di Giuseppe Caserta

Essere di sinistra oggi non è tanto una questione politica ma, oserei dire, da psicoanalisi con patologie da far impallidire quelle legate ai traumi post lockdown. Si passa dall’ansia, alla difficoltà di concentrazione fino a sprofondare allo smarrimento, alla confusione arrivando nei casi più gravi ad una vera e propria depressione.

Può, quello che scrivo, sembrare esagerato agli occhi dei cosiddetti liberal-riformisti-progressisti-riformatori, ma provate per un momento a mettervi nei panni del povero elettore di sinistra che ha sempre creduto in valori quali l’uguaglianza, la giustizia sociale, la difesa degli sfruttati e adesso pensate qual è l’offerta che il panorama politico italiano gli propone.

Il Pd oramai è ufficialmente la nuova Democrazia Cristiana. In fondo Letta & C. provengono da quella storia e hanno nel loro Dna una visione della politica intesa come potere fine a stesso e per raggiungere il quale sono disposti a qualunque tipo di compromesso e mediazione. Accettano compagni di viaggio di qualunque tipo e provenienza pur di raggiungere la stanza dei bottoni. Stringono un “patto di programma” con la Bonino (la donna più sopravvalutata della storia repubblicana), “un accordo elettorale” con Fratoianni e un “patto di collegamento” con Di Maio. Terminologie ed espressioni da far impallidire le famose “convergenze parallele” di Aldo Moro. Quella poca sedicente “sinistra” all’interno del Pd e all’esterno (vedi Articolo 1, Sinistra Italiana, Verdi etc..) ha perso oramai qualunque credibilità agli occhi di coloro che un tempo erano la sua classe sociale di riferimento.

Alle manifestazioni al fianco dei lavoratori licenziati su WhatsApp, alle battaglie contro lo smantellamento della sanità pubblica o contro lo sfascio della scuola, preferisce i Pride, i tweet da Capalbio contro chi mangia l’agnello a Pasqua o partecipare a convegni in Costa Smeralda sul sessismo della lingua italiana e sull’uso dell’asterisco egualitario. Il loro nemico peggiore non è chi paga 2 euro all’ora un operatore di un call center, ma il pensionato o l’operaio proprietari di una Panda diesel vecchia di 20 anni che non si rassegna a spendere 50.000 euro per un’auto elettrica. L’avversario da battere non è chi porta i propri capitali nei paradisi fiscali, ma l’abitante delle periferie milanesi o romane accusato di “razzismo” solo perché non accetta il degrado sociale in cui è costretto a vivere dopo che gli hanno portato sotto casa un campo rom o un fatiscente centro di cosiddetta “accoglienza”.

Ci sarebbero i 5 stelle che, ad onor del vero, sono stati gli unici a mettere in primo piano tematiche di sinistra come il salario minimo garantito e il reddito di cittadinanza, ma sono anche coloro che hanno permesso a personaggi come Di Maio, Paragone, Cingolani e lo stesso Beppe Grillo di finire sotto i riflettori della politica italiana, senza dimenticare che hanno governato l’Italia ininterrottamente durante l’intera legislatura passando dalla Lega, al Pd e Forza Italia senza soluzione di continuità mostrando capacità trasformistiche degne del miglior Mastella.

A poco più di un mese dalle elezioni questo è quello che ha di fronte l’elettore italiano di sinistra. Non gli resta altro da fare che tenersi la sua depressione e astenersi dal voto lasciando che l’annunciato trionfo della Meloni si compia ma con un’inconfessabile piccola speranza: visto che alcune volte i miracoli accadono, vuoi mai che poi scopriamo che la Giorgia nazionale è più di sinistra di Letta?

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