Si chiama Village Naturiste, detto anche “libertine”, e propone una movida davvero “hot” non solo per la temperatura che sta infuocando questo mese di agosto. Il nostro reportage
C’è una Cap D’Agde ordinaria e una straordinaria. Per non dire trasgressiva, termine usato spesso a significare qualsiasi cosa. La prima è meta di famiglie con passeggini al seguito che in questa torrida estate raggiungono la costa francese occitana in cerca di un po’ di brezza. La seconda è meta di famiglie naturiste, ma dagli anni ’90 anche di scambisti da tutta Europa. Si chiama Village Naturiste, detto anche “libertine”, e propone una movida davvero “hot” non solo per la temperatura che sta infuocando questo mese di agosto.
È mezzanotte quando arriviamo ai cancelli di ingresso di questa vasta area che si sottrae a qualsiasi sguardo indiscreto. Protetta da strutture e vegetazione. Da fuori si vede solo un grande parcheggio. “Possiamo dare un’occhiata dentro?” – “Certo. Bisogna fare il biglietto d’ingresso”, risponde la receptionist all’accoglienza. Costa solo 10 euro a testa entrarci a piedi, con 5 euro in più per l’eventuale auto. “Per quanto tempo?” – “Anche per tutta la notte”. Ma, ovvio, ci vogliono i documenti. E non si possono scattare foto. Decidiamo allora di fare un giro all’interno. Per dare un’occhiata all’intrattenimento proposto e per capire se le varie testimonianze di chi ci è stato sono confermate: “Leggendario”, “Pazzesco”, “Un viaggio nella trasgressione”.
Nel villaggio resort ci sono hotel, un campeggio naturista, un cinema, appartamenti di lusso, piscine, sauna, locali, ristoranti, negozi e naturalmente spiagge. Il tutto destinato a chi condivide la filosofia naturista. Tanto che in alcuni spazi è d’obbligo la nudità. Ma non solo. Specialmente in estate il villaggio, nato negli anni ’60 dal campeggio naturista Renè Oltra, diventa la vacanza privilegiata dei trasgressivi estremi. Con club privé per tutti i gusti e orientamenti. Quanto costa un appartamentino? In media 200 euro a notte in alta stagione.
Quando entriamo sembra tutto normale. Davanti al porticciolo turistico la gente siede tranquilla a cena nei bistrot. Ai tavoli vengono servite le moules, le cozze alla marinara, con birra e buon vino. Il vociare allegro di gruppi di amici è familiare come in qualsiasi altro posto. Dal Salento alla Costa Azzurra. Però, a ben guardare, qualcosa non quadra. Sono dettagli fuori posto. Surreali. Si notano solo mettendo a fuoco. Sarebbe folle vedere infatti nel déhor di un qualsiasi ristorantino, in mezzo a gente vestita, qualcuno che mostra una metà di sé completamente nuda. Qua mancano gli slip, là manca il reggiseno. Ancor più in là una donna è insaccata nuda in una rete nera a maglie larghe. Dal petto fino alle ginocchia. Con tacco 12. Il suo compagno? Ha un tanga verde fosforescente. Che fanno? Nulla di straordinario. Se non cenare vestiti (o svestiti) così. Se fossimo al Biffi di Milano o in un ristorante di coquillage a Cannes qualcuno chiamerebbe subito la polizia. Per il decoro.
Mentre proseguiamo in direzione del centro del villaggio, una struttura di appartamenti con terrazze a formare un cerchio, le mise di chi incrociamo sono sempre più appariscenti. E anche contrastanti fra loro. Coppie mano nella mano, lei vestita, lui nudo o viceversa, che usano la bicicletta per spostarsi. Un lui di lei al guinzaglio. Coppie vestite come se andassero a teatro passeggiano tranquille, fra maschi borchiati e femmine coperte solo di paillette e brillantini che nella notte fanno da segnaletica.
Seri, sereni, camminando come per fare la spesa ci sono anche i nostri genitori. Forse anche i nonni. Con il pareo e le ciabatte da mare. Devono essere i veri naturisti. Quelli che abitano lì tutto l’anno e vivono la libertà del corpo in senso globale come scelta di vita.
Il resto è molto scenografico. Sulla strada più in alto, che collega i locali al percorso su cui affacciano le terrazze dei monolocali, si intravedono luci soffuse. Una parete bondage dietro le tende bianche è ancora inanimata. Risate, gemiti e gridolini provengono dagli interni. La gente che guarda giù verso la movida è gentilissima. Come capita di rado.
Raggiungiamo la bolgia dei locali. Dove si scherza, si parla tedesco, spagnolo, francese, italiano. Si fa gruppo. Le tavolate e i tavolini intimi. Le coppiette innamorate a lume di candela e i gruppi di vario orientamento sessuale. Un tizio, vestito da Napoleone ma solo con giacca e cappello, chiede di passare. Visto il carattere, acconsentiamo. Facciamo passare anche la modella vestita da diavolessa con tanto di corna e giarrettiere rosse. E persino la nudista con il tutore e le stampelle.
Poi, visto il caldo infernale, ci dirigiamo verso l’area negozi di abbigliamento sperando nell’aria condizionata. Forse la Diavola ha comprato lì il suo completo trasgressivo. Che delusione. I negozi sono in gran parte esposizioni di manichini sistemati in qualche modo sotto luci al neon. Pizzi e merletti, borchie e catene, frange e reti di tutti i colori sono proposti con la stessa cura dei discount cinesi. Squallidi e senza stile. C’è persino una pattumiera da cui sbucano scarpe usate, pitonate. Davanti al Qakc, locale Lgbt+, c’è ressa. Ragazzi con borchie e tutine trasparenti, aperte dove non batte il sole. Un po’ di spintoni e siamo davanti al Tantra. Un locale per scambisti dove per entrare bisogna indossare pantaloni lunghi e camicia per lui e abbigliamento sexy per lei. “Ma se sono tutti mezzi nudi?”, ci chiediamo. “Il dress code è questo”, fa presente l’energumeno della sicurezza. Il biglietto di ingresso costa 30 euro a coppia con consumazione, 60 per i single.
Torniamo alla strada principale. Fra pirati, parrucche fucsia o platino, bigiotteria gigante e reti di tutte le fogge, ordiniamo una birra. La domanda che ci poniamo è: “Non c’è nessuno che fa sesso en plein air nel villaggio libertino?”. No. Il regolamento parla chiaro. Non sono permessi atti osceni o volgari. Ci abitano anche famiglie di naturisti. E comunque vige la legge nazionale. A parte qualche eccezione. Come la Baie des cochons (Baia dei maiali), dove la Capitaneria di porto si dice che abbia rinunciato a fare multe e chiuda un occhio. Ma non sempre. Il rischio è per chi azzarda. Non arriviamo fin lì. Raggiungiamo però la spiaggia più vicina. L’atmosfera mentre camminiamo cambia. La brezza inaspettata, il mare, le villette dei residenti con tanto di cassette postali ci danno un senso di familiarità. Un cartellone immobiliare di vendita recita: “Locazioni di eccezione. Telefonare”. Sembra un altro mondo. Non quello dell’esibizionismo trasgressivo ma quello di chi ama svegliarsi guardando il mare e poi andare a prendere il caffè come mamma lo ha fatto.
Stanchi dopo aver camminato per due ore, rinunciamo a proseguire oltre. Allora torniamo in direzione dell’ingresso e ripassiamo dalla movida. Nel frattempo l’atmosfera è diventata rovente. In uno dei locali all’aperto c’è gente che fa la pole dance in eco pelle nera. La folla è incredibile e anche la fila per entrare. La vita notturna comincia adesso. Ce ne andiamo. Contenti di aver dato un’occhiata superficiale. Ma prima di uscire, sulla porta, ci assale un dubbio: “Forse dovremmo restare?”.