Non solo fecero installare barriere fonoassorbenti “attaccate col Vinavil“, motivo per cui vennero arrestati a novembre 2020 con le accuse di attentato alla sicurezza dei trasporti e frode in pubbliche forniture. Ma, secondo l’accusa, l’ex amministratore delegato di Autostrade Giovanni Castellucci e i suoi stretti collaboratori – l’ex direttore centrale operazioni Paolo Berti, l’ex direttore manutenzioni Michele Donferri Mitelli e l’ex direttore del primo tronco Stefano Marigliani – tentarono anche di truffare lo Stato, e in particolare il ministero delle Infrastrutture, facendosi rimborsare quegli interventi spacciati per migliorie apportate alla rete. È uno dei dettagli che emergono dal decreto di fissazione dell’udienza stralcio (in cui si deciderà quali intercettazioni saranno depositate al processo) dell’indagine “bis” sulle autostrade italiane, frutto della riunione di tre fascicoli aperti dopo il crollo del ponte Morandi: quello sulle barriere fonoassorbenti difettose, quello sui falsi report sui viadotti e quello sulle condizioni delle gallerie, aperto dopo il crollo parziale della volta della galleria Berté, sull’autostrada A26, il 30 dicembre del 2019.
Gli indagati sono 56, in gran parte tecnici e dirigenti di Aspi e Spea (la controllata che si occupava delle manutenzioni) imputati anche nel processo per il crollo del Morandi. L’udienza stralcio è stata fissata a giovedì 20 ottobre. Nel decreto emesso dal gip Angela Nutini si legge che Castellucci, Donferri, Berti e Marigliani sono “indagati, allo stato degli atti”, anche per tentata truffa ai danni dello Stato, in quanto, “dal novembre 2017 al novembre 2019”, hanno “concorso nella realizzazione di artifici e raggiri, consistenti nel far figurare di avere realizzato interventi migliorativi delle barriere apposte sulla rete autostradale, atti idonei e diretti in modo non equivoco ad indurre in errore personale del ministero delle Infrastrutture e Trasporti circa il rimborso dei costi sostenuti per tali interventi, cosi da procurarsi un ingiusto profitto con pari danno per lo Stato, non riuscendo nell’intento per cause indipendenti dalla loro volontà”.
Non solo: i pm Walter Cotugno e Stefano Puppo accusano di rifiuto d’atti d’ufficio e omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro l’ingegner Mirko Nanni, successore di Marigliani a capo del primo tronco autostradale, perché non rispettò le prescrizioni della Commissione permanente delle gallerie (organo di Ansfisa, l’agenzia nazionale per la sicurezza delle infrastrutture) che il 6 novembre 2019, meno di due mesi prima del crollo della Berté, gli imponeva di “chiudere le gallerie comprese nel territorio gestito dalla direzione Primo Tronco di A.S.P.l. S.p.A. e prive dei requisiti minimi di sicurezza“. Inoltre, secondo l’accusa, Nanni “faceva mancare opere di mantenimento della funzionalità delle gallerie comprese nel territorio gestito dalla Direzione Primo Tronco, non adempiendo agli obblighi derivanti dai contratti di fornitura di servizi”, e rifiutò, sia nel 2020 che nel 2021, di “fare eseguire le ispezioni delle gallerie” imposte dal ministero. Per questo è accusato anche di attentato alla sicurezza dei trasporti.