Come a ogni elezione politica, tra il 44° e il 42° giorno antecedente il voto va in scena il grande show del deposito dei contrassegni al Viminale, un passaggio necessario per poter presentare le liste: puntualmente, le bacheche della Direzione centrale per i servizi elettorali si popolano di figure improbabili e slogan astrusi. Solo pochissime forze, però, saranno in grado di raccogliere le firme necessarie a schierare il proprio simbolo il 25 settembre
C’è il simbolo di “Basta tasse“, quello del “Partito della follia“, quello dei “Poeti d’azione“. E poi il “Movimento del vento – Il Brigante Volpicina” – che nel contrassegno ha una volpe e le parole “coraggio”, “onestà” e umiltà” – e il movimento animalista D.A.I.N.O., Difesa Animalista Indipendente Nazionale Organizzata, che però schiera la sagoma di un cervo (e non di un daino) stagliata sulla luna piena. Notevole anche il simbolo di “Free“, con un uomo che dà un calcio alla testa di Pinocchio, nonché i ben cinque simboli con lo scudo crociato, icona della vecchia Dc. Come a ogni elezione politica, tra il 44° e il 42° giorno antecedente il voto va in scena il grande show del deposito dei contrassegni al Viminale, un passaggio necessario – recita la legge – per “i partiti o i gruppi politici organizzati che intendono presentare liste di candidati nei collegi plurinominali e candidati nei collegi uninominali”. Senza alcun filtro, nonostante le firme da raccogliere, un obiettivo alla portata di pochi. E così, puntualmente, le bacheche della Direzione centrale per i servizi elettorali si popolano di figure improbabili e slogan astrusi, proponibili da chiunque abbia la buona volontà di affrontare i passaggi burocratici richiesti (magari per “tutelare” il simbolo da tentativi di imitazione). I limiti sono solo tre: è vietato presentare contrassegni confondibili con quelli usati tradizionalmente da altri partiti, che contengano simboli religiosi o che facciano riferimento al fascismo o al nazismo.
La palma dell’antiestetica va al logo del Movimento per l’Instaurazione del Socialismo Scientifico Cristiano – No alla Cassa Forense, che il suo stesso depositante, Pierluca Dal Canto, ha definito “il più brutto” di questa tornata. Si tratta di un cerchio bianco con una serie di scritte nere affastellate che sintetizzano lo strambo programma del “partito”: “No alla cassa forense” (l’istituto di previdenza degli avvocati, ndr) “no cavie”, “no carta verde”, “no controllo digitale”, “no moneta elettronica”. E in fondo il claim “Better call Pierluca“, che ricalca la fortunata serie tv Usa “Better call Saul”. Non brilla per eleganza nemmeno il Partito animalista, con due vistose impronte di cane nella parte superiore e la “pulce” (si chiama così il simbolo più piccolo inserito nel tondo) di “10 volte meglio”, lista liberista che ottenne lo 0,1% alle elezioni del 2018. Discutibili anche i Gilet arancioni del generale no-vax Antonio Pappalardo, con scritte in stampatello incerto, e la ghigliottina che campeggia nel logo di “Rivoluzione sanitaria“. Spicca per complessità invece il “Sacro romano impero cattolico e pacifista“, ricolmo di scritte in latino e con la tenda di un baldacchino al centro. Tra i contrassegni “classici” si segnala la scelta di Sinistra Italiana/Europa Verde, che schiera le scritte “verdi” e “sinistra” in tedesco e sloveno rispettivamente in Trentino-Alto Adige e il Friuli-Venezia Giulia, e il Pd che affianca al simbolo classico la scritta “Italia democratica e progressista“, stranamente in maiuscolo per i collegi nazionali e in minuscolo per quelli esteri.