Chi è il maggiore divulgatore scientifico in Italia? Qualunque persona a cui fosse stata posta questa domanda, prima della sua morte, avrebbe risposto Piero Angela. E questo rappresenta un problema. Spiego subito perché. La capacità divulgativa del giornalista appena scomparso era notevole, bellissimi i suoi programmi. Ma un paese che, quanto a divulgazione scientifica, abbia praticamente solo un nome (e pochissimi altri) è un paese sfortunato. Un paese dove niente può davvero funzionare, perché la scienza è alla base di tutto.
Che i nostri politici abbiano basi scientifiche scarsissime è cosa nota. Molti non sono laureati, qualcosa di incredibile, la maggioranza sono avvocati o comunque con competenze non scientifiche. Questo è un problema enorme, ma ancor più tale è l’assenza di cultura scientifica tra i giornalisti, da cui scaturisce appunto la mancanza di una divulgazione scientifica che servirebbe come l’aria che respiriamo. E invece no. Sono davvero pochi i giornalisti che hanno una formazione scientifica (d’altronde esiste praticamente solo una scuola di giornalismo scientifico, la Sissa di Trieste).
Ma il problema non è solo questo: è, ad esempio, la totale assenza di una programmazione editoriale scientifica tra i programmi. Abbiamo un servizio pubblico che offre, ad esempio la domenica, prodotti scadenti, senza nessuno contenuto, che invece di far crescere il pubblico lo fanno regredire. Perché? La scienza è un campo praticamente infinito, con un’offerta di contenuti magnifica, se si pensa all’astrofisica, alla biologia, ma anche alla storia, alla storia dell’arte, e centinaia di altre discipline. Perché non si fanno allora programmi scientifici? Qualcuno potrebbe dire che sono meno seguiti dei reality show e dei quiz della sera, ma l’obiezione è falsa perché il problema è sempre lo stesso. Se non si “educano”, ovvero abituano, le persone a vedere (e godere) della scienza è chiaro che decideranno di non vederla. Tra l’altro i programmi di Piero Angela e del figlio Alberto dimostrano proprio il contrario: la gente ha sete di cose interessanti e belle. L’altra obiezione è che la scienza è complessa. Anche questa falsa: la scienza è complessa ma la divulgazione scientifica serve proprio a questo, a scomporla perché sia più semplice e fruibile.
L’altro dramma che scaturisce dalla assenza di cultura scientifica è la questione dei giornali. Anche qui, l’ignoranza scientifica di molti giornalisti fa sì che i giornali abbiano le prime quindici pagine di politica, dopodiché il resto è cronaca o poco più. Manca totalmente il tema della scienza anche come notizia, perché esistono notizie scientifiche – scoperte, rapporti, etc – importantissime che andrebbero raccontate. E invece nulla di nulla. Nella sua tragedia la pandemia ha prodotto un cambiamento notevole sui nostri media, visto che finalmente sono apparsi scienziati, finalmente abbiamo ascoltato il parere di chi ha studiato una vita e per questo è titolato a dare indicazioni su cosa fare.
Purtroppo, la cosa è finita là. Oggi siamo tornati al nulla scientifico di sempre. E dire che ci sarebbe molto da scrivere, ad esempio sul tema del cambiamento climatico, sul quale i giornali potrebbero fare anche un’apertura quotidiana, tra le mille notizie di eventi purtroppo negative ma anche le tante soluzioni che esistono per fronteggiare la crisi.
E dunque abbiamo una politica che non sa di scienza, un giornalismo che la ignora, una popolazione purtroppo scarsamente formata. Residui di cultura scientifica si trovano in alcuni giornali, come il settimanale Focus e altri, letti però da sempre meno persone. Ai nostri figli regaliamo i kit da scienziato e mille libri sulla scienza, li portiamo ai musei di scienza naturale o di scienza quando siamo in giro, ma la verità è che vivono e crescono in un paese privo di cultura scientifica. E dove dunque nulla può funzionare davvero, perché anche le riforme dovrebbero sempre avere basi scientifiche, specie laddove riguardino temi come, ad esempio, l’agricoltura, la gestione dell’acqua, il suolo, l’energia. E invece sono fatte su base ideologica, qualcosa di terrificante.
I nuovi attivisti per il clima, sulla scia di Greta Thunberg, hanno come slogan “United behind the science”. Io lo trovo bellissimo, quasi un po’ commovente. Perché mostra come la scienza possa avere un valore etico enorme, possa essere un ideale da seguire, la base per ogni scelta, anche politica, degna di queste nome. Si spera che vadano avanti loro, sempre di più. Nel frattempo, mi chiedo perché per entrare in un corso di laurea per fisioterapisti e infermieri occorra studiare tantissimo tanto da arrivare a maneggiare nozioni scientifiche e di cultura generale davvero complesse (per la disperazione di molti, perché il test è veramente troppo difficile) e per fare il parlamentare invece no.
Eh, ma è una questione di democrazia! Eppure, tante figure istituzionali hanno bisogno di un curriculum d’eccellenza, basti pensare ai magistrati. Perché non i politici? Come è possibile che persone non laureate, incolte, becere possano decidere delle nostre vite? E lo stesso varrebbe per i giornalisti. Ci vorrebbero scuole che non insegnino solo la deontologia, roba da corso di un giorno, ma anche contenuti scientifici e soprattutto un approccio scientifico. che è davvero l’unico approccio che ci serve. Infatti, oltre a darci il piacere della conoscenza, come ha dimostrato Piero Angela, può anche – letteralmente – salvarci la vita.