Il Palazzo della Pace si trova a L’Aia, la città costiera dei Paesi Bassi dove la Cina prepara una nuova offensiva, questa volta automobilistica: a fin mese la BYD presenta modelli e piani per lo sbarco nel Vecchio Continente. I costruttori europei dovranno pensare a come difendere il loro “fortino”, visto che l’assedio è già cominciato da tempo e che l’elettrificazione forzata combinata con gli strascichi della pandemia, la carenza di microprocessori e l’invasione russa in Ucraina hanno fatto lievitare i listini e calare le vendite. Molte case hanno annunciato profitti da capogiro malgrado il calo dei volumi, e tuttavia non solo c’è scarsa disponibilità di prodotto, ma le famiglie cominciano a non potersi più permettere auto nuove, ancora meno ricaricabili o elettriche. Non a caso le aziende del Regno di Mezzo puntano proprio su un’offerta non solo sostenibile (dal punto di vista ambientale), ma anche accessibile (dal punto di vista economico).

Nei primi sette mesi dell’anno nel mercato più eco-friendly del mondo, la Norvegia (otto auto su dieci sono a zero emissioni su strada e nove su dieci sono elettrificate), la penetrazione dei marchi cinesi ha sfiorato il 13% tra MG (controllata dalla SAIC, una società pubblica), Volvo e Polestar (Geely) e BYD. Anche Smart è ormai al 50% cinese (joint venture al 50% tra Mercedes e Geely) e il 20% del capitale della stessa casa con la stella è in mano a società cinesi (BAIC e ancora Geely). Nel Regno Unito la sola MG (+76% da inizio anno) ha superato il 3% di quota, che sfiora il 6% considerando anche Polestar e Volvo. In Germania, il più grande mercato europeo, inclusa Lynk & Co (sempre riconducibile alla Geely) la penetrazione è vicina al 2%, leggermente inferiore a quella italiana dove DR (società italiana che importa componenti e fabbrica su licenza di JAC Motors e Chery Automobiles) ha commercializzato 11.580 macchine in 7 mesi (1,5% di share) e Volvo 8.052 (1%).

L’evento di BYD riguarda modelli e strategie a livello continentale: nel primo semestre ha venduto più auto elettrificate (plug-in incluse) di qualsiasi altro costruttore a livello globale, oltre 638.000, 180.000 delle quali a zero emissioni solo nel secondo trimestre contro le 255.000 di Tesla. Già dallo scorso marzo la casa di Shenzhen ha cessato la commercializzazione di veicoli con motori a combustione e forse già entro la fine dell’anno BYD avrà conquistato il primato quale marchio puramente elettrico. Tra le ragioni del successo dei marchi cinesi, che pure scontano ancora una certa diffidenza da parte degli automobilisti, ci sono prezzi, generalmente competitivi, e l’autonomia. Resta il problema del valore dell’usato, ma ai privati che hanno bisogno di un’auto non resta molta scelta: infatti anche Dacia continua a crescere, perché resta accessibile (anche se in gamma ha un solo modello elettrico). La BYD, che è anche fra i primi tre produttori al mondo di celle per batterie, ha già siglato un’intesa con la Hedin per la distribuzione in Svezia e Germania.

Anche la NIO sta affilando le armi per il mercato europeo: la testa di ponte è stata la Norvegia, dove sono state installate le prime stazioni per il cambio della batteria (battery-swap) da quattro minuti. Entro la fine dell’anno la società, che è impegnata anche nella Formula E (per una stagione aveva ingaggiato il pilota italiano Luca Filippi), punta alla Germania per poi espandersi al resto dell’Europa.

I tempi per il debutto sono maturi anche per i marchi “sostenibili” Wey e Ora della Great Wall, che un anno fa all’IAA di Monaco di Baviera aveva esibito sia il suv plug-in Wey Coffee 01 sia la Cat. Seppur con ritardo rispetto ai piani iniziali (prima dell’estate di quest’anno), in autunno scatterà la commercializzazione: in Germania verranno distribuite dalla Emil Frey.

Fra gli altri marchi, in Italia (e in Europa) sono già sbarcate anche la Aiways, la Seres e la Maxus (controllata sempre della SAIC), che si occupa di veicoli commerciali a zero emissioni. L’insediamento della joint venture americano-cinese Silk FAW nella Terra dei Motori emiliana è stato invece ulteriormente posticipato: l’atteso rogito per i terreni di Gavassa, alla periferia di Reggio Emilia, avrebbe dovuto avvenire lo scorso 5 agosto, ma è stato rinviato di un paio di settimane.

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