Falce e martello contro Scudocrociato, poi tutti gli altri. Per quasi mezzo secolo gli elettori italiani non potevano sbagliare: i simboli all’interno della scheda elettorale erano chiari e riconoscibili. Chi voleva votare il Partito Comunista non aveva che da mettere la sua X sulla falce e il martello, mentre ai milioni di moderati che volevano sostenere la Dc bastava segnare lo scudo crociato con scritto “libertas“. Il garofano era l’emblema del Psi di Bettino Craxi, mentre repubblicani e liberali avevano l’edera e il tricolore. La fiamma, poi, garantiva ai sostenitori della destra di individuare subito il simbolo del Movimento sociale. Poi con la seconda Repubblica e la scomparsa dei partiti tradizionali, travolti da Tangentopoli, le cose hanno iniziato a complicarsi. E infatti chi voleva provare a ottenere qualche voto in più, puntando sull’elettore nostalgico e distratto, insisteva a piazzare sulla scheda simboli del passato su partiti del presente.
I simboli matrioska – Una deriva che è peggiorata negli anni, tra dispute in tribunale per i diritti dello Scudocrociato, falci e martelli distribuiti un po’ ovunque tra i vari partini nati a sinistra dei Ds e poi del Pd. Ora che la Seconda Repubblica si è ormai conclusa, senza che per la verità se ne veda ancora una Terza, la situazione è addirittura precipitata. Per la prima volta nella storia della Repubblica si voterà in autunno. E quindi i partiti sono stati costretti a una campagna elettorale estiva che non era in agenda. In più, ovviamente, lo sbarramento al 3% ha spinto ovunque partiti e partitini a fondersi in liste uniche per inseguire l’obiettivo – ma in certi casi è meglio parlare di sogno – di una manciata di seggi in Parlamento. Ad agosto, però, evidentemente non si trovano grafici decenti disposti a rinunciare alle ferie. Non si spiega altrimenti la proliferazione di una pletora di simboli matrioska, cerchi concentrici che contengono altri simboli, che alla fine si somigliano tutti.
La fila al Viminale – Per avere l’elenco completo di tutti i contrassegni che saranno poi inseriti sulla scheda elettorale bisognerà aspettare il week end: venerdì 12 agosto alle 8 del mattino, infatti, inizierà la fila al Viminale per poter depositare i simboli dei partiti e dei movimenti che intendono correre alla tornata elettorale del 25 settembre. Una vigilia di Ferragosto inedita per i partiti che fino a domenica 14 alle 16 dovranno “lottare” per il posto sulla scheda elettorale, lo stesso dell’ordine di deposito. Sono oltre 20 i simboli già resi noti: per il centrodestra i tre partiti principali Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia, ognuno con il suo simbolo. Poi ci sono il Pd mentre non è ancora chiaro se il Movimento 5 stelle inserirà il nome di Giuseppe Conte nel simbolo. Il vero caos, però, si scatena quando si parla delle altre liste, quelle più piccole: cerchi concentrici di alleanze elettorali che contengono altri cerchi concentrici di altre alleanze elettorali. Alla fine i simboli dei partiti sono minuscoli e indistinguibili.
I moderati: una lista con 4 simboli – Per capire di cosa parliamo basta mettersi sulle tracce del profilo facebook di Maurizio Lupi. Il 26 luglio l’ex berlusconiano, poi alfaniano ma anche ministro con Enrico Letta e Matteo Renzi comunicava su facebook di aver presentato il nuovo logo di Noi con l’Italia, il suo partito: sfondo blu, tricolore e l’immancabile nome del leader. Chi è il leader? Sempre lui, Lupi.
Il 5 agosto, però, il simbolo di Noi con l’Italia si restringeva. Il motivo? L’ex ministro delle Infrastrutture ha siglato un accordo con Giovanni Toti e la sua Italia al centro, che ha un simbolo quasi identico a quello di Noi con L’Italia, se non fosse per l’arancione che tanto piace al governatore della Liguria. Il contrassegno della lista Lupi- Toti? Semplicemente si limitava a sommare i due simboli elettorali all’interno di un cerchio.
Passano sei giorni ed ecco che Lupi e Toti rilanciano. Questa volta l’accordo viene siglato con Coraggio Italia di Luigi Brugnaro. Il sindaco di Venezia aveva a sua volta suggellato un patto con Lorenzo Cesa, il redivivo leader dell’Udc, che contiene al suo interno il richiamo del simbolo della defunta Democrazia cristiana. Il risultato è un listone dal nome non particolarmente originale: Noi moderati. Il simbolo? Ancora più banale: un cerchio con dentro due cerchi che a loro volta contengono i simboli – circolari – dei quattro partiti.
Il quarto polo – Lupi, Toti, Brugnaro e Cesa sarebbero la risposta del centrodestra all’accordo siglato da Matteo Renzi e Carlo Calenda. Anche il simbolo presentato dai due ex esponenti del Pd non brilla per originalità: ci sono i loghi dei due partiti, Azione e Italia viva, e poi la scritta Renew Europe, cioè il gruppo dei liberali Ue al quale hanno aderito sia Calenda che i renziani all’Europarlamento. E poi, ovviamente, il nome del leader. Che non sarà Renzi ma Calenda. Il colore predonimante? Sempre quello, il blu.
La sinistra, i Verdi e Di Maio – Hanno evitato i cerchi concentrici Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli per la lista che sigla l’alleanza tra sinistra e ambientalisti: nel contrassegno elettorale si ha la fusione dei due simboli di Sinistra Italiana e dei Verdi. Chi invece non ha potuto evitare di inserire un simbolo dentro al simbolo è Luigi Di Maio: presenterà il suo Impegno Civico, senza raccogliere le firme, grazie all’accordo con Bruno Tabacci e il suo Centro democratico. Il logo del piccolo partitino di centro è quasi impercettibile all’interno del contrassegno della lista dell’ex 5 stelle. In più Di Maio ha aggiunto un’ape: secondo il ministro degli Esteri rappresenta l’ambiente, fronte principale in cui vuole impegnare il suo nuovo movimento. Sui social, però, hanno impiegato circa due secondi prima di scatenarsi con improbabili fotomontaggi dell’Ape Maia col volto di Di Maio.
Adinolfi e tedeschi – Molto più caotica la composizione di Alternativa per l’Italia, il partito fondato da Mario Adinolfi e Simone Di Stefano che sembra fare il verso ai tedeschi di estrema destra di Alternative für Deutschland. Il logo di Alternativa per l’Italia ha al suo interno i sono i simboli dei due partiti (Il Popolo della famiglia e Exit dell’ex esponente di Casapound) ma anche la scritta No Green Pass. Optano per un simbolo unico invece l’Unione popolare di Luigi De Magistris (che raggruppa al suo interno Potere al Popolo e Rifondazione Comunista oltre a Manifesta). Simbolo unico senza matriosche per Italia sovrana popolare, un cartello che mette insieme una serie di liste tra le quali spiccano Azione Civile dell’ex pm Antonio Ingroia e il Partito Comunista di Marco Rizzo. Della falce e martello neanche l’ombra.