“Jovanotti avrebbe fatto meglio a ringraziare i nostri ispettori. Ha perso un’occasione per parlare a tutti i suoi fan intestandosi davvero la lotta al lavoro nero“. È durissima la replica di Bruno Giordano, il capo dell’Ispettorato nazionale del lavoro, a Jovanotti. Due giorni dopo la notizia dei 17 lavoratori senza contratto (poi regolarizzati dalle ditte) emersi nella tappa del Jova Beach Party a Lido di Fermo a seguito dei controlli dell’Ispettorato nazionale del Lavoro di Ascoli Piceno, non si placano le polemiche sull’evento. Prima ci sono state le critiche feroci degli ambientalisti, poi il cantante e gli organizzatori del tour sulle spiagge estive hanno dovuto fare i conti con l’ispezione al cantiere di allestimento del palco e dell’area del mega concerto durante la quale sono emersi dei casi di lavoratori in nero. Jovanotti ha risposto a tutto con uno sfogo in diretta su Instagram – “Venite a vedere, qui facciamo tutto in regola” – al quale a sua volta ha risposto Bruno, non risparmiandogli commenti durissimi.
IL CAPO DELL’ISPETTORATO DEL LAVORO CRITICA JOVANOTTI – “Criticare gli ispettori significa attaccare chi è al servizio di tutti i lavoratori e di tutte le aziende“. Ci va giù duro Bruno Giordano nell’intervista a Repubblica in cui spiega come e perché sono avvenuti i controlli e nella quale invita Jovanotti a ringraziare gli ispettori del lavoro. “Ha perso una grande occasione, visto che quella decina di ispettori ha lavorato proprio a favore della sua attività: in un cantiere come quello del ‘Jova Beach Party’, perché così la legge definisce un’attività che coinvolge centinaia di lavoratori, ci può stare che una ventina di addetti sia irregolare. Sarebbe bastato prenderne atto, ringraziare gli ispettori e, con senso istituzionale rafforzato dalla sua notorietà, aiutare il lavoro di chi giorno e notte si adopera per garantire la sicurezza e la dignità di tutti i lavoratori”. Secondo Bruno, Jovanotti avrebbe dovuto sfruttare questa situazione per “intestarsi la lotto al lavoro in nero”.
COME SONO AVVENUTI I CONTROLLI AL JOVA BEACH PARTY – Bruno racconta a Repubblica che approfittando della chiusura della maggioranza delle aziende, l’Ispettorato del lavoro dirotta in tutta Italia buona parte dell’attività ispettiva nei controlli di eventi, discoteche, concerti e sagre. E cos’hanno scoperto al Jova Beach Party? “Ispettori e carabinieri hanno controllato 19 società, per un totale di 51 lavoratori, attive nell’allestimento del Jova Beach Party di Fermo, trovando in 4 di queste un numero complessivo di 17 addetti in nero“, dice confermando i numeri dell’altro giorno. Prima di procedere alla interruzione definitiva dell’attività, per venire incontro alle aziende la legge “prevede la possibilità di regolarizzare le posizioni entro le dodici del giorno successivo pagando il 20% della sanzione. Nel frattempo la ditta viene sospesa”.
COS’È ACCADUTO DOPO LA SOSPENSIONE DELLE DITTE – E dopo la sospensione, cos’è accaduto alle ditte che lavoravano al Jova Beach Party? “Come avviene nel 90% dei casi, le aziende in questione hanno proceduto alla regolarizzazione e la sospensione è stata revocata. Dunque più che una notizia da smentire, un’ammissione delle irregolarità scoperte“, rivela Bruno all’indomani dello sfogo via social di Jovanotti, che ha coinvolto nella diretta anche Maurizio Salvadori, il capo della Trident, la società di produzione con cui lavora dal 1988 (“Da allora abbiamo fatto tournée di tutti i tipi e non c’è mai stata una contestazione sul piano delle leggi del lavoro. Il fatto che ieri questa cosa venisse fuori mi ha preoccupato. Il lavoro nero per me è una piaga enorme, una cosa molto seria, perché le leggi si rispettano”, ha ammesso l’artista respingendo le accuse). “Irregolarità significa lavoratori non dichiarati. Vorrei ricordare che non si tratta di una semplice irregolarità, perché dietro al lavoro in nero c’è l’assenza di orari regolamentati, misure di sicurezza, coperture previdenziali e assicurative. Parlare vagamente di irregolarità è fuorviante: dove c’è lavoro non contrattualizzato non ci sono i diritti. E poi mi è dispiaciuto sentire riferimenti a vendette, a killeraggi mediatici”, attacca ancora Bruno.