“Il ricorso proposto da Pumex Spa in liquidazione contro Regione Siciliana – Assessorato Regionale Beni Culturali e Identita’ Siciliana, Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Messina … deve essere accolto”, con il conseguente duplice annullamento innanzitutto del “D.D.G. del 13.10.2021 adottato dal Dirigente Generale dell’Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana della Regione Siciliana – Dipartimento dei Beni Culturali, con cui l’area ex Cava di pomice … sita nel Comune di Lipari, è stata dichiarata di interesse storico ed etnoantropologico …”. Annullata anche “la nota del 12.10.2021 della Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Messina, di trasmissione all’Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana della Regione Siciliana – Dipartimento dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana – Servizio Tutela e Acquisizioni – con cui la Soprintendenza riconosce l’area ex cava di pomice come sito minerario di interesse storico ed etnoantropologico”.
Così la sentenza del Tar per la Sicilia, sezione staccata di Catania, che ha evidenziato come “in maniera del tutto impropria la decisione dell’apposizione del vincolo sarebbe stata presa, in sostanza, dal Presidente della Regione, organo politico, e non dall’Assessorato competente”. Non è tutto. “In ogni caso, il provvedimento sarebbe stato adottato senza esaminare effettivamente gli atti istruttori, come dimostrato dal fatto che la sua adozione da parte del Dirigente Generale dell’Assessorato regionale BB.CC. era avvenuta in data 13.10.21, pur essendo stati inviati gli atti istruttori in data 12.10.21, ovvero solo il giorno prima”. Insomma il vincolo etnoantropologico sull’intera area delle cave di pomice, in contrada Porticello dell’isola di Lipari non poteva essere apposto.
La Regione, condannata al pagamento delle spese legali, è probabilmente costretta a rivedere il progetto di recupero ambientale delle aree e la valorizzazione dell’ex complesso produttivo, con la realizzazione del Museo della pomice e del Parco geominerario sul quale si ragiona, tra proposte di riutilizzo, sequestri e dismissioni, da almeno 16 anni. Ovvero a partire dal 2006, quando i soci privati, detentori delle concessioni, proposero un piano di valorizzazione vincolato al mantenimento delle attività estrattive, con la creazione di una Scuola di formazione con dipartimento distaccato di Vulcanologia e un Museo della Pomice. Ma, intanto nell’agosto del 2007 l’intero stabilimento, di proprietà della Pumex, venne sequestrato dalla magistratura e nel luglio 2010, avviata la procedura di concordato preventivo, venne revocato nel maggio 2015 dal tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto che dichiarata fallita la Pumex. All’inizio del 2021 iniziarono le operazioni di dismissione delle strutture industriali e la vendita “a peso” del metallo. In precedenza, a settembre 2014, su richiesta dell’amministrazione comunale, venne istituito un tavolo tecnico per la redazione di una proposta di Riqualificazione delle Aree di Cava composto da Associazioni e coordinato da Alessandro La Cava come esperto delegato dal sindaco. Ancora, a novembre 2016 il Politecnico di Milano Dipartimento di Architettura e Studi Urbani e dalla Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni, con la collaborazione del Comune di Lipari, organizzò un Workshop proprio intorno al tema del recupero delle cave di pomice di Lipari. Tutte proposte. Finché alla fine di giugno 2021, la delibera del governo Musumeci stabilì la nascita del Museo e del Parco geominerario della pietra pomice. In attesa di verificare l’esistenza di eventuali ostacoli burocratici legati alle ultime vicende della cava, l’assessore regionale ai Beni culturali Samonà incaricò la Soprintendenza di Messina di effettuare un sopralluogo tecnico, ad Acquacalda e Porticello, per verificare lo stato del vecchio mulino e degli stabilimenti. “L’obiettivo – evidenzia l’assessore – è realizzare un Museo e anche un Parco geominerario con funzione didattica, per conservare la memoria e la storia dei luoghi e testimoniare il processo estrattivo e la storia della pomice attraverso foto, documentazioni, testimonianze, oggetti e ricostruzioni del ciclo di lavorazione. Un obiettivo che il nostro governo intende perseguire in collaborazione con l’associazionismo locale e con l’università messinese”.
Ad aprile scorso ecco la delibera della giunta regionale su proposta del Presidente Musumeci, all’acquisto dell’area (dell’ex cava di Pomice). Compresa la copertura finanziaria necessaria, pari a 4,5 milioni di euro, come stimato dai dipartimenti regionali dell’Energia, Tecnico e dei Beni culturali. “Il governo regionale – sostenne Musumeci – conferma il proprio impegno perché l’antico patrimonio storico dell’estrazione della pomice e dell’ossidiana sull’isola, di rilevante valore, non si disperda, ma anzi venga adeguatamente tutelato e valorizzato. Il prossimo passo sarà l’atto notarile e poi via all’affidamento dei progetti: quello contro il dissesto dell’area e quello dello spazio museale. Si tratta di una delle più importanti operazioni di recupero ambientale e di archeologia industriale”. Un progetto che la recente sentenza del Tar sembrerebbe rendere irrealizzabile. La Soprintendenza Beni Culturali e Ambientali di Messina, contattata da Ilfattoquotidiano.it per avere qualche delucidazione, ha preferito non rispondere. A differenza del sindaco di Lipari, Riccardo Gullo, secondo cui la valorizzazione dell’area dell’ex cava di pomice progettata dalla Regione potrebbe ancora essere realizzata. Della serie non tutte le sentenze vengono per nuocere.