L'ideazione del simbolo-fiamma con un trapezio alla base è attribuita a Giorgio Almirante: non sono da considerarsi ortodosse, invece, le interpretazioni secondo cui il trapezio da cui nasce il fuoco rappresenterebbe la tomba di Mussolini. L'icona ha una tradizione politica di lunghissimo corso: inserita nel simbolo dell'Msi alla sua fondazione, nel 1946, sopravvive per tutta la storia del partito e si ritroverà nei contrassegni di An e poi di Fratelli d'Italia
Finita al centro del dibattito dopo l’abiura del fascismo pronunciata da Giorgia Meloni, per la sua rimozione si sono accavallati (senza successo) gli appelli pubblici, su tutti quello di Liliana Segre. Ma cosa rappresenta la fiamma tricolore, eredità del Movimento sociale italiano presente nel contrassegno di Fratelli d’Italia? Al fattoquotidiano.it il ricercatore dell’Università di Trieste Michelangelo Borri, specializzato nello studio dell’Msi, ha raccontato l’origine del partendo dall’inno del partito, scritto nel ‘46 dal suo fondatore e storico leader Giorgio Almirante: “Siamo nati nel nome d’Italia/stretti attorno alla nostra Bandiera/è rinata con noi primavera/si è riaccesa una Fiamma nel cuor/Italia, sorgi a nuova vita, così vuole/Chi per te morì”. La fiamma, spiega Borri, rappresenta proprio “la speranza che rinasce dopo la sconfitta della guerra che ha subito il fascismo”. L’ideazione del simbolo-fiamma con un trapezio alla base viene attribuito ad Almirante stesso: non sono da considerarsi ortodosse, invece, le interpretazioni dei militanti del Movimento – che hanno fondato gran parte delle polemiche di questi giorni – secondo cui il trapezio da cui nasce il fuoco rappresenterebbe la tomba di Mussolini.
La polemica sul simbolo, ricorda lo storico, non è nuova, anche perché la fiamma ha una tradizione politica di lunghissimo corso: inserita nel simbolo dell’Msi alla sua fondazione, nel 1946, sopravvive per tutta la storia del partito e compare anche nel contrassegno di Alleanza Nazionale (An), il nuovo soggetto che raccoglie l’eredità missina sotto la guida dell’ultimo segretario, il delfino di Almirante, Gianfranco Fini. Soltanto nel 2009, quando An si fonde con Forza Italia nel Popolo della Libertà, la fiamma scompare dal simbolo. Riapparirà soltanto nel 2014 con Fratelli d’Italia, dopo che la fondazione Alleanza Nazionale ne concesse l’uso al partito fondato da Giorgia Meloni. Che, da quel momento in poi, non ha mai rinunciato a schierarlo (e anzi, fino al 2017, gli affiancava i nomi di An e dell’Msi).
L’icona ha dato anche il nome a un partito tuttora esistente, Fiamma tricolore, fondato nel 1995 da Pino Rauti e dai militanti del Movimento sociale contrari alla cosiddetta “svolta di Fiuggi” voluta da Fini (l’abbandono, da parte di An, dei riferimenti ideologici al fascismo al fine di qualificarsi come forza politica legittimata a governare). La fiamma è presente da sempre nei simboli delle giovanili del Movimento sosciale e dei partiti due eredi: dalla Giovane Italia al Fronte della Gioventù ad Azione Giovani (di cui Meloni è stata presidente nazionale). È stata adottata, con i colori francesi, anche da Jean-Marie Le Pen, nel ‘72 per il simbolo del Front national: l’Msi, infatti – spiega Borri – “era già diventato un partito di riferimento per l’estrema destra a livello europeo”. Una fiamma stilizzata è tuttora presente nel simbolo del Rassemblement national, il partito di Marine Le Pen.
Il fuoco è tricolore non solo per il richiamo alla bandiera, ma per esprimere la “vera italianità”, quella dei “patrioti” (lessico ripreso da Meloni), contro quella dei cosiddetti “traditori” dell’8 settembre 1943, quando l’Italia passò dalla parte degli Alleati nella seconda guerra mondiale. Da rigettare, secondo lo storico, anche la suggestione per cui la sigla stessa Msi conterrebbe un riferimento al Duce (per alcuni “Mussolini sei immortale”, per altri “Mussolini sempre immortale”) nonché quella dell’assonanza con la Rsi, Repubblica sociale italiana, il nome ufficiale della Repubblica di Salò. Quest’ultima tesi, afferma, è stata accreditata degli stessi militanti repubblichini, “fascisti che avevano perso i loro punti di riferimento ideologici e si trovavano in un Paese in cui non si riconoscevano. Cercavano degli appigli in questa simbologia”.