Una mazzetta da duemila euro nel bagno del proprio ufficio, in ospedale, e altre a casa, nascoste in camera da letto e nell’armadio, dentro le tasche di un giaccone. A prendere tangenti – 21mila euro la somma sequestrata – sarebbe stato Carmelo Mignosa, primario di Cardiochirurgia del Policlinico Rodolico-San Marco di Catania. Il 60enne è stato arrestato dalla guardia di finanza insieme al rappresentante di un’impresa, la Aretè di Trecastagni, con l’accusa di corruzione. Per loro la gip Carla Aurora Valenti ha convalidato l’arresto disposto a caldo dalla procura e applicato la misura cautelare dei domiciliari.
Al centro dell’inchiesta dei magistrati etnei c’è una gara d’appalto del valore di 17 milioni di euro riguardante la fornitura di materiale sanitario da utilizzare nel delicato reparto ospedaliero. Centoventitue lotti che avevano suscitato l’interesse di 31 ditte del settore. Fabiano avrebbe cercato una corsia preferenziale coltivando il rapporto con Mignosa. Gli arresti sono scattati dopo che i finanzieri hanno monitorato, martedì scorso, uno scambio di denaro nell’ufficio del primario. I soldi sono stati portati in ospedale all’interno di uno zainetto da Fabiano che, dopo un breve dialogo con Mignosa, chiede: “Vado in bagno o usciamo?”. Il riferimento, per gli inquirenti, è al luogo in cui l’imprenditore avrebbe dovuto lasciare la mazzetta. La telecamera nascosta lo riprende mentre entra in bagno, con la porta aperta, e subito dopo esce avvicendandosi con Mignosa, che entra e prende la busta.
Scattato il blitz, le Fiamme Gialle hanno esteso la perquisizione anche a casa del cardiochirurgo, trovando importanti somme di denaro in contanti. Davanti all’evidenza, il primario ha anche consegnato spontaneamente alcune buste contenenti dei soldi. Tali somme non è chiaro se siano tutte riconducibili a Fabiano. Agli inquirenti – si legge nell’ordinanza di custodia cautelare – Mignosa ha fatto infatti il nome anche di un altro imprenditore. Un elemento, questo, che lascia presagire che l’inchiesta potrebbe allargarsi a macchia d’olio svelando ulteriori rapporti corruttivi. Al vaglio ci sarebbero anche alcuni contatti tra Fabiano e altri dipendenti del Policlinico. Toccherà agli investigatori capire se, oltre a Mignosa, anche altri medici siano stati avvicinati con l’intento di ottenere favori in cambio di prebende.
Dal canto suo il primario, durante il primo interrogatorio, ha sostenuto di non avere concordato la mazzetta. I soldi sarebbero stati una sorpresa che Fabiano gli avrebbe fatto, un regalo un po’ più cospicuo rispetto a una precedente cena offerta. Sul punto l’imprenditore ha detto di avere dato i soldi nella “speranza – ricostruisce il gip – di un incremento delle forniture in favore della Uoc di Cardiochirurgia”. Questo in virtù del fatto che Mignosa era presidente della commissione giudicatrice della gara da 17 milioni iniziata a maggio e ancora in corso di aggiudicazione. Per la procura, tutta la procedura sarebbe stata viziata dal rapporto equivoco tra i due: Fabiano non solo avrebbe consegnato a Mignosa delle schede tecniche dei prodotti trattati dalla propria azienda, ma avrebbe anche presentato un promemoria contenente i nomi delle imprese concorrenti nei lotti che interessavano anche ad Aretè.
Per la Sicilia si tratta di un nuovo scandalo corruzione, dopo quello di proporzioni ancora più ampie che, nella primavera del 2020, ha travolto la Centrale unica di committenza della Regione Siciliana, portando a una serie di arresti tra cui quelli del manager pubblico Fabio Damiani e di Antonio Candela, uomo che in passato era assurto a paladino dell’antimafia e che proprio poco prima del blitz aveva ricevuto da Nello Musumeci l’incarico di coordinatore dell’emergenza Covid-19.