A poche settimane dall’annuncio del governo francese ormai prossimo alla completa nazionalizzazione del colosso energetico Électricité de France (di cui già deteneva una quota dell’84%), Edf intenta una causa proprio contro lo Stato, chiedendo un risarcimento di 8,3 miliardi di euro. A tanto ammontano, secondo la società, le perdite subite dopo l’estensione del price cap a cui il gigante energetico deve attenersi per compensare la sua posizione di monopolio. In pratica, sono stati assegnati a Edf altri 20 TWh (terawattora) da vendere per il 2022 a prezzo regolamentato (46,2 euro per Megawattora), in aggiunta ai precedenti 100 TWh (che vende a 42 euro). Obiettivo: tenere basse le bollette. Già all’inizio dell’anno, l’azienda era crollata di oltre il 20% alla borsa di Parigi dopo che il ministro delle Finanze, Bruno Le Maire, aveva dichiarato in un’intervista che il governo avrebbe voluto obbligare la società a vendere energia elettrica a prezzi calmierati, per alleggerire la pressione del caro energia su famiglie e imprese.
Ora Edf presenta il conto per i mancati profitti durante la stagione dei prezzi dell’energia alle stelle. L’ultima mossa prima della completa nazionalizzazione. Lo Stato che fa causa a se stesso. D’altronde, in assemblea, il presidente e amministratore delegato dell’azienda, Jean-Bernard Lévy (al termine del suo mandato, ndr) aveva anticipato di aver presentato un ricorso amministrativo preliminare allo Stato francese per chiedere il ritiro del decreto e delle ordinanze di marzo.
Edf chiede il conto allo Stato – La stretta è iniziata a gennaio, dopo l’annuncio della misura che puntava a limitare gli aumenti delle bollette al 4% nell’ambito di un piano che prevedeva 8 miliardi di euro di tagli alle tasse sul consumo di elettricità. “A seguito di un’approfondita analisi giuridica e alla luce delle perdite subìte a seguito del decreto e delle ordinanze dell’11, 12 e 25 marzo 2022” si spiega in un comunicato, Edf ha presentato una causa dinanzi al Conseil d’Etat (il Consiglio di Stato), oltre alla richiesta di risarcimento. Nonostante un aumento significativo del fatturato sostenuto dai prezzi di energia elettrica e gas, infatti, nei primi sei mesi del 2022, Edf ha generato un margine operativo lordo (Ebitda) di 2,67 miliardi di euro, in calo del 74,8% rispetto allo stesso periodo del 2021, con una perdita netta di 5,3 miliardi. Le cause sono diverse: le difficoltà incontrate nella generazione nucleare in Francia e, in misura minore, in quella idroelettrica “oltre agli scudi tariffari introdotti in Francia nel 2022” ha commentato lo stesso ad Jean-Bernard Levy.
Verso la nazionalizzazione (necessaria) – Tutti fattori che hanno alimentato il buco nelle finanze di Edf e reso l’imminente nazionalizzazione necessaria. Il gruppo ha un debito che potrebbe superare i 60 miliardi di euro a fine 2022, metà dei 58 reattori fermi, 12 a causa di problemi di corrosione, gli altri per interventi di manutenzione generalmente effettuati in estate (quando la domanda di energia è più bassa). D’altronde più di trenta reattori hanno già raggiunto o raggiungeranno entro il 2030, i quarant’ anni di attività operativa. Di fatto da quest’anno la Francia non è più esportatore netto di energia ma è diventato importatore aggiungendo pressione al mercato europeo. Ed è in questa situazione che è subentrato un altro problema: il caldo anomalo che ha alzato la temperatura dell’acqua dei fiumi utilizzata per raffreddare i reattori nucleari (e che potrebbe far diminuire la produzione nelle centrali).
Serve, dunque, più che mai una strategia a lungo termine al Paese che ricava dai reattori quasi il 70% dell’energia. Parigi aveva annunciato di voler ridurre la quota al 50% entro il 2035, assicurando che non sarebbero stati avviati altri progetti fino a quando la centrale di Flamanville non fosse stata completata. Poi l’accelerata di Macron e la proposta inviata al governo da EdF per costruire a un costo di 50 miliardi di euro, sei Epr2 (versione migliorativa dell’Epr) che sono andate in un’altra direzione, complice anche la situazione geopolitica e la necessità di sganciarsi dalle forniture di gas russo. Dunque, la necessaria nazionalizzazione. Anche perché ammonta ad almeno 50 miliardi di euro anche la spesa – entro il 2030 – per prolungare la vita delle centrali nucleari esistenti.
Pronta la proposta per chiudere i giochi a ottobre – Il 19 luglio Parigi ha confermato la sua intenzione di lanciare un’offerta pubblica d’acquisto (Opa) di 12 euro ad azione e prevede di acquisire l’altro 16% di Edf, sborsando 9,7 miliardi di euro. Sospesa dal 13 luglio su richiesta della stessa Edf, la quotazione in borsa è ripresa dopo l’annuncio e il titolo è subito schizzato e ha chiuso a + 14,7% in apertura, sopra 11,7 euro ad azione, vicino ai 12 euro proposti nell’Opa di Stato. Eléctricité de France arrivò in Borsa 17 anni fa, con un valore azionario di 32 euro, crollato a meno di 8 euro prima dell’annuncio. La proposta sarà presentata all’Autorite des Marches Financiers entro i primi di settembre, con l’obiettivo di chiudere il processo entro metà ottobre. Il consiglio di Edf ha formato un comitato ad hoc in risposta all’offerta del governo, che proporrà la nomina di un esperto indipendente ed emetterà una raccomandazione per azionisti, obbligazionisti e personale sulla base del lavoro dell’esperto.