“Ci inchiniamo profondamente di fronte alla testimonianza della vita e della morte di Edith Stein, illustre figlia di Israele e allo stesso tempo figlia del Carmelo. Suor Teresa Benedetta della Croce, una personalità che porta nella sua intensa vita una sintesi drammatica del nostro secolo, una sintesi ricca di ferite profonde che ancora sanguinano, ma per la cui cura, fino ai giorni nostri, continuano a impegnarsi uomini e donne consapevoli della loro responsabilità; nello stesso tempo la sintesi di una verità piena al di sopra dell’uomo, in un cuore che rimase così a lungo inquieto e inappagato, fino a quando finalmente trovò pace in Dio”. Così si espresse san Giovanni Paolo II beatificando Edith Stein nel 1987. Undici anni dopo, nel 1998, fu sempre Wojtyla a canonizzarla e l’anno successivo la proclamò compatrona d’Europa insieme alle altre sante Brigida di Svezia e Caterina da Siena.

Edith Stein nacque a Breslavia, all’epoca capitale della Slesia prussiana e oggi in Polonia, il 12 ottobre 1891 da una famiglia ebrea di ceppo tedesco. A 14 anni divenne agnostica. Successivamente studiò filosofia a Gottinga, diventando discepola di Edmund Husserl, il fondatore della scuola fenomenologica. Si conquistò subito la fama di studiosa brillante. Nel 1921 si convertì al cattolicesimo, ricevendo il battesimo l’anno successivo. Insegnò per otto anni, dal 1923 al 1931, a Spira e poi, nel 1932, all’Istituto pedagogico di Monaco, in Westfalia. Ma la sua attività venne sospesa dopo circa un anno a causa delle leggi razziali. Nel 1933 entrò come postulante al Carmelo di Colonia e assunse il nome di suor Teresa Benedetta della Croce. Il 2 agosto 1942 venne prelevata dalla Gestapo e deportata nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau dove il 9 agosto successivo, esattamente 80 anni fa, morì nella camera a gas.

Sostenitrice del diritto di voto per le donne, scrisse di sé: “Quale ginnasiale e giovane studente fui una radicale femminista. Persi poi l’interesse a tutta la questione. Ora sono alla ricerca di soluzioni puramente obiettive”. Durante gli anni accademici, un giorno le capitò di osservare con attenzione una popolana che con la cesta della spesa entrava nel Duomo di Francoforte per fare una breve preghiera. “Ciò – scrisse Edith Stein – fu per me qualcosa di completamente nuovo. Nelle sinagoghe e nelle chiese protestanti, che ho frequentato, i credenti si recano alle funzioni. Qui però entrò una persona nella chiesa deserta, come se si recasse a un intimo colloquio. Non ho mai potuto dimenticare l’accaduto”.

Nelle ultime pagine della sua tesi di laurea “Sul problema dell’empatia”, scrisse: “Ci sono stati degli individui che in seguito a un’improvvisa mutazione della loro personalità hanno creduto di incontrare la misericordia divina”. Edith Stein era legata da rapporti di profonda amicizia con l’assistente di Husserl a Gottinga, Adolf Reinach, e la sua consorte che si erano convertiti alla fede evangelica. Reinach morì in Fiandra nel novembre del 1917 ed Edith Stein si recò a Gottinga per trovare la vedova. “Questo – scrisse – è stato il mio primo incontro con la croce e con la forza divina che trasmette ai suoi portatori. Fu il momento in cui la mia irreligiosità crollò e Cristo rifulse”. E aggiunse: “Ciò che non era nei miei piani, era nei piani di Dio. In me prende vita la profonda convinzione che, visto dal lato di Dio, non esiste il caso; tutta la mia vita, fino ai minimi particolari, è già tracciata nei piani della provvidenza divina e davanti agli occhi assolutamente veggenti di Dio presenta una correlazione perfettamente compiuta”.

Tornano alle mente le parole del cardinale Giacomo Biffi, che fu votato da Joseph Ratzinger nel conclave del 2005, pronunciate nell’omelia della messa per i suoi 80 anni: “La casualità è soltanto un travestimento, è il travestimento assunto da un Dio che vuol passeggiare in incognito per le strade del mondo. Da un Dio che si studia di non abbagliarci con la sua onnipotenza e con il suo splendore e si traveste da caso”.

“Ci inchiniamo oggi – disse Wojtyla beatificando Edith Stein – insieme a tutta quanta la Chiesa di fronte a questa grande donna che d’ora in poi potremo chiamare beata nella maestà del Signore; ci inchiniamo di fronte a questa grande figlia d’Israele, che in Cristo, il redentore, ha scoperto la pienezza della sua fede e della sua missione verso il popolo di Dio. Secondo la convinzione di Edith Stein, chi entra nel Carmelo non è perduto dai suoi, ma è, in effetti, a maggior ragione ritrovato poiché il nostro compito è proprio quello di essere di fronte a Dio per tutti. Dal momento in cui iniziò a capire il destino del popolo di Israele sotto la croce la nostra nuova beata accolse sempre di più il Cristo nel suo profondo mistero di redenzione, per sentirsi in unità spirituale con i molteplici dolori dell’uomo e aiutare a perdonare le ingiustizie di questo mondo che gridano vendetta agli occhi del cielo”.

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