Il 3 agosto la direzione delle prigioni israeliane ha rinnovato l’isolamento carcerario di Ahmad Manasra, un palestinese arrestato all’età di 13 anni e che ha sviluppato gravi problemi di salute mentale. Manasra è stato arrestato nell’ottobre 2015 in relazione all’accoltellamento di due israeliani a Pisgat Zeev, un insediamento illegale a Gerusalemme Est occupata. Interrogato in assenza di un avvocato, è stato processato per tentato omicidio e, nonostante la minore età, condannato a nove anni e cinque mesi di carcere. Dal novembre 2021, a parte due mesi di ricovero in ospedale, è in una cella d’isolamento.

Sebbene abbia già scontato due terzi della pena e dunque, secondo la legge israeliana, gli possa essere condonato l’ultimo terzo, Manasra continua a essere recluso nella prigione di Eshel in quanto condannato per “atti di terrorismo”, secondo una legge entrata in vigore dopo il suo arresto e che non prevede sconti di pena per i responsabili di tali reati.

A Manasra è stata diagnosticata la schizofrenia. Secondo il suo avvocato, soffre di profonda depressione: “La sua vita è in pericolo. I continui rinnovi dell’isolamento carcerario lo stanno distruggendo”. Domani, 16 agosto, è prevista l’ennesima udienza. Amnesty International continua a chiedere che Manasra sia rilasciato.

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Nonostante le sue disperate condizioni di salute, il 16 agosto la detenzione in isolamento di Ahmad Manasra è stata prorogata di altri sei mesi. Secondo il tribunale, Manasra “rappresenta una minaccia per se stesso e per gli altri prigionieri”. Con questa decisione crudele, che non potrà che peggiorare le condizioni di salute mentale di Manasra, un tribunale israeliano ha legittimato la tortura.

Intervento aggiornato in data 17 agosto 2022, h 9.00

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