Eravamo ancora alle prese con l’allarme glifosato, un diserbante cancerogeno di cui risulta contaminata la pasta che arriva sulle nostre tavole (nel 2019 l’americano Edwin Hardeman è riuscito a fare valere il nesso di causalità tra il linfoma non-Hodgkin che gli era stato diagnosticato e l’esposizione trentennale al Roundup, diserbante a base di glifosato prodotto dalla Monsanto), quando a quello si aggiunge ora l’allarme “bombe russe” sui depositi ucraini di grano.
Il primo aprile scorso, l’agenzia Adnkronos riportava la notizia di un soldato russo morto per le conseguenze dell’esposizione alle radiazioni della centrale nucleare di Chernobyl, e di altri 26 ricoverati. L’Aiea – Agenzia internazionale per l’energia atomica – ha poi chiarito che le radiazioni intorno alla centrale sono basse, ma che molto probabilmente il movimento dei mezzi pesanti delle truppe nell’area ha smosso il terreno creando una polvere radioattiva che ha fatto registrare un aumento dei livelli, contaminando così i soldati russi.
Un’idea idiota far muovere mezzi pesanti, tank e scavare trincee in quella zona, ha dichiarato il fisico nucleare Maurizio Martellini interrogato sulla vicenda. In più, i soldati non erano equipaggiati con tute di protezione individuale, per questo sono stati contaminati. Tuttavia, non c’è soltanto la minaccia nucleare; la contaminazione dei soldati russi – ha detto sempre Martellini – è una notizia “totalmente irrilevante rispetto all’enorme contaminazione ambientale dovuta ai bombardamenti giornalieri”.
Ora, se il problema più grande sono i bombardamenti che ogni giorno rilasciano uranio impoverito e altri metalli che inquinano pesantemente l’ambiente (l’uranio impoverito provoca danni al patrimonio genetico umano), le bombe certamente non si possono equipaggiare con tute di protezione al fine di proteggere il terreno e prevenirne la contaminazione. Terreno, quello ucraino, tra i più grandi produttori di grano e altri cereali. Solo nel periodo che va dal 24 febbraio al 15 marzo, la Russia ha lanciato oltre mille missili sul territorio ucraino.
E solo per citare alcune delle notizie degli ultimi giorni: sabato 23 luglio, a poche ore dall’accordo con Mosca per riaprire il porto di Odessa e riprendere le spedizioni di grano in tutto il mondo, due missili Kalibir hanno colpito i silos portuali nei quali, secondo i russi, gli ucraini nascondevano missili appena arrivati dagli Usa.
La notte del 27 luglio, nella regione di Zaporizhzhia nel sud-est dell’Ucraina, i lavoratori setacciavano centinaia di tonnellate di grano di colza per depurarlo da frammenti di razzi, vetro e cemento, dopo che i russi avevano colpito tre magazzini. Sabato 6 agosto, bombe russe nel sud dell’Ucraina hanno mandato in fumo tremila tonnellate di grano. Sempre il 6 agosto, 40 razzi russi sono caduti nella notte vicino alla centrale nucleare di Zaporizhizhia. Ora la domanda delle domande è: se per le conseguenze dell’esposizione alle radiazioni della centrale nucleare di Chernobyl, dopo 36 anni dal disastro, un soldato è morto e altri ventisei sono stati ricoverati per le conseguenze di quella esposizione, cosa accade al grano e altri cereali che si coltivano in Ucraina e vengono esportati in tutto il mondo?
Lo scorso 30 maggio, il comitato per la valutazione dei rischi dell’agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa) ha riabilitato il glifosato classificandolo come non cancerogeno, dichiarando che non esistono prove sufficienti per dimostrare la tossicità e la mutagenicità verso determinati organi. Il glifosato quindi potrebbe continuare ad essere impiegato nelle colture degli Stati membri dell’Ue anche dopo il 15 dicembre, data in cui l’agenzia regolatoria potrebbe rinnovare la licenza d’uso. Tuttavia, nel suo giudizio, la stessa agenzia ha evidenziato che questa sostanza debba continuare ad essere considerata capace di causare gravi lesioni oculari, e tossica per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata.
E se il glifosato – è accertato – provoca danni all’ambiente e all’uomo, lo stesso vale per dell’uranio impoverito. Nella sentenza (Consiglio di Stato agosto 2021) che riguarda un militare tornato da una missione dei Balcani ammalato di cancro, il giudice rileva la “possibile correlazione causale tra il linfoma di Hodgkin (…) sfociato nelle relazioni delle commissioni parlamentari di inchiesta approvate nelle sedute del 12 gennaio 2008 e del 9 gennaio 2013, e l’esposizione a sostanze contenenti uranio impoverito, sovente rinvenibili in ambienti militari e teatri di guerra”.
In conclusione: l’Ucraina è il terzo esportatore di grano duro del mondo; almeno lo era fino a prima della guerra. La vicenda dei soldati russi contaminati ci suggerisce che il problema “radiazioni” da quella parti non è affatto sotto controllo. È folle che Unione europea e governi italiani ‘europeisti’ abbiano costretto gli agricoltori del sud Italia e della Sicilia ad abbandonare circa 600 mila ettari di seminativi (regime agronomico Set-Aside) per fare arrivare il grano duro canadese e ucraino, perché così conveniva all’industria della pasta!
Tuttavia oggi, con la guerra in Ucraina e i cambiamenti climatici, la Ue cambia di nuovo politica agraria e vorrebbe che i seminativi che ha fatto abbandonare venissero di nuovo coltivati. Ma questa Ue ci conviene proprio?