49% della carne di capra e pecora mentre per latte e formaggi si arriva all’84% di autoapprovvigionamento. Mentre con le tensioni internazionali causate dalla guerra in Ucraina sono esplose – evidenzia Coldiretti – le spese degli agricoltori per energia e materie prime.