“Ho riconsegnato la tessera del Pd. La mia è una scelta dolorosa ma coerente. Enrico Letta è responsabile di una strategia politica e parlamentare fallimentare, a cominciare dal ddl Zan in Senato, dove Letta e il Pd sapevano bene che la destra era forte nella maggioranza in Aula e rifiutarono ogni possibile mediazione che di fatto ha portato all’affondamento di un ddl importantissimo. Un errore simile è stato commesso qualche mese dopo con lo Ius Scholae, tirato fuori solo per motivi propagandistici“. Così, ai microfoni di Radio Radicale, Dario Stefano, senatore del Pd e presidente della commissione Politiche Ue, spiega il suo addio ai dem.
Stefano continua: “Penso anche al rischio che abbiamo corso durante le giornate convulse per l’elezione al Quirinale, quando a un certo punto Letta è sembrato soccombere dinanzi a un nome tirato fuori all’improvviso da Conte e da Salvini (Elisabetta Belloni, ndr). In quei giorni è apparso palese a tutti, tranne che a Letta, che del suo alleato dei 5 Stelle non ci si potesse fidare fino in fondo. È questo l’errore capitale della sua segreteria – spiega – aver scoperto l’inaffidabilità del M5s l’ultimo giorno di vita del governo Draghi senza aver mai lavorato a un piano B. Addirittura due settimane prima dell’affondamento dell’esecutivo Letta ha dato il via alle primarie in Sicilia, come se nulla fosse accaduto e stesse accadendo. L’assenza di un piano B ha pesato non poco sull’incertezza successiva del Pd”.
Circa le alleanze politiche, il senatore rincara: “Il Pd è passato da un alleato all’altro con un eccesso di disinvoltura. E ha pagato un prezzo carissimo con Calenda. La colpa, per me troppo grave, di Letta è stata anche l’assenza di qualsiasi tentativo di tenere insieme questo fronte largo che è stato sempre molto propagandato . Rinunciare a priori a tenere aperto un ragionamento con Italia Viva è stato un errore. A me insomma – conclude – sembra che di errori se ne siano fatti tantissimi. Ora è in piedi una coalizione con Fratoianni e soprattutto con Bonelli che durante le giunte di Vendola in Puglia fu nostro avversario. La loro presenza forse spiega l’improvvisa scomparsa di qualsiasi riferimento all’agenda Draghi. Forse il Pd non vuole dare un dispiacere a Fratoianni e a Bonelli, così ha sbianchettato il programma”.