Dopo il chiarimento delle ultime ore da parte della leader di Fratelli d'Italia, interviene anche il cantautore: "Adesso la finirete di dire stro***te?"
I messaggi che Morgan e Giorgia Meloni si scambiano continuano a suscitare curiosità. Dopo che, nelle scorse ore, la leader di Fratelli d’Italia ha chiarito la natura di quello scambio (“L’altro giorno mi ha scritto di essere attenti al linguaggio nel programma, da lì è diventato che scrive il programma di Fratelli d’Italia”), ora è lo stesso Morgan a replicare a chi si interroga sul perché di quegli sms.
In una dichiarazione all’Adnkronos il cantautore spiega: “Ho scritto personalmente a Giorgia Meloni le mie critiche pesanti al programma del suo partito. Ho letto per caso quel programma e ho fatto le mie contestazioni via whatsapp dicendole che il vocabolario usato è fondamentale e che i ‘manganelli verbali’ non pagano. Adesso la finirete di dire stro***te?“. E aggiunge: “Non voterò per la Meloni, sono un anarchico”. Anche se, osserva, è “molto meno snob” di tanti altri politici. “Se la tira meno”.
Ma chi vedrebbe bene Morgan a Palazzo Chigi? “Vorrei De Gregori o Fossati!”. Questo perché, spiega lui, “i cantautori hanno sempre fatto politica, anzi direi che sono gli unici a farne di vera”. Ecco allora il governo dei sogni dell’artista: “Avrei sempre voluto Fabrizio De Andrè o Franco Battiato, Francesco De Gregori e Ivano Fossati alla presidenza del consiglio, e Paolo Conte alle Giustizia, Carmen Consoli alle politiche per il mezzogiorno, Mauro Pagani o Vecchioni alla cultura, Angelo Branduardi all’istruzione, e Jovanotti al turismo, Gianna Nannini alle pari opportunità, e Zucchero agli Esteri, e Francesco Guccini, e Edoardo Bennato, e Renato Zero, e Vasco Rossi eccetera eccetera, persone intelligenti, lucide, coi piedi per terra, esseri culturali e accesi sul mondo, dialoganti, sensibili, autonomi e in ascolto”, sottolinea.
I cantautori, rivendica l’ex Bluvertigo, sono gli unici “a sapere realmente dialogare con le persone e a captare i loro bisogni più profondi, perché sono allineati col cuore e perché mantenendosi con la musica non hanno bisogno di attingere alle casse dello Stato. Anche quando non sono andati in Parlamento – prosegue – i cantautori sono sempre stati i rappresentanti democraticamente scelti dal popolo, e i messaggi che lanciano dai palchi sono molto più di comizi, perché sono liberi, sono le chiavi di lettura delle loro opere, le canzoni, che sono la più potente forma di arte in assoluto, sono il più importante nutrimento dell’anima di un essere umano”.