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Imperia, il poliziotto che ha inquisito Scajola lo sfida alle Comunali. Bracco: “Gestione della città non conforme alle regole, serve legalità”

Il commissario Ivan Bracco ha indagato più volte sull'attuale sindaco di Imperia. E ora si candida per le elezioni della prossima primavera. Per Scajola è una mossa che "apre uno spiraglio sulle sue azioni contro di me", ma per Bracco "non c'è nulla di personale. Serve maggiore legalità". Resta da capire quali tra i grandi partiti sosterranno il dirigente di polizia

7 febbraio 2014, mancano tre mesi all’arresto nell’hotel di Roma. Chiara Rizzo è appena uscita dall’ufficio di Claudio Scajola, a Imperia, quando nota un’auto posteggiata sul ciglio della strada. Clic, clic. L’uomo all’interno scatta delle foto alla coppia. La moglie di Amedeo Matacena, l’ex deputato di Forza Italia condannato in via definitiva, l’anno prima, per concorso esterno in associazione mafiosa, avverte l’ex ministro. Chi c’è, nella macchina? Non l’uomo della sua scorta, Stefano Bernardi. E allora chi? Che sia l’ispettore della polizia postale, Ivan Bracco, si domanda Scajola, il poliziotto che lo aveva inquisito per la ristrutturazione di Villa Ninina e per il caso del porto di Imperia? Ma siccome quella parcheggiata è una Mercedes, Scajola scarta l’ipotesi – sbagliando – che si possa trattare di un agente delle forze dell’ordine. Hanno “una Topolina scassata“, dice, “e mai una Mercedes Station Wagon”.

La storia che lega Claudio Scajola, attuale sindaco di Imperia, ex tante cose (più volte ministro, coordinatore di Forza Italia e pupillo di Silvio Berlusconi, per 17 anni sugli scranni di Montecitorio) e il commissario Ivan Bracco, dirigente della Postale, è passata, nel corso degli anni, attraverso intercettazioni, verbali, inquisizioni (anche per il caso Matacena, per il quale Scajola è stato condannato, in primo grado, a due anni per procurata inosservanza della pena). Ora, tra i due, si apre l’agone politico. Bracco ha deciso di candidarsi alla Comunali, in programma nella prossima primavera, “per spirito di servizio”. Cinquantaquattro anni, una famiglia legata da sempre al capoluogo del Ponente ligure (gli avi vendevano i giornali a Porto Maurizio), ha iniziato da agente nel 1987. A Ventimiglia, a Genova, poi in Questura, alla Digos. Dal ’98 è responsabile dell’ufficio di polizia postale ed è dirigente nazionale del sindacato Sap. “Ho dato la mia disponibilità – racconta a ilFattoQuotidiano.it – c’è un modo di gestire la cosa pubblica, in questo momento, che io non condivido. Non ho nulla di personale contro l’attuale sindaco, voglio continuare la mia carriera servendo lo Stato, come ho sempre fatto. Il mio è un impegno civico”. Di cosa c’è bisogno? “Voglio costruire un progetto a lungo termine, puntando sul rispetto delle regole e su persone nuove che garantiscono discontinuità”.

CALTAGIRONE E IL PORTO – Tra i palazzi della politica cittadina, l’ipotesi della candidatura di Bracco ha creato più di un malumore. Il vicesindaco Giuseppe Fossati, come ha scritto ImperiaNews, si è detto “perplesso che un investigatore, sia pure bravo, dismetta la divisa per fare il sindaco”. E sul fatto che ci sia una questione morale in città, ha risposto che “non ho questa sensazione, solo le sentenze attestano i fatti“. “Lo conosco poco – ha detto l’attuale sindaco, sempre a ImperiaNews – ma mi pare che le vicende in cui era impegnato come polizia giudiziaria siano finite tutte in una nullità. La sua candidatura apre qualche spiraglio su quelle che sono state le sue azioni contro di me“. Bracco è stato protagonista dell’arresto, nel 2012, di Francesco Bellavista Caltagirone, accusato di truffa nel caso del porto, e poi assolto. Vicenda nella quale è stato coinvolto anche Scajola (indagato per associazione a delinquere ma poi archiviato). “Mi si addossa la responsabilità dell’indagine” commenta il commissario, “ma io ho semplicemente svolto le indagini. La polizia non giudica, quel compito spetta alla magistratura. Il punto che faccio notare, però, è che grazie a quell’inchiesta il porto della città è pubblico. La collettività ne ha tratto un indubbio beneficio”.

I CANDIDATI – Sia come sia, la candidatura di Bracco si aggiunge a quella del sindaco uscente e di Enrico Lauretti, con la lista “Società aperta”. Dietro la figura di Bracco “c’è una larga fetta della società civile“, spiega il commissario. “Tante persone che mi hanno chiesto di farmi avanti e che vogliono che le cose cambino”. Il Partito democratico, intanto, sta lavorando da inizio anno per allargare, il più possibile, il fronte del centrosinistra. Lo sta facendo il segretario cittadino, Massimiliano Cammarata, che ha ricevuto la delega dal partito: “Abbiamo fatto una serie di incontri, ci sono diverse forze di centro e di sinistra che stanno lavorando al programma. Bracco è senz’altro una persona valida ed è sicuramente alternativo a Scajola, sia per la sua esperienza professionale sia dal punto di vista umano. Sarà il nostro candidato? Vediamo, lo abbiamo incontrato, ma dobbiamo fare una serie di ragionamenti. Ora le elezioni nazionali hanno sospeso le trattative. L’obiettivo è avere il nostro candidato di coalizione, pronto per sfidare Scajola, da ottobre”.

L’ARRESTO DEL BRACCIO DESTRO – E a proposito di regole e di questione morale. A fine maggio la città è stata travolta da un’inchiesta, coordinata dal procuratore capo Alberto Lari e dalla sostituta Barbara Bresci, su un presunto giro di tangenti nell’ambito degli affidamenti di appalti pubblici. Il sindaco di Aurigo, Luigino Dellerba, e l’imprenditore edile, Vincenzo Speranza, sono stati arrestati dai carabinieri davanti alla seda di Edilcantieri, a Oneglia. Dellerba, in tasca, aveva una busta con 2mila euro in contanti. Per un funzionario del Comune, Marino Masi, è stata decisa la sospensione dal servizio. “Sono contro i processi mediatici, anche perché ne ho subiti”, ha commentato Scajola, “siamo un Comune attento, ma qualcosa può sfuggire“. Ciò che però non ha detto Scajola, è che Dellerba, ex vicepresidente della provincia di Imperia, è il suo braccio destro. Curiosamente Maria Teresa Verda, moglie dell’ex ministro, è consigliera nel piccolo paese della valle del Maro.

“QUI MANCA IL CORAGGIO DI DENUNCIARE” – Senza voler scomodare le parole di Rosy Bindi (quando era a capo della commissione Antimafia e definì Imperia “la sesta provincia della Calabria”) si possono prendere quelle – cronologicamente più attuali – del già citato procuratore Lari. Nel 2021 aveva detto: “Le intimidazioni mafiose vanno denunciate. Siamo la provincia con più roghi e non ho mai visto una denuncia”. Lari, in quel caso, citò l’inchiesta La Svolta, che certificò l’esistenza della ‘ndrangheta nel Ponente ligure. Meno di un mese fa è tornato all’attacco: “Qui manca il coraggio di denunciare. Mentre a Partanna, in terra siciliana, dove la mafia la percepisci ora per ora, minuto per minuto, tre ragazzotte hanno trovato il coraggio di denunciare i mafiosi, qui, a Bordighera o a Ventimiglia, nessuno lo trova. È passato un anno esatto (dall’appello del 2021, ndr) e io sul mio tavolo non ho visto nemmeno una denuncia“. Una nota di cronaca: la scorsa estate il procuratore antimafia Nicola Gratteri andò a Imperia, a Villa Faravelli, per presentare il suo libro, Ossigeno illegale. La serata era patrocinata, tra gli altri, dal Comune, ma nessun amministratore si sentì in dovere di partecipare all’incontro.

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