Di fronte alle stime di costo molto elevate per aumentare le pensioni a mille euro, Forza Italia risponde proponendo l’abolizione del Reddito di cittadinanza e la riduzione della spesa pubblica. Ma non è così semplice.

di Massimo Taddei (Fonte: lavoce.info)

Domenica 31 agosto, l’ex Presidente del Parlamento europeo e dirigente di Forza Italia Antonio Tajani è stato intervistato all’interno del programma Mezz’ora in più da Lucia Annunziata. Durante l’intervista, Annunziata ha riportato le stime presentate su questo sito sul costo dell’aumento della pensione minima a mille euro per tredici mensilità per tutti i pensionati italiani proposto da Silvio Berlusconi.

Nel precedente articolo abbiamo mostrato come la misura avrebbe un costo molto elevato (circa 30 miliardi di spesa pensionistica in più ogni anno) e che rischierebbe di risultare anche piuttosto iniqua, pur tentando di smorzare il problema dei pensionati poveri. Annunziata ha chiesto a Tajani come Forza Italia avrebbe intenzione di coprire i costi di una misura di questo tipo e la risposta prevede di agire su due fronti: l’abolizione del Reddito di cittadinanza e la riduzione della spesa pubblica. Davvero un’azione di questo tipo permetterebbe di trovare le risorse necessarie per finanziare l’aumento delle pensioni?

Il costo del Reddito di cittadinanza

Partiamo dalla misura più chiara: l’abolizione del Reddito di cittadinanza. Una scelta di questo tipo porterebbe non pochi problemi, a partire dal fatto che non esisterebbe più uno strumento universale di contrasto alla povertà. Prima dell’arrivo del RdC, esistevano infatti altri strumenti di assistenza ai poveri, come per esempio il Reddito di inclusione (Rei). Abolire il RdC dovrebbe necessariamente comportare l’introduzione di un altro strumento, magari meno costoso, in modo da non lasciare le persone in povertà senza alcun tipo di assistenza. Anche senza considerare il costo di una misura sostitutiva (il Rei pesava per esempio per due miliardi annui sulle casse dello Stato), comunque le risorse recuperate dall’abolizione del Reddito di cittadinanza coprirebbero meno di un terzo del costo annuo dell’aumento delle pensioni. Secondo i dati Inps, infatti, nel 2021 il Reddito di cittadinanza è costato 8,3 miliardi di euro. Il dato sale a 8,8 miliardi se si considera anche il costo della Pensione di cittadinanza, ma non avrebbe molto senso tagliare le pensioni con una mano per poi compensare il taglio aumentandole con l’altra.

La riduzione della spesa

La riduzione della spesa pubblica è da sempre suggerita come soluzione per le coperture di nuove misure di politica economica, ma spesso l’entità di questa riduzione, sia nelle previsioni dei governi, che, soprattutto, in campagna elettorale, viene sovradimensionata. Durante la campagna elettorale per le politiche del 2018, per esempio, il Movimento 5 Stelle contava di recuperare circa 30 miliardi dalla spending review. Una volta arrivati al governo insieme alla Lega, però, le previsioni si erano fatte decisamente più conservative: per il triennio 2019-2021, si prevedeva infatti una riduzione di spesa di un miliardo l’anno.

Supponendo che si riescano davvero a recuperare oltre otto miliardi dall’abolizione del Reddito di cittadinanza, dalla riduzione della spesa pubblica dovrebbero arrivare altri 22 miliardi di euro. Per fare qualche confronto, secondo la Corte dei conti la spesa in retribuzioni dei dipendenti pubblici nel 2019 ammontava a circa 173 miliardi di euro. Se si volesse agire solo sui salari dei dipendenti pubblici, quindi, occorrerebbe ridurli in media del 12,6 per cento. 22 miliardi è anche l’equivalente di più della metà delle risorse destinate dal Pnrr alla digitalizzazione e più di un terzo di quelle per la transizione ecologica.

Abbassare la spesa pubblica non è impossibile: il governo Renzi, per esempio, era riuscito a ridurla di oltre 30 miliardi nell’arco di tutta la durata dell’esecutivo, ma con quelle risorse erano state coperte buona parte delle misure economiche del governo, non solo una, peraltro proposta da una forza politica che sarebbe probabilmente di minoranza all’interno di un eventuale governo di Centrodestra.

Un modo efficace per ridurre la spesa pubblica è quello di renderla più efficiente, per esempio riformando la pubblica amministrazione. Guardando alle scelte di Forza Italia nel decidere le sorti del governo Draghi, però, il partito risulta poco credibile nel portare avanti una politica di questo tipo. La riforma della Pa, infatti, era in mano al ministro Renato Brunetta. Il partito di Silvio Berlusconi, anziché difendere il governo e la sopravvivenza del ministero incaricato della riforma, ha preferito contribuire alla caduta dell’esecutivo e rinunciare a portare a termine la riorganizzazione della pubblica amministrazione. È difficile credere, dopo questi eventi, che la riforma della Pa sia in cima all’agenda del partito in caso di vittoria alle elezioni.

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