Il presidente turco punta a capitalizzare in maniera organica le influenze regionali del suo paese in Nord Africa, Medio Oriente, Caucaso e parti dell'Europa orientale ed è diventato sempre più aggressivo in altre aree sensibili come il nord Iraq, la Libia, la Grecia e Cipro. Ma il problema resta la relazione con la Russia, anche per il tramite tedesco
Dopo le nuove fiammate in Siria e a seguito del ruolo di mediatore che si sta ritagliando nella crisi del grano, Recep Tayyip Erdogan aspira a diventare leader del mondo islamico. Il presidente turco punta così a capitalizzare in maniera organica le influenze regionali del suo paese in Nord Africa, Medio Oriente, Caucaso e parti dell’Europa orientale ed è diventato sempre più aggressivo in altre aree sensibili come il nord Iraq, la Libia, la Grecia e Cipro. Ma il problema resta la relazione con la Russia, anche per il tramite tedesco.
Influenze e obiettivi
Dal momento che le attenzioni della comunità internazionale sono rivolte al versante ucraino, Ankara ha gioco facile per proseguire nella sua strategia invasiva in Siria e nel Mediterraneo orientale. Per questa ragione ha inviato rinforzi militari ad Aleppo, dopo che a maggio Erdogan aveva annunciato una nuova offensiva nel nord della Siria per combattere le Unità di protezione del popolo curdo (YPG). Ankara considera il gruppo una propaggine del Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK) che ha combattuto per l’autonomia curda in Turchia dal 1984, ma “dimentica” che sono stati i principali antagonisti del terrorismo fondamentalista legato all’Isis. Il gancio con il suo progetto leaderistico si ritrova nella volontà del presidente di legarsi idealmente a Siria ed Egitto, con cui permangono difficoltà alla voce “Fratelli Musulmani”: la vicinanza al gruppo perseguitato in patria dalle purghe ordinate dal presidente Abdel Fattah al-Sisi e le accuse secondo cui la Turchia usi mercenari jihadisti in guerre come quella in Siria on in Libia sono fattori che non convincono i potenziali partners.
L’offensiva sul gas
Inoltre alla voce gas il governo turco si prepara a un’altra offensiva: ha annunciato che il prossimo 9 agosto farà salpare la quarta perforatrice di settima generazione “Abdul Hamid Khan”, in grado di perforare a 12.000 metri. Se da un lato l’obiettivo turco è quello di cercare gas nel Mediterraneo orientale pur non avendone il diritto, dall’altro, facendolo in acque contese, si esaspera un clima di forti tensioni, con la possibilità di un’escalation con Cipro e la Grecia che, nell’ultimo periodo, ha tra le altre cose visto raffreddarsi le sue relazioni con Mosca. Quanto tale elemento possa influenzare la situazione nell’Egeo si vedrà già nei prossimi giorni, con il governo ellenico che teme una sorta di “clima Taiwan”. Se la nave turca infatti arriverà a lambire le isole di Kastellorizo, Rodi e Karpathos, la mobilitazione della flotta greca sarà automatica.
Nuovi equilibri
Per comprendere i nuovi equilibri che si stanno disegnando a quelle latitudini è utile seguire il filo che legava e lega Berlino, Mosca, Ankara e Atene. La recente visita del ministro degli Esteri tedesco, Annalena Baerbock, ad Atene e Istanbul ha in qualche modo confermato il cambio di registro dei rapporti tra Germania e Turchia. Dopo il ventennio merkeliano caratterizzato da una solida partnership, ecco che il cancellierato di Scholz è iniziato con tutt’altri parametri anche per via del fatto che Mosca ha trovato un modo per aggirare le sanzioni proprio attraverso la sponda con la Turchia.
Ma Putin ed Erdogan non sono automaticamente in accordo su tutto (anche se il triangolo Ankara-Teheran-Mosca resta solido). Un importante appaltatore turco sta minacciando un’azione legale contro l’azienda statale russa Rosatom per averla sostituita con un altro costruttore: la torta in questione è la mega commessa per realizzare la prima centrale nucleare della Turchia nell’impianto di Akkuyu. Una sussidiaria di Rosatom sta costruendo quattro reattori nel sito e ha dichiarato di voler terminare il suo accordo con la società turca IC Içtaş e di aver firmato un contratto con TSM Enerji.
Da qui si capirà se davvero Erdogan può fare a meno dell’alleato russo o no ma le premesse, come in passato, danno già alcuni indizi. Intanto l’obiettivo di mettere in funzione il primo reattore entro la metà del 2023, quando cadrà il centesimo anniversario della fondazione della Repubblica di Turchia, mentre gli altri tre reattori entro il 2026, per una capacità totale di 4.800 megawatt.
Infine lo sport come collante della strategia erdoganiana: la prima delegazione iraniana è partita da Teheran alla volta di Konya per partecipare ai Giochi di solidarietà islamica del 2022. Si tratta di un evento che per la prima volta nella storia sarà organizzato dal Comitato olimpico turco e si terrà dal 9 al 18 agosto a Konya, sotto l’egida della Islamic Solidarity Sports Federation (ISSF).