I quattro agenti coinvolti nella morte di Breonna Taylor sono stati arrestati con l’accusa di aver commesso reati contro i diritti civili, cospirazione illegale, uso incostituzionale della forza e reati di ostruzione per aver ostacolato le indagini volte all’accertamento di quanto realmente accaduto alla 26enne operatrice sanitaria. Le accuse federali seguono l’assoluzione a livello locale degli agenti, provvedimento che aveva scatenato la rabbia dell’opinione pubblica americana. A riferire dell’arresto degli agenti è stato il procuratore generale Merrick Garland in una conferenza stampa.
Era il marzo del 2020 quando gli agenti hanno fatto irruzione in piena notte nell’abitazione di Breonna Taylor, che stava dormendo con il fidanzato nella sua casa di Louisville, nel Kentucky. Non avendo capito cosa stesse accadendo e non avendo capito che si trattava della polizia, il compagno di Taylor – Kenneth Walker – ha sparato e colpito a una gamba uno degli agenti. Gli agenti hanno risposto sparando 32 colpi, molti dei quali hanno raggiunto e ucciso Taylor. Finora solo un ufficiale coinvolto nel raid, l’ex detective di Louisville Brett Hankinson, era stato accusato in relazione al caso per aver sparato dieci colpi durante la perquisizione. Hankinson è stato assolto all’inizio di quest’anno. Gli altri arrestati sono l’ex ufficiale Joshua Jaynes e gli agenti Kelly Hanna Goodlett e Kyle Meany, tutti accusati di falsificazione di un mandato di perquisizione. Hankinson è accusato di aver usato una forza eccessiva aprendo il fuoco durante il raid.
L’intervento della polizia rientrava nell’ambito di un’indagine che riguardava il fidanzato di Taylor. Era proprio il compagno della vittima, Jamarcus Glover, infatti, a essere ricercato dalle autorità che lo accusavano di essere coinvolto in un giro di droga e che avesse usato l’appartamento di Breonna per nascondere i narcotici. Nell’appartamento, però, non è stata trovata droga. Nel 2020 la famiglia Taylor ha citato in giudizio la polizia di Louisville e ha raggiunto un accordo ottenendo un risarcimento di 12 milioni di dollari. Dopo la morte della 26enne, cori di protesta si sono levati contro l’uso dellla violenza indiscriminata nei confronti della comunità afroamericana e di razzismo. Ancora aperta, dunque, è la ferita causata dalle uccisioni di George Floyd nel Minnesota e di Ahmaud Arbery in Georgia e difficilmente si rimarginerà.