Avevano presentato la lista alla Camera dei deputati tre giorni fa. Al centro, di fronte a giornalisti e telecamere, c’era Gianluigi Paragone. Alla sua sinistra, Francesco Forciniti, e alla sua destra Pino Cabras, fondatori di Alternativa. E già promettevano battaglia contro “tecnocrati, banchieri e multinazionali”, buttando nella mischia, suo malgrado, Sergio Mattarella, a cui chiedevano una deroga sulle firme necessarie per correre alle elezioni. Ma l’accordo tra Italexit e i fuoriusciti dal Movimento 5 stelle è durato appena 48 ore. I deputati di Alternativa se ne sono usciti con una nota in cui accusano Paragone di imbarcare neofascisti. Eccola: “Abbiamo riscontrato la presenza – anche in ruoli di capolista – di candidati organici a formazioni di ispirazione neofascista”. Per questo “l’accordo elettorale è sciolto”.
La risposta del giornalista non si è fatta attendere: “Volevamo riunire le forze che in questi mesi si sono opposte al green pass, al vaccino obbligatorio e alle imposizioni sanitarie dei governi Conte e Draghi, senza discriminarne nessuna. Purtroppo abbiamo dovuto prendere atto che l’unico interesse di Alternativa era di ottenere posizioni in lista e di usare Italexit come un taxi per il Parlamento”.
Ma qual è il punto dello scontro tra le due formazioni? Alla base c’è la difficoltà, per entrambe (e dunque per il fu cartello), di raccogliere le firme per presentarsi al voto del 25 di settembre. Tanto che lo stesso Paragone aveva definito il passaggio pre-elettorale “come la scalata dell’Everest in infradito“. E nella conferenza stampa aveva velatamente intimidito il Capo dello Stato: “Ci conceda la deroga o io sarò in piazza, fuori dal Parlamento, a raccogliere le voci del dissenso. E faremo i conti, accada quel che accada“. Al di là dell’appello di fuoco a Mattarella, Paragone deve aver pensato al piano B. E quale strada migliore che rivolgersi a una delle uniche due formazioni extraparlamentari che nel 2018 riuscirono a raccogliere le tanto agognate firme? Non Potere al popolo, naturalmente, ma Casapound. E così l’offerta di fare la capolista è stata recapitata, per un posto nel Lazio, a Carlotta Chiaraluce. Chiaraluce, compagna di Luca Marsella, è uno dei volti più noti delle tartarughe. Tanto da risultare nel 2017, a Ostia, la candidata più votata della storia del Municipio X, con 1788 preferenze.
La strada per Italexit (che recentemente ha accolto la vicequestora contraria ai vaccini e al certificato verde, Nunzia Schilirò, e l’avvocata che difende le vittime del Covid, Consuelo Locati) si fa ancora più in salita. A fine maggio Nando Pagnoncelli dava al partito un solido 4,5% dei consensi. Lo stesso Paragone aveva fissato l’asticella sopra lo sbarramento del 3% (“3,6% al massimo”, aveva detto). Il problema, ora, è portare i cittadini ai banchetti, nel caldo agostano, con gli italiani in infradito (non sull’Everest, come vuole l’immagine iperbolica di Paragone) ma più semplicemente sul bagnasciuga.
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