Dall'inizio della campagna elettorale il centrosinistra ha rivendicato il suo atlantismo da contrapporre a un ipotetico blocco pro-Putin e Orban. E' la questione intorno alla quale Letta e Calenda hanno discusso per giorni, costruendo e disfacendo la loro alleanza. Ma serve a costruire consensi? Il sondaggista Antonio Noto è lapidario: "Le elezioni in Italia non sono mai state vinte o perse per la politica estera". Alessandro Campi: "Quello che si legge sui giornali non so quanto corrisponda al sentimento degli italiani". Piero Ignazi: "Francamente dubito che l'elettorato si scateni su questi aspetti"
“La nostra grande preoccupazione è che dentro quella coalizione ci sono gli amici di Putin“. “La scelta è fra gli amici di Orban e Putin e chi ha lavorato per l’Europa della solidarietà”. Calenda “avvantaggia la destra che è contro Draghi, filo Putin e spesso anti euro”. “Calenda ha iniziato la sua campagna elettorale per consegnare l’Italia alla destra alleata di Putin e Orban”. Il giorno dopo la rottura del patto tra Azione e Pd, i principali esponenti del Partito democratico hanno rilanciato la corsa al voto del 25 settembre battendo sulla politica estera e le garanzie di atlantismo ed europeismo. Fin da subito, d’altronde, Enrico Letta ha diviso il mondo tra “noi o Meloni“. “Non vogliamo che l’Italia finisca tra un partito che sceglie Orban e un altro che apprezza Putin“, diceva il segretario il 3 agosto al Corriere della Sera. Questa convinzione, la divisione tra un sedicente blocco pro-Nato e un ipotetico blocco pro-Putin, è diventato un pallino del centrosinistra per tutto questo inizio di campagna elettorale. Ma quanto interessa davvero agli elettori italiani? “Conta zero“, è la lapidaria risposta di Antonio Noto. A ilfattoquotidiano.it il direttore di Noto Sondaggi spiega: “Le elezioni in Italia non sono mai state vinte o perse per la politica estera, né per il posizionamento dell’Italia nello scacchiere internazionale”. “Quello che conta, quello che crea consenso, sono i temi come le tasse, il lavoro, l’economia”, sottolinea Noto. Per il politologo Alessandro Campi, professore all’università di Perugia, questa “drammatizzazione dello scontro” tra filo-atlantisti e filo-putinisti “è il segnale della povertà del dibattito politico, l’incapacità che hanno i partiti di elaborare programmi e strategie da offrire agli elettori”. Anche il politologo Piero Ignazi sottolinea come “non sembra un argomento forte sul quale fare campagna elettorale. Non credo che questo tema possa mobilitare più di tanto”.
Eppure, l’atlantismo è stata la questione intorno alla quale Letta e Calenda hanno discusso per giorni, la ragione fondante del loro patto poi andato in macerie. “La scelta è tra l’Italia che sta tra i grandi paesi Ue e quella che sta con Orban e Putin“, diceva lo stesso leader di Azione il 2 agosto. Poi ha motivato la sua rottura col Pd (anche) con argomenti di politica estera: “Come fa una persona che si definisce atlantista a stare con chi vota contro la Nato e fa tutto contro l’Europa e contro l’agenda Draghi”, ha detto al Tg5, criticando la decisione di Emma Bonino di rimanere con il Pd, nonostante l’accordo elettorale con Sinistra italiana e Verdi. Invece PiùEuropa ha ribadito l’adesione a una coalizione che ha “collocazione europea e atlantica“. Di blocco occidentale parla Calenda, di pericolo putinista parla pure Luigi Di Maio. E soprattutto il Pd: lo dimostrano le affermazioni pronunciate questa mattina da Simona Malpezzi, presidente dei senatori, Debora Serracchiani, capogruppo Pd alla Camera, Nicola Zingaretti, governatore del Lazio, e Marco Meloni, coordinatore della segreteria Pd. Tesi e concetti che trovano spazio sui giornali e in televisione, ma che secondo Antonio Noto non interessano agli elettori: “Quando si vota per le elezioni politiche i temi sono altri, la politica estera non è stata mai un tema fondamentale”.
“Nessuno in Italia è contro la Nato” – Il sondaggista sottolinea anche un altro aspetto: “La maggioranza degli italiani è contro l’invio delle armi in Ucraina, ma questo non vuol dire che la maggioranza degli italiani sia filo-Putin, anzi il contrario”. Per Campi, la divisione tra pro-Nato e pro-Putin è “strumentale e pericolosa” perché “lascia intendere che alcune formazioni lavorino scientemente per il ‘nemico‘”. Ignazi è ancora più netto: “Nessuno in Italia è contro la Nato. Nessuno vuole uscire dalla Nato”. Il politologo ed editorialista di Domani però aggiunge: “Nei confronti della Russia la questione è diversa: c’è una propensione pro-Russia del partito di Salvini che non ha ancora rotto i rapporti con il partito di Putin, Russia Unita. Un gemellaggio non grave, ma gravissimo. E poi ovviamente il rapporto di Berlusconi con Putin che è sempre stato molto compiacente“. “Nel centrodestra l’unico attaccabile su questo terreno mi sembra Salvini: nella Lega ci sono suggestioni e simpatie per Putin, anche conclamate”, sottolinea anche Campi. “Però – prosegue – mi sembra che anche Salvini alla fine, per pragmatismo e per convenienza, abbia aderito a una posizione ‘occidentalista’”.
“L’elettorato è sintonizzato su altro” – Anche per quanto riguarda le posizioni in Europa, spiega Ignazi, il ragionamento non cambia: “Che all’interno del centrodestra ci siano due componenti euroscettiche lo sappiamo. La destra è sempre stata euroscettica. Ma sono temi che l’opinione pubblica non sente in maniera così forte. Se ci fosse una questione mobilitante, per esempio legata ai finanziamenti europei, allora potrebbe cambiare qualcosa. Ma francamente dubito che l’elettorato si scateni su questi aspetti”. Quindi, rimarcare atlantismo ed europeismo contro “gli amici di Putin” può essere “un elemento di polemica da campagna elettorale – afferma Ignazi – che a mio avviso porta tuttavia a un livello limitato di attenzione da parte degli elettori. Questa è la mia sensazione”. Forse i politici sono tratti in inganno dall’ampio spazio che questo dibattito trova sui giornali e in tv? “Da parte dei politici ci sono una serie di percezioni errate, non solo questa. Penso che molti politici non abbiano le idee chiare. E anche molti giornalisti”. Sullo stesso punto insiste anche Campi: “Questo gioco a drammatizzare lo scontro è l’espediente al quale si ricorre quando non si hanno idee proprie da portare all’attenzione degli elettori”. “Ci si inventa questa divisione geopolitica tra un blocco atlantista e un blocco filo-putinista – prosegue il suo ragionamento – ma mi chiedo se poi questa cosa sia funzionale: spesso i partiti fanno calcoli sbagliati, investono le loro risorse propagandistiche in temi che non vengono percepiti come interessanti dagli elettori. Secondo me, questo è un caso tipico. Quello che si legge sui giornali o si sente nelle dichiarazioni pubbliche non so quanto corrisponda al sentimento degli elettori, che forse sono sintonizzati su altri temi e su altri argomenti”.
“I temi che contano sono tasse e lavoro” – In questo senso, le parole di Noto sono chiare: “Il tema internazionale è un tema molto scivoloso dal punto di vista dell’aggregazione del consenso. Quello che conta sono i temi come le tasse, il lavoro, l’economia. Con una new entry, di cui invece nessuno parla: la sanità pubblica, un argomento esploso con il Covid. Filo-Putin, filo-Ucraina, filo-Nato? Sono temi da addetti ai lavori, ma nella realtà non sono temi forti”. Il direttore di Noto sondaggi cita anche un dato: “Solo il 10% degli italiani segue attentamente la politica: è l’elettorato che già sa chi deve votare. L’altro 90% degli italiani, tra cui ci sono gli indecisi, fa riferimento molto di più a quello che accade in Italia piuttosto che alla posizione dell’Italia rispetto ai fatti internazionali“. Campi, inoltre, pone l’attenzione su un punto: “Il Pd da una parte e FdI dall’altra, peraltro, hanno entrambi una posizione di adesione perfino eccessivamente acritica al blocco atlantista e occidentale. Nella migliore delle ipotesi ci sono delle divisioni trasversali, ma anche una non uniformità assoluta di posizioni in politica estera non è per forza un tradimento. Certe posizioni in Italia, anche a sinistra, hanno un radicamento antico. Io non mi ci riconosco, ma non si possono criminalizzare. Non deve passare l’idea che ogni voce dissenziente diventa pericolosa perché attenta all’integrità del Paese”.