di Gianluigi Perrone*

Qualcuno lecitamente si sarà chiesto come sia possibile che la terza carica dell’amministrazione americana, Nancy Pelosi, abbia preso decisione di testa sua e sia volata in Asia per far scoppiare la terza guerra mondiale.

La Speaker della Casa Bianca, che si è guadagnata il grazioso nomignolo di “Satana” dai suoi oppositori politici filo-trumpiani, non era certo nuova queste iniziative. No, non parliamo delle proteste del ’91 a Pechino, ma del più recente 2020, quando Pelosi promosse il venticinquesimo emendamento che prevede la perdita dei poteri del Potus (President of the United States) in caso di incapacità di intendere e di volere. Avremmo dovuto ricordarcene quando Sleepy Joe mostrava i primi segni di demenza, stringendo la mano ai fantasmi di Lincoln e Jefferson. Si direbbe quindi che Pelosi non puntasse alla defezione di Trump ma a quella del suo futuro capo.

D’altronde la sua presenza a Taiwan sembra una mossa disperata in extremis mentre il piano dei dems cade un pezzo dopo l’altro. Chi è digiuno di cultura asiatica sarà sicuramente sorpreso nel vedere come una visita di un vice-vice-presidente possa generare una reazione così bellicosa. C’è da ricordare che nonostante l’esito delle elezioni cinesi in ottobre sia pressoché certo, l’Amministrazione interna del Parlamento di Pechino prevede forze contrapposte che vedono la fazione di Jiang Zemin, detentrice del potere militare, fronteggiare l’esecutivo del Presidente Xi. Le stesse tensioni dovute all’emergenza Covid potrebbero essere state un pretesto per regolare equilibri di forze in vista dell’imminente conflitto.

La presenza provocatoria di Pelosi quindi potrebbe rappresentare motivo di destabilizzazione all’interno del governo di Pechino che, se non si dimostra all’altezza dei propri avversari, potrebbe uscirne indebolito talmente da rischiare un golpe, come la storia della Cina ci insegna. La narrazione mediatica cinese di questi giorni professa ovviamente antiamericanismo ma anche alimenta il dissenso della popolazione di Taiwan che, secondo i tabloid, si sentirebbe minacciata più dall’impudenza della Pelosi che dalla conseguente reazione di Pechino.

Se, tuttavia, Xi dovesse seguire i dettami della tradizione bellica cinese, si può prevedere sia che si eviterà a tutti i costi di danneggiare l’isola di Taiwan, sia che si attuerà una strategia che prevede di colpire il nemico (in questo caso il Giappone che dovrebbe fare da braccio armato degli Usa) solo quando non se lo aspetta, e quindi non nel futuro imminente.

*CEO Polyhedron VR Studio

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