Produzione ed export di petrolio russo sono in recupero e sostanzialmente sugli stessi livelli precedenti all'invasione dell'Ucraina. Il calo della domanda occidentale e giapponese è stata compensata da quella di Cina, India e Turchia. Per i prossimi mesi l'Agenzia si attende un aumento della domanda di petrolio, favorita anche dalla decisione europea di ridurre del 15% il consumo di gas
“Per quanto riguarda la Russia, abbiamo rivisto al rialzo la nostra proiezione a causa dell’impatto sinora limitato delle sanzioni statunitensi ed europee che hanno sostanzialmente frenato l’offerta. Gli acquirenti asiatici sono intervenuti per trarre vantaggio dal greggio a buon mercato e importano volumi più elevati”. È quanto scrive l’Agenzia internazionale dell’energia, struttura di emanazione Ocse, nel suo report mensile sul mercato petrolifero. Stando ai dati dell’Agenzia l’export di greggio e di prodotti raffinati dalla Russia a Stati Uniti, Europa, Giappone e Corea del Sud è diminuito di 2,2 milioni di barili al giorno (su una produzione russa di circa 10 milioni di barili). Tuttavia l’incremento delle importazioni da parte di India, Cina, Turchia ed altri paesi ha quasi del tutto compensato il calo. Inoltre dal 24 febbraio ad oggi le quotazioni del petrolio si sono mantenute al di sopra dei valori pre-invasione (rivisti solo negli ultimi giorni) assicurando alla Russia ingenti introiti nonostante il temporaneo ridimensionamento dei volumi di vendita. Ogni giorno Mosca incassa circa un miliardo di euro dalla vendita di idrocarburi.
In luglio la produzione di petrolio russa è salita a 10,8 milioni di barili al giorno, solo 310mila in meno rispetto ai valori precedenti all’inizio del conflitto in Ucraina. Le esportazioni sono inferiori di soli 518mila barili. Nei primi giorni di agosto, secondo i dati del ministero dell’Energia russo, la produzione è ulteriormente salita. L’embargo europeo entrerà pienamente in vigore tra quattro mesi. Da quel momento l’Aie si attende in effetti un impatto più consistente sulla produzione russa (fino a 2 milioni di barili/giorno). Ma se nel frattempo Mosca riesce a dirottare i suoi flussi di greggio verso altri paesi i risultati rischiano di essere comunque modesti.
Analisi sui movimenti navali hanno intanto segnalato come di recente sia ripreso il traffico di carichi di petrolio russo nei porti del Mediterraneo, in particolare in quelli di Italia e Turchia. Cina, India ed altri paesi approfittano dello “sconto” con cui viene venduto il greggio russo. Persino l’Arabia Saudita, primo esportatore di petrolio al mondo, ha comprato dei barili di Mosca ingolosita dalla convenienza. Spesso questo greggio viene poi raffinato nei paesi acquirenti e i prodotti rivenduti anche in Europa e Stati Uniti con maggiori margini di profitto. La Cina importa ora dalla Russia 2,1 milioni di barili al giorno, era comunque già da prima della guerra primo acquirente singolo del petrolio russo.
Nel rapporto dell’Agenzia si legge anche come l’aumento della richiesta di petrolio per la produzione di energia elettrica che si sta registrando in Europa e Medio Oriente sia destinato a spingere i consumi di greggio per tutto il 2022 e il 2023, nonostante il rallentamento della crescita economica globale. I prezzi elevatissimi del gas stanno infatti favorendo un ritorno all’utilizzo di petrolio. La domanda è stata quindi rivista al rialzo di 380mila barili al giorno, vicino alla soglia dei 100 milioni di barili al giorno a livello globale. Soglia che dovrebbe essere addirittura superata nel 2023 quando è prevista una domanda di 101,8 milioni di barili. Contribuisce alla spinta dei consumi di petrolio anche la decisione Ue di ridurre del 15% l’utilizzo di gas (per lo più di provenienza russa) da qui al marzo del 2023. Una scelta che comporterà un incremento del consumo di greggio di 300mila barili al giorno.