Dopo la ricostruzione della fontana d’Ercole alla Reggia di Venaria Reale, un’altra bizzarria, se vogliamo ancor più grave, incombe sul nostro patrimonio artistico: la ricostruzione in rete metallica elettrosaldata della facciata incompiuta del “Nuovo Duomo” di Siena. Mentre in Piemonte ci sono stati tante critiche ma sussurrate, dato il carattere sabaudo cauto più incline ai sussurri che alle grida, in Toscana e specialmente a Siena la polemica è esplosa in tutta la sua tradizionale passionalità e veemenza. Quasi ci si dimentica dell’imminente palio dell’Assunta, beh si fa per dire, ma in città non si parla d’altro, sino ad arrivare, da parte delle forze politiche, ad interrogazioni, esposti e minacce di denunce.
Si tratta, anzi si tratterebbe della ricostruzione della famosa facciata del “Duomo Nuovo”, un’opera incompiuta del 1339, quando Siena, potentissima, aveva l’ambizione di costruire la chiesa più grande del mondo. Diversi fattori ne impedirono la realizzazione, non solo pestilenze e crisi economiche ma anche una sequenza di crolli e il progetto dell’opera, considerata spropositata, fu abbandonato: così da quei tempi divenne per tutti “Il Facciatone“, essendo l’unica parte realizzata. Un’attrazione in più per Siena che, tra l’altro, si è inventata la salita sino in cima per poter godere di un paesaggio immutato nel tempo.
La visita non si ferma però qui; comprende le proiezione sul Facciatone della divina bellezza, la storia fantastica della città, oltre che la possibilità di ammirare il pavimento più bello del mondo dell’attiguo Duomo che il Vasari definì così: “Il più bello grande e magnifico che mai fusse stato fatto”.
Tutta questa summa di meraviglie evidentemente non bastava, se a qualcuno é venuta l’idea di ricreare, con tecniche e materiali particolari, quella che ipoteticamente avrebbe dovuto essere la facciata del Duomo Nuovo. E cosi è stato affidato l’incarico del progetto di fattibilità, per circa 160 mila euro di parcella e 2 milioni per l’opera, ad Edoardo Tresoldi, giovane artista milanese, non nuovo ad installazioni del genere. Sua la ricostruzione in una vasta area archeologica, della Basilica paleocristiana di Siponto in Puglia, che capisco e in parte approvo, anche se sin dai tempi in cui frequentavo il liceo – su cartaceo, poi successivamente con mezzi più tecnologici e diffuse anche sui media – le ricostruzioni in 3D di aree parzialmente scomparse erano proposte ed apprezzate, anche se qualcuno obietterà che questa è anche e soprattutto un’installazione artistica.
Sarebbe sufficiente, su uno schermo e poi con modellini, raccontare la storia del Duomo Nuovo e perché non venne costruito, come accade anche nei vari musei archeologici, vedi quello di Reggio Calabria, dove peraltro, in un contesto più consono, ci sono sul lungomare le colonne di Tresoldi. Anche per la Torre dei Modenesi a Finale Emilia, completamente sbriciolata dal sisma 2012, potrebbe essere una soluzione alternativa; ma qui a Siena il caso è diverso, si tratta di area fortemente caratterizzata, densa di simboli, con una presenza dominante che non deve prevedere aggregazioni e multipli invasivi.
Una delle giustificazioni, da parte di chi ha commissionato l’opera, è quella di attrarre più turisti e dare visibilità internazionale a Siena! A me ha ricordato i Pink Floyd a Venezia che, nonostante e dopo i disastri causati, asserirono che il loro concerto aveva dato lustro alla città lagunare! Siena non ha bisogno di aggiunte, semmai di eliminazioni di elementi deturpanti, come tutte le città d’arte che per le smanie del villeggiante assecondano le richieste più becere e distruggono anziché preservare la loro bellezza.