Il segretario dem, nonostante le proteste dei circoli locali, insiste per far correre (di nuovo) il parlamentare da 40 anni a Roma tra Camera e Senato
Nessun ripensamento. Enrico Letta è convinto, come prima di lui Matteo Renzi, che candidare Pierferdinando Casini a Bologna sia una buona idea. Non sono bastati gli avvertimenti e gli appelli accorati dei militanti perché si fermasse finché era ancora in tempo: il segretario Pd ha scritto una lettera a Repubblica Bologna per rivendicare la decisione di puntare sull’ex leader Udc. Quello da 40 anni in Parlamento e all’undicesima corsa. Per Letta, invece, rappresenta “una voce” a difesa della Carta costituzionale che il centrodestra potrebbe cambiare una volta in Parlamento. E poco importa se la stessa base Pd, e in particolare il circolo Gramsci, gli abbia ricordato che nella scorsa tornata Casini fece il risultato “peggiore di sempre” per una lista dem. Insomma, nel momento in cui il Pd avrebbe bisogno di ascoltare i territori, il leader va nella direzione opposta e insiste ri-piazzando Casini in Emilia-Romagna. Mentre in Regione, in contemporanea, sembra ormai certa l’esclusione della candidatura di Giuditta Pini, deputata under40 e molto attiva nella battaglie per i diritti (dall’aborto alla vulvodinia) che permetterebbero al Pd di guardare a un elettorato più giovane.
Del resto, la fase di scrittura delle liste democratiche va avanti a scossoni, tra veleni e lotte interne: la direzione, inizialmente convocata per le 11, è slittata alle 15. E c’è chi parla di possibili altri rinvii. Ma mentre la partita sembra ancora aperta, sulla ricandidatura di Casini Letta non pare avere dubbi. Non preoccupa il fatto che abbia alle spalle già dieci legislature (due al Senato e otto alla Camera) e che sia in Parlamento da 40 anni. Agli elettori Pd di Bologna verrà chiesto di digerire la sua candidatura per la seconda volta. E il fatto che sia espressione del centrodestra, è l’ultimo dei problemi. Il curriculum parla da solo: ex democristiano, poi con Berlusconi, infine con Monti e poi con Renzi, quando venne eletto presidente della Camera fece un discorso contro il trasformismo. Da terza carica dello Stato fece sapere di aver telefonato a Marcello Dell’Utri per esprimergli amicizia proprio mentre i giudici entravano in camera di consiglio: lo avrebbero poi condannato per concorso esterno. Quindi garantì per Totò Cuffaro, l’ex governatore della Sicilia, che venne in seguito condannato per favoreggiamento alla mafia.
Per il segretario dem tutto questo non rappresenta un problema. E nella lettera inviata a Repubblica dà tutta la colpa al sistema di voto voluto dai renziani (che erano pur sempre espressione del Partito democratico), ma non lascia spazio a mediazioni. Altri rivendica l’idea di candidare di nuovo Casini, come se fosse una perfetta strategia per battere la destra sul suo terreno: “La legge elettorale attuale”, si legge, “è pessima: io non l’ho votata e la considero un errore gravissimo. Ma è in vigore e va quindi usata, nel bene o nel male. Nei collegi proporzionali ogni lista presenta i suoi candidati. E a Bologna e in Emilia-Romagna il Pd locale esprimerà ovviamente i propri, emanazione delle diverse federazioni territoriali. Poi ci sono i collegi uninominali, in comune con le diverse liste della coalizione. È in molti di questi collegi che, come coalizione, presenteremo candidati non strettamente riconducibili ai diversi partiti”. Tra cui, presumibilmente, Casini. E questo, osserva il segretario dem in un altro passaggio della lettera “per una ragione principale. È possibile, non probabile ma possibile, che nella prossima legislatura si tenti un assalto alla Costituzione da parte della destra“. Si tratta, argomenta, di “un disegno nefasto. Da sventare”. Quindi, evidenzia ancora, “credo, in questo senso, che la voce di Casini potrebbe dare un contributo importante e utile ad allargare il sostegno intorno a noi e a rendere più efficace il nostro compito a tutela della Costituzione”. Ed è “da questa preoccupazione”, quella di un mutamento della Carta Costituzionale , conclude Letta, “che origina l’idea di chiedere a Casini di essere in Parlamento per la difesa della Costituzione contro ogni torsione presidenzialista”.