di Michele Sanfilippo
Non ho mai condiviso un solo punto dell’agenda politica di Carlo Calenda. Quando lui e Letta hanno fatto l’accordo del 2 giugno ho pensato: però, ce l’ha fatta a riportare il Pd a centro e ridare vita a qualcosa di molto simile alla vecchia Democrazia Cristiana. Niente che avrei mai votato ma, se non altro, sarebbe stato un riferimento politico non privo di una certa coerenza. Poi Letta s’è scatenato e ha stipulato accordi con chiunque tranne, ovviamente, per quei pericolosi sovversivi del Movimento 5 stelle. Sono entrati tutti: Fratoianni, Bonelli, Di Maio e Tabacci. Mancava solo l’associazione delle Giovani Marmotte ma non è escluso che provi anche con loro.
A questo punto Calenda ha fatto qualcosa che non mi sarei mai aspettato. Ha detto: “No! Quest’ammucchiata non ha alcuna credibilità”. Come ho già detto non condivido il progetto politico di Calenda, che poco si distingue da quello della Confindustria, ma devo ammettere che ha dimostrato una coerenza che mi ha sorpreso. Magari ne avesse anche solo la metà il buon Letta, che non ha capito che occorre riportare al voto gli italiani che non votano più. Trovo difficile che sarebbero tornati per votare quella strana e incoerente minestra riscaldata che si accingeva a propinargli. L’idea di Letta di realizzare una sorta di “comitato di salvezza nazionale” per salvare il paese dalle destre dimostra l’incapacità congenita del Pd di elaborare un progetto politico che sappia dare della politica l’idea di un’attività nobile, svolta per il bene pubblico e torni ad entusiasmare i giovani, in particolare.
Invece è da troppi anni che il Pd offre di sé l’immagine del meno peggio che una volta è Berlusconi, un’altra Bossi o Salvini. Ora la Meloni. Ammetto che questa volta se dovessero avere i numeri per cambiare la Costituzione c’è il rischio che accada quanto già successo in Ungheria (o Polonia). Ma se si vuole sconfiggere un avversario non si può usare sempre l’arma del “io sono meno peggio”. Ci vuole un progetto politico.
A questo proposito, ricordo una frase di uno dei discorsi finali, prima delle elezioni del 2013, fatto da Pierluigi Bersani, allora segretario dei Ds, e che contrariamente ad ogni previsione riuscì a “non vincere”. Beh, parlando della ricetta con cui avrebbe condotto il paese, disse: “…insomma un po’ di questo e un po’ di quello”. Mamma mia che eloquenza!
Letta si sa esprimere decisamente meglio del buon Bersani ma dietro queste trattative si intravede esattamente la stessa idea: un po’ di questo e un po’ di quello. Non credo che si possano battere le destre con queste idee (sempre che si possa parlare di idee). Sono e resto convinto che serva una forza di sinistra capace di elaborare un programma che metta in testa l’ambiente, il lavoro, l’equità sociale e la giustizia, portato avanti da persone capaci, credibili e oneste, che possa trovare ampio riconoscimento in quella grande parte del paese che non vota più.