Era stato uno dei candidati di punta del Pd di Bersani nel 2013, poi presidente del Senato nella 17esima legislatura, in seguito leader di Liberi e uguali nel 2018 e rieletto a palazzo Madama. Ma l’ex procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso non rientrerà in Parlamento. A quanto apprende ilfattoquotidiano.it da chi gli sta vicino, il giudice estensore della sentenza del maxiprocesso a Cosa nostra non è stato preso in considerazione per un posto nelle liste dem compilate dal segretario Enrico Letta e approvate dalla direzione nazionale. Grasso, eletto cinque anni fa nelle liste di Liberi e uguali, non ha mai aderito a nessuno dei partiti che formano il gruppo parlamentare (Articolo 1 e Sinistra italiana): tuttavia negli ultimi tempi si era riavvicinato al Pd – a cui è stato iscritto dal 2013 al 2017 – organizzando, su invito di Letta, l'”Agorà democratica” sull’ergastolo ostativo nel novembre del 2021. Perciò sarebbe stato un candidato ideale per la “quota” riservata ad Articolo 1 nelle liste dem. Ma lui non si è mai fatto avanti ed evidentemente nessuno dal Nazareno (nè dal partito di Bersani e Speranza) lo ha proposto. Così il Pd perde quello che era stato un aggancio importante al mondo della legalità e dell’antimafia. Ma l’ex magistrato non è l’unico escluso eccellente dalle scelte di Letta: complice il taglio dei parlamentari e la necessità di garantire collegi sicuri agli alleati, tanti big e parlamentari di lungo corso non rientreranno più alle Camere.
I più delusi sono i renziani rimasti nel Pd, riuniti nella corrente “Base riformista“. A rientrare sicuramente in Parlamento saranno soltanto Simona Bonafé, l’europarlamentare capolista per la Camera nel plurinominale di Siena, Arezzo e Grosseto, e Simona Malpezzi, capogruppo uscente al Senato, in pole position a Brescia, Bergamo e Mantova. Ma la composizione delle liste del Pd formate dal segretario Enrico Letta rischia di lasciare fuori tutti gli altri big di quell’area. A partire dal capo-corrente, l’ex capogruppo a Palazzo Madama Andrea Marcucci, parzialmente tutelato con la ricandidatura in un collegio uninominale buono per il centrosinistra (Viareggio, Pisa e Livorno) ma lasciato senza il “paracadute” nel proporzionale che gli garantirebbe l’elezione. Sfida difficile invece per Emanuele Fiano, deputato di area riformista da quattro legislature, che dovrà giocarsela nell’uninominale di Sesto San Giovanni (hinterland nord di Milano) dove il centrodestra è dato in vantaggio. Così come per Tommaso Nannicini, senatore ed ex consigliere economico di Renzi, che se la giocherà a Cologno Monzese e nei comuni a est del capoluogo lombardo. Quasi impossibile invece la rielezione del costituzionalista Stefano Ceccanti, deputato uscente piazzato in quarta posizione nel plurinominale toscano di Siena, che ha annunciato di voler rifiutare la candidatura.
Chi è stato tenuto del tutto fuori dagli elenchi invece è Luca Lotti, l’ex ministro e sottosegretario membro di spicco del Giglio magico di Matteo Renzi, rimasto nel Pd anche dopo la scissione di Italia viva. “Il segretario del mio partito ha deciso di escludermi dalle liste per le prossime elezioni politiche. Mi ha comunicato la sua scelta spiegando che ci sono nomi di calibro superiore al mio. Confesso di non avere ben capito se si riferiva a quelli che fino a pochi mesi fa sputavano veleno contro il Pd e che oggi si ritrovano quasi per magia un posto sicuro nelle nostre liste. Non lo so. Ma così è”, ha scritto in un rancoroso post su Facebook. “La scelta è politica, non si nasconda nessuno dietro a scuse vigliacche. Io sono abituato ad affrontare la realtà a testa alta, altrettanto faccia chi ha deciso. Aggiungo solo una riflessione. Dispiace, e non poco, scoprire che i dirigenti del mio partito abbiano abbandonato uno dei cardini della nostra identità: il garantismo“, attacca. Non sarà ricandidato alla Camera nemmeno Pietro Navarra, l’ex rettore dell’università di Messina inserito da Renzi nelle liste siciliane del 2018.
A salutare il Parlamento anche esponenti storici dell’ala progressista zingarettiana e della corrente dei “Giovani turchi” che fa capo all’ex presidente dem Matteo Orfini (lui, però, garantito con un posto da capolista). Non è stata ricandidata ad esempio la sindacalista Valeria Fedeli, già vicepresidente del Senato e ministra dell’Istruzione nel governo Gentiloni. “Proseguirò il mio impegno politico sul territorio, per continuare a cercare soluzioni che migliorino la vita delle persone, in particolare delle donne e dei giovani. È quello che ho sempre fatto, prima come sindacalista, poi nell’attività parlamentare e di governo”, ha scritto sui social. Tra gli “orfiniani” l’esclusa più eccellente è Giuditta Pini, l’ex enfant prodige entrata in Parlamento nel 2013 a 29 anni che più volte si è espressa in dissenso dalla linea del partito: “Il Partito democratico ha deciso che non sia più utile che io faccia la parlamentare. Questi anni di lavoro sono stati per me un onore. Ci tengo a ringraziarvi di cuore per l’ondata di affetto e di stima che mi ha travolto in questi giorni”, ha twittato. Fuori anche un altro “Giovane turco” alla Camera da due legislature, il siciliano Fausto Raciti, già segretario dei Giovani democratici e ancora prima della Sinistra giovanile. Elezione ardua, infine, per l’ex ministro agli Affari europei Enzo Amendola, ora Sottosegretario alla presidenza del Consiglio: Letta lo ha piazzato soltanto terzo nel plurinominale di Napoli per il Senato, dietro al ministro Dario Franceschini e alla senatrice Valeria Valente.
Elezioni politiche 2022
Pietro Grasso, l’ex pm antimafia e presidente del Senato escluso dalle liste del Pd. Renziani e giovani turchi, i delusi dalle scelte di Letta
VERSO IL VOTO - L'ex magistrato e senatore di Liberi e uguali, nonostante il riavvicinamento al Pd, non è stato preso in considerazione per le liste compilate dal segretario Enrico Letta, che con lui perde aggancio importante al mondo della legalità e dell'antimafia. I più delusi dalle liste formate da Letta sono i renziani della corrente "Base riformista", ma salutano le Camere anche esponenti storici dell'ala progressista zingarettiana e della corrente dei "Giovani turchi"
Era stato uno dei candidati di punta del Pd di Bersani nel 2013, poi presidente del Senato nella 17esima legislatura, in seguito leader di Liberi e uguali nel 2018 e rieletto a palazzo Madama. Ma l’ex procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso non rientrerà in Parlamento. A quanto apprende ilfattoquotidiano.it da chi gli sta vicino, il giudice estensore della sentenza del maxiprocesso a Cosa nostra non è stato preso in considerazione per un posto nelle liste dem compilate dal segretario Enrico Letta e approvate dalla direzione nazionale. Grasso, eletto cinque anni fa nelle liste di Liberi e uguali, non ha mai aderito a nessuno dei partiti che formano il gruppo parlamentare (Articolo 1 e Sinistra italiana): tuttavia negli ultimi tempi si era riavvicinato al Pd – a cui è stato iscritto dal 2013 al 2017 – organizzando, su invito di Letta, l'”Agorà democratica” sull’ergastolo ostativo nel novembre del 2021. Perciò sarebbe stato un candidato ideale per la “quota” riservata ad Articolo 1 nelle liste dem. Ma lui non si è mai fatto avanti ed evidentemente nessuno dal Nazareno (nè dal partito di Bersani e Speranza) lo ha proposto. Così il Pd perde quello che era stato un aggancio importante al mondo della legalità e dell’antimafia. Ma l’ex magistrato non è l’unico escluso eccellente dalle scelte di Letta: complice il taglio dei parlamentari e la necessità di garantire collegi sicuri agli alleati, tanti big e parlamentari di lungo corso non rientreranno più alle Camere.
I più delusi sono i renziani rimasti nel Pd, riuniti nella corrente “Base riformista“. A rientrare sicuramente in Parlamento saranno soltanto Simona Bonafé, l’europarlamentare capolista per la Camera nel plurinominale di Siena, Arezzo e Grosseto, e Simona Malpezzi, capogruppo uscente al Senato, in pole position a Brescia, Bergamo e Mantova. Ma la composizione delle liste del Pd formate dal segretario Enrico Letta rischia di lasciare fuori tutti gli altri big di quell’area. A partire dal capo-corrente, l’ex capogruppo a Palazzo Madama Andrea Marcucci, parzialmente tutelato con la ricandidatura in un collegio uninominale buono per il centrosinistra (Viareggio, Pisa e Livorno) ma lasciato senza il “paracadute” nel proporzionale che gli garantirebbe l’elezione. Sfida difficile invece per Emanuele Fiano, deputato di area riformista da quattro legislature, che dovrà giocarsela nell’uninominale di Sesto San Giovanni (hinterland nord di Milano) dove il centrodestra è dato in vantaggio. Così come per Tommaso Nannicini, senatore ed ex consigliere economico di Renzi, che se la giocherà a Cologno Monzese e nei comuni a est del capoluogo lombardo. Quasi impossibile invece la rielezione del costituzionalista Stefano Ceccanti, deputato uscente piazzato in quarta posizione nel plurinominale toscano di Siena, che ha annunciato di voler rifiutare la candidatura.
Chi è stato tenuto del tutto fuori dagli elenchi invece è Luca Lotti, l’ex ministro e sottosegretario membro di spicco del Giglio magico di Matteo Renzi, rimasto nel Pd anche dopo la scissione di Italia viva. “Il segretario del mio partito ha deciso di escludermi dalle liste per le prossime elezioni politiche. Mi ha comunicato la sua scelta spiegando che ci sono nomi di calibro superiore al mio. Confesso di non avere ben capito se si riferiva a quelli che fino a pochi mesi fa sputavano veleno contro il Pd e che oggi si ritrovano quasi per magia un posto sicuro nelle nostre liste. Non lo so. Ma così è”, ha scritto in un rancoroso post su Facebook. “La scelta è politica, non si nasconda nessuno dietro a scuse vigliacche. Io sono abituato ad affrontare la realtà a testa alta, altrettanto faccia chi ha deciso. Aggiungo solo una riflessione. Dispiace, e non poco, scoprire che i dirigenti del mio partito abbiano abbandonato uno dei cardini della nostra identità: il garantismo“, attacca. Non sarà ricandidato alla Camera nemmeno Pietro Navarra, l’ex rettore dell’università di Messina inserito da Renzi nelle liste siciliane del 2018.
A salutare il Parlamento anche esponenti storici dell’ala progressista zingarettiana e della corrente dei “Giovani turchi” che fa capo all’ex presidente dem Matteo Orfini (lui, però, garantito con un posto da capolista). Non è stata ricandidata ad esempio la sindacalista Valeria Fedeli, già vicepresidente del Senato e ministra dell’Istruzione nel governo Gentiloni. “Proseguirò il mio impegno politico sul territorio, per continuare a cercare soluzioni che migliorino la vita delle persone, in particolare delle donne e dei giovani. È quello che ho sempre fatto, prima come sindacalista, poi nell’attività parlamentare e di governo”, ha scritto sui social. Tra gli “orfiniani” l’esclusa più eccellente è Giuditta Pini, l’ex enfant prodige entrata in Parlamento nel 2013 a 29 anni che più volte si è espressa in dissenso dalla linea del partito: “Il Partito democratico ha deciso che non sia più utile che io faccia la parlamentare. Questi anni di lavoro sono stati per me un onore. Ci tengo a ringraziarvi di cuore per l’ondata di affetto e di stima che mi ha travolto in questi giorni”, ha twittato. Fuori anche un altro “Giovane turco” alla Camera da due legislature, il siciliano Fausto Raciti, già segretario dei Giovani democratici e ancora prima della Sinistra giovanile. Elezione ardua, infine, per l’ex ministro agli Affari europei Enzo Amendola, ora Sottosegretario alla presidenza del Consiglio: Letta lo ha piazzato soltanto terzo nel plurinominale di Napoli per il Senato, dietro al ministro Dario Franceschini e alla senatrice Valeria Valente.
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(Adnkronos) - Papa Francesco "è in prognosi riservata". Lo fa sapere oggi, 22 febbraio, il Vaticano, con un aggiornamento sulle condizioni del Pontefice 88enne,ricoverato dal 14 febbraio al Gemelli per una polmonite bilaterale. "Le condizioni del Santo Padre continuano a essere critiche, pertanto, come spiegato ieri, il Papa non è fuori pericolo". "Questa mattina Papa Francesco ha presentato una crisi respiratoria asmatiforme di entità prolungata nel tempo, che ha richiesto anche l'applicazione di ossigeno ad alti flussi".
"Gli esami del sangue odierni hanno, inoltre, evidenziato una piastrinopenia associata a un'anemia, che ha richiesto la somministrazione di emotrasfusioni. Il Santo Padre continua a essere vigile e ha trascorso la giornata in poltrona anche se più sofferente rispetto a ieri", aggiunge il Vaticano.
Nel bollettino, diramato dal Vaticano, vengono evidenziate delle criticità della salute di Bergoglio che ancora non erano mai apparse in quelli precedenti.
Il bollettino medico di questa sera di Papa Francesco, dice all'Adnkronos Salute, del virologo Fabrizio Pregliasco, "mette in luce un percorso non piacevole che evidenzia le difficoltà di reazione del paziente alla terapia. E ci preoccupa un po', soprattutto perché non c'è solo la polmonite, da quello che ci viene riferito, ma anche questi problemi di bronchite asmatica di cui già soffriva e che in questo momento non aiutano a migliorare le condizioni del polmone".
"È chiaro che in una persona dell'età del Pontefice, con le sue problematiche di salute di base, gli elementi riferiti oggi - la lunga crisi respiratoria di questa mattina e la piastrinopenia, associata ad un'anemia - non evidenziano un percorso di stabilizzazione e guarigione. Per questo motivo i medici hanno parlato di prognosi riservata. Ci auguriamo che Pontefice superi presto questo delicato momento" conclude Pregliasco.
(Adnkronos) - Papa Francesco "è in prognosi riservata". Lo fa sapere oggi, 22 febbraio, il Vaticano, con un aggiornamento sulle condizioni del Pontefice 88enne,ricoverato dal 14 febbraio al Gemelli per una polmonite bilaterale. "Le condizioni del Santo Padre continuano a essere critiche, pertanto, come spiegato ieri, il Papa non è fuori pericolo". "Questa mattina Papa Francesco ha presentato una crisi respiratoria asmatiforme di entità prolungata nel tempo, che ha richiesto anche l'applicazione di ossigeno ad alti flussi".
"Gli esami del sangue odierni hanno, inoltre, evidenziato una piastrinopenia associata a un'anemia, che ha richiesto la somministrazione di emotrasfusioni. Il Santo Padre continua a essere vigile e ha trascorso la giornata in poltrona anche se più sofferente rispetto a ieri", aggiunge il Vaticano.
Nel bollettino, diramato dal Vaticano, vengono evidenziate delle criticità della salute di Bergoglio che ancora non erano mai apparse in quelli precedenti.
Il bollettino medico di questa sera di Papa Francesco, dice all'Adnkronos Salute, del virologo Fabrizio Pregliasco, "mette in luce un percorso non piacevole che evidenzia le difficoltà di reazione del paziente alla terapia. E ci preoccupa un po', soprattutto perché non c'è solo la polmonite, da quello che ci viene riferito, ma anche questi problemi di bronchite asmatica di cui già soffriva e che in questo momento non aiutano a migliorare le condizioni del polmone".
"È chiaro che in una persona dell'età del Pontefice, con le sue problematiche di salute di base, gli elementi riferiti oggi - la lunga crisi respiratoria di questa mattina e la piastrinopenia, associata ad un'anemia - non evidenziano un percorso di stabilizzazione e guarigione. Per questo motivo i medici hanno parlato di prognosi riservata. Ci auguriamo che Pontefice superi presto questo delicato momento" conclude Pregliasco.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Meloni viene da una storia politica, a differenza di quella liberale e radicale, che non ha considerato nei decenni gli Usa e l’atlantismo come imprescindibili per l’Italia e l’Europa". Lo scrive Benedetto Della Vedova sui social.
"Oggi la troviamo nel suo intervento alla Cpac, come zelante difensore dell’indifendibile, cioè di Trump. Trump ha sempre sostenuto anche nel suo primo mandato, falsando la realtà, che l’Unione europea fosse stata creata per approfittare degli Usa. Con lui bisognerà fare i conti, naturalmente, ma Trump non è stato e non sarà amico della Ue e men che meno dell’Ucraina che è pronto a sacrificare per l’amicizia con Putin: Meloni se ne faccia una ragione, non può essere contemporaneamente amica di Trump e della Ue, deve scegliere".
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Un trionfo di vittimismo su scala planetaria. A servizio dei potenti, altro che popolo! Meloni con il suo intervento alla Cpac in corso a Washington ha fatto una scelta di campo, contro l’Europa. Forse persegue il suo interesse politico, ma non è l’interesse nazionale". Lo scrive sui social Peppe Provenzano, responsabile Esteri del Pd.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Sorprende che nessuno di La 7 prenda le distanze dall’orribile auspicio che Salvini venga colpito da un ictus. L’alibi della trasmissione satirica non assolve autori, ospiti, dirigenti ed editori. Purtroppo, troppe trasmissioni di La 7 e di Rai 3 istigano all’odio e avvelenano il clima del Paese. Editori, dirigenti, odiatori chiederanno scusa pubblicamente?”. Lo dichiarano i Capigruppo di Forza Italia alla Camera e al Senato, Paolo Barelli e Maurizio Gasparri.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Neanche un accenno al saluto nazista di Bannon. Nessuna presa di distanze. Evidentemente non può farlo. Meglio la retorica melensa e consueta dell’approccio Maga. Sposa su tutta la linea ideologica la retorica di JD Vance a Monaco, e chiude la porta ad una reale soggettività europea. Un discorso furbesco e ambiguo, di chi ha scelto di galleggiare e che posiziona il governo italiano sulla linea Orban con buona pace di tutte le chiacchiere a vuoto sull’ambasciatrice dei due mondi". Lo scrive sui social il senatore Enrico Borghi, capogruppo al Senato di Italia Viva, a proposito dell'intervento di Giorgia Meloni alla Cpac di Washington.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - “Tante bugie, in linea con la propaganda di Meloni. Il suo è il governo delle insicurezze. Sicurezza energetica? Falso. Ha fatto aumentare le bollette, rendendo le famiglie italiane meno sicure e più povere. Sicurezza alimentare? Falso". Così in una nota Angelo Bonelli, deputato di AVS e co-portavoce di Europa Verde.
"Con il suo negazionismo climatico favorisce la crisi dell’agricoltura e il dominio delle grandi multinazionali. Libertà di parola? Falso. Difende il vice di Trump, Vance, che vuole la libertà di diffondere bugie attraverso i social, strumenti nelle mani dei potenti miliardari americani. Difende la democrazia? Falso. È lei che vuole demolire gli organi costituzionali per diventare una e trina: Dio, Patria e Legge. I conservatori del mondo vogliono costruire il nuovo totalitarismo mondiale grazie al potere economico, tecnologico e militare di cui dispongono per trasformare la democrazia in un sottoprodotto commerciale della loro attività”.